The Stanley Parable - review
Come ridere di se stessi davanti ad un videogioco.
Stanley è una persona comune, con un banale lavoro d'ufficio che lo vede seduto ad un tavolo tutti i giorni, davanti ad uno schermo che gli dice quali tasti premere, per quanto tempo e in quale ordine.
Si potrebbe pensare che Stanley trovi la sua vita noiosa e priva di qualsiasi stimolo, eppure è felice, convinto di essere perfetto per quel lavoro e di non poter desiderare di meglio.
Un giorno però le suo convinzioni vacillano quando si accorge che sul monitor non compare più alcuna istruzione e tutti i suoi colleghi sono spariti, lasciando l'edificio completamente deserto.
Stanley comincerà un viaggio che lo porterà ad una maggiore consapevolezza di se e che lo libererà dalla schiavitù di un lavoro monotono e mortificante.
Una premessa che sembra tremendamente seria ma che in realtà è l'incipit di uno dei titoli più divertenti, ironici e pungenti degli ultimi anni.
"Il gioco è consapevole di se stesso"
Nato nel 2011 come mod per Half Life 2, ha ricevuto numerosi consensi per la genialità della sua messa in scena, convincendo l'autore a pensarne una nuova versione, riveduta, corretta e ampliata fino a farla diventare un prodotto commerciale.
Ma non aspettatevi un gameplay profondo e articolato, in The Stanley Parable si passa la maggior parte del tempo a camminare per i corridoi dell'ufficio, con bivi più o meno espliciti in cui scegliere la strada da percorrere e, di quando in quando, si premono dei pulsanti, accompagnati dalla voce impostata e dal marcato accento britannico del Narratore.
Eppure uno schema simile, sulla carta estremamente noioso, è sfruttato con intelligenza e creatività dai game designer. Ad ogni passo, ad ogni scelta, il Narratore ironizza sui videogiochi e su se stesso, si prende gioco dell'utente e delle sue scelte, mostrando un mondo virtuale che va letteralmente a pezzi non appena si prova a mettere un piede fuori da quello che, nella logica interna, sarebbe il percorso prestabilito, aprendo un dedalo di strade, bivi e variazioni che servono solo a dare l'illusione del libero arbitrio e al Narratore un'occasione in più per deriderci. E ricominciare da capo. Ancora e ancora.
"Il Narratore si prende gioco dell'utente e delle sue scelte"
E quando si pensa di essere riusciti a trovare un glitch, una strada non espressamente prevista, ancora una volta la voce fuori campo ci farà notare, indispettita, la nostra ostinata tendenza a non voler seguire le indicazioni.
L'umorismo molto inglese di The Stanley Parable abbatte brutalmente la quarta parete che separa la finzione narrativa dalla realtà, il gioco è consapevole di se stesso, di essere il prodotto di linee di codice e che qualcuno all'esterno lo sta giocando, creando ulteriori possibilità comiche che si riflettono anche sugli achievement, come quello che premia chi non avvia il gioco per almeno cinque anni (facilmente aggirabile con un semplice cambio della data di sistema) o per aver provato a saltare nonostante il salto sia disattivato. Persino l'utilizzo dei cheat non sfugge a questa logica.
Fin'ora sono stati scoperti 15 diversi finali, per esplorarli tutti possono essere necessarie tre o quattro ore, anche di più se si vuole raggiungerli senza l'aiuto di una guida e se si vogliono trovare le varie chicche sparse per le stanze.
Il modo migliore per capire se la particolarità di questo titolo fa per voi è scaricare la demo, un'esperienza a se stante che non ripropone una porzione del gioco completo ma è carica dello stesso umorismo ed è perfetta per rendersi conto se la fatica dei Galactic Cafe è in grado coinvolgerci nella sua follia.
The Stanley Parable è, nella sostanza, una sorta di sketch comico interattivo, brillante e geniale, non ha un vero e proprio gameplay e in molti lo farebbero rientrare nella categoria dei non-giochi, ma in qualunque modo lo si voglia chiamare resta comunque un titolo che ogni appassionato di videogiochi dovrebbe provare, per riscoprire un po' di sana autoironia quando, come Stanley, ci ritroviamo davanti ad uno schermo a premere pulsanti così come ci viene detto di fare.