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Valve e il futuro dei videogiochi - articolo

Così la Terminator Vision cambierà il modo di giocare.

I nodi, alla fine, vengono sempre al pettine. Basta avere un minimo di pazienza, non bere a occhi chiusi la tonnellata di rumor che quotidianamente la rete rigetta e, cosa più importante, essere iscritti ad un social network. "Sto lavorando in Valve ad una nuova piattaforma di gioco next-gen."

L'account Twitter di Jeri Ellsworth non poteva essere più illuminante, ufficializzando un annuncio ormai quasi certo, solleticato soltanto qualche settimana fa da un altro tweet ancora più scherzoso: "Lavorare ad un nuovo hardware è estremamente divertente. Non riesco a non sorridere".

Diavolo di una Ellsworth. Quello che la stessa Wikipedia definisce come un "imprenditrice americana nonché progettista autodidatta di chip", è entrata a far parte dello squadrone Valve lo scorso novembre, rimpolpando il dream team del reparto Ricerca e Sviluppo con l'obiettivo di ridefinire una volta per tutte la nostra attuale concezione di videogioco.

Quando parliamo di 'Terminator Vision', non aspettatevi qualosa uguale a questa immagine. Ma forse, neanche troppo diversa.

Il primo chiaro segno delle mire espansionistiche di Valve, alla ricerca di ingegneri e progettisti che, come lo stesso sito recita, dovranno cimentarsi con "progettazione di nuovo hardware, prototipazione, test e produzione su una vasta scala di piattaforme". Tranquilli, mouse o pad di nuova generazione non sono nemmeno l'ultimo degli interessi di Newell e soci: "serve qualcuno che ci aiuti a dar vita ad esperienze di gioco mai viste, assolutamente innovative".

Siamo dunque di fronte a quella leggendaria Steambox di cui molto s'è chiacchierato negli ultimi mesi? Beh, meglio andar cauti con l'ottimismo. La risposta ai nostri amletici dubbi arriva ancora una volta dalla rete, che nasconde un post confidenziale di un illustre ex di id Software, Micheal Abrash, sul suo inatteso ingresso in Valve. E, udite udite, su come l'assenza di una struttura gerarchica vincolante gli abbia permesso di dedicarsi quasi esclusivamente ai nuovi "apparecchi", dedicandosi anima e corpo alle aree di ricerca che più lo incuriosivano.

" Valve sta lavorando ad una piattaforma next-generation ma non pensate a un PC super pompato"

Ebbene, ad una manciata di settimane di distanza, questo fantomatico progetto è stato rivelato: e sì, Valve sta lavorando ad una nuova piattaforma di gioco next-generation. Non pensiate però ad un PC super pompato con incredibili funzioni di rete (qualcuno ha detto Steambox?) o a una console sul modello attuale caratterizzata da una potenza di calcolo fantascientifica: Abrash e soci stanno lavorando a qualcosa di completamente diverso, qualcosa di… indossabile! E non solo: aggiungete delle immagini computerizzate e oggetti tridimensionali che si sovrappongono con naturalezza ala realtà ed ecco a voi la "Terminator Vision".

"La transizione dai PC desktop ai portatili, sino ai più recenti tablet, evidenzia come la portabilità sia un'esigenza inderogabile e irrinunciabile da parte di molti utenti. Oggi possiamo usare un computer quasi ovunque, dedicando ad esso buona parte del nostro tempo indipendentemente da dove ci troviamo. Il prossimo passo, dunque, sarà utilizzare un apparecchio di calcolo dovunque, e per ogni singolo istante della nostra giornata".

Sony ci dà una sua interpretazione di computer indossabile: chissà come saranno realmente i primi campioni messi in vendita.

Follia? Fantascienza? Forse, ma non per Abrash, convinto del fatto che in meno di una ventina d'anni questa visione futuristica sarà ben standardizzata, con tanto di immagini digitali 3D elaborate da specifici occhiali/lenti o, giusto per rincarare la dose, da elaborate interfacce neurali uomo-macchina. Prima di raggiungere tutto questo ne passerà d'acqua sotto i ponti, ma già da ora Abrash si dimostra più che ottimista: gestione di input, output, fattori di forma nel design dei processori e quant'altro necessario per il progetto procedono piuttosto bene, al punto da rendere questo concept fattibile in un lasso di tempo che varia dai 3 ai 5 anni.

Gran parte di tutto ciò è possibile grazie all'ascesa esponenziale delle capacità della tecnologia mobile, spinta dall'oceanico successo che hanno ottenuto gli smartphone come piattaforma di gioco mainstream. Molti addetti del settore hanno predetto che già entro la fine del prossimo anno la tecnologia grafica mobile riuscirà a sorpassare le capacità dell'attuale generazione di console in alta definizione: la stessa Imagination Technologies (IMG), creatrice di PowerVR, ha dichiarato come da qui a 5 anni l'effettiva potenza di calcolo delle GPU sarà oltre 100 volte maggiore di quella attuale. Fare del buon rendering, a questo punto, dovrebbe essere una passeggiata di salute, e partire da uno scenario pre-esistente come quello attuale, piuttosto che portarne alla luce uno completamente nuovo, porta con sé notevoli vantaggi.

"John Carmack ha predetto un prematuro epilogo per le console così come ora le conosciamo"

La sola idea di una potenza di computazione grafica così sconfinata ha indotto più di qualcuno - primo fra tutti un ex-collega illustre di Abrash, John Carmack - a predire un prematuro epilogo per la stirpe delle console così come ora le conosciamo, destinate a lasciar spazio a smartphone (o qualsiasi sia il loro successore) capaci di interfacciarsi con ogni tipologia di display opportunamente disponibile sul mercato. E la "Terminator Vision" di Abrash, per certi versi, è l'evoluzione naturale di tutto questo.

I risultati dei concept attuali, per quanto possiamo supporre, non devono essere concettualmente troppo distanti da quanto raggiunto da sistemi portatili come PlayStation Vita o Nintendo 3DS, sebbene su una scala drammaticamente maggiore. Ambo i dispositivi hanno usato - e continuano imperterriti a farlo - la realtà aumentata in molti dei rispettivi titoli, ricorrendo alla fotocamera integrata per creare un campo di gioco a cui sovrapporre oggetti tridimensionali, magari identificando elementi reali (o parti di essi) con i quali interagire in minima parte. Peccato che i risultati, nella maggior parte dei casi, godano della proprietà dell'inguardabilità.

Nintendo 3DS e PlayStation Vita ci propongono la loro interpretazione di realtà aumentata. Valve però sembra intenzionata a spingersi oltre.

La tecnologia di "wearable computing" (letteralmente, "computazione indossabile") creata da Valve vuole offrire molto più di questo, ma è destinata a scontrarsi contro una serie di sfide tecnologiche non indifferenti legate al tentativo di mescolare omogeneamente oggetti virtuali renderizzati ad altri reali. Vita e 3DS possono godere dei "vantaggi" della realtà aumentata poiché effettuano un rendering finale su uno schermo piatto (e quindi bidimensionale), verso il quale si focalizzano entrambi gli occhi del giocatore.

Utilizzando lenti od opportuni occhiali, disegnare qualcosa al di sopra della realtà è nettamente più complicato: tanto per fare un esempio, se l'obiettivo è quello di ricreare realisticamente un oggetto all'interno di uno spazio tridimensionale, il rendering in 3D stereoscopico diviene fondamentale. Per non parlare dei problemi legati all'ottica e alla determinazione del fuoco degli occhi dell'utente.

Premesso questo, il sistema avrebbe poi bisogno di percepire adeguatamente la profondità dell'ambiente intorno al giocatore, e a tal riguardo potrebbe tornare comoda una soluzione affine allo z-sensor di Kinect (detta molto facile, un sensore in grado di determinare la distanza dalla camera di un oggetto all'interno del campo di acquisizione).

"Proiettando oggetti 3D digitali in un universo reale, l'apparecchio dovrebbe capire la collocazione degli oggetti circostanti"

Proiettando oggetti 3D digitali in un universo reale, l'apparecchio dovrebbe capire in perfetta autonomia la collocazione dei vari oggetti circostanti, in modo da garantire interazioni tra quanto renderizzato e quanto effettivamente presente per creare situazioni più convincenti. Ad esempio, pensiamo ad un FPS in realtà aumentata: più che lecito aspettarsi che i nostri avversari possano chinarsi dietro "coperture" reali, saltare su oggetti concreti e cose del genere.

Giunti a questo punto, è più che legittimo farsi una domanda: quale potrebbe mai essere l'effettivo potenziale di una tale tecnologia all'interno del medium videoludico? La risposta questa volta non viene da Valve ma da Sony stessa, che ha dato recente prova delle capacità del proprio sistema di realtà aumentata con una serie di interessanti demo e il prototipo di un nuovo titolo.

Un esempio di come potrebbe essere la realtà aumentata grazie ai Google Glasses. Ma come interagire realmente con essa?

Come ben potrete immaginare, la portatile Sony non è equipaggiata con un sensore di profondità, e proprio per questo motivo quanto catturato dalla camera è sottoposto a una scansione per "punti di interesse" che mappa l'immagine in uno spazio tridimensionale, ricorrendo all'ausilio del giroscopio di cui la console è dotata. Più sono i punti di interesse rilevati, tanto maggiore è l'accuratezza con cui viene ricreato il mondo 3D e, dunque, più facile risulta sovraimprimervi immagini digitali. La natura "bidimensionale" dello schermo di Vita, tuttavia, permette a Sony di evitare elegantemente uno dei problemi principali su cui dovrà invece arrovellarsi il team di sviluppo di Valve: il controllo del gioco da parte dell'utente. È lo stesso Abrash a porci le domande: "Come possiamo realizzare un'interfaccia wearable comoda per l'utente? E come si può interagire con una tale tipologia di input?"

L'effettiva interazione con la scena aumentata è uno degli aspetti meno convincenti del recente progetto demo di Google, Project Glasses, che proietta le funzioni di un generico smartphone in un HUD (Heads-Up Display) su una struttura ad occhiale. Vago ondeggiamento delle mani a parte, non sono state fornite molte soluzioni efficaci sulla modalità di utilizzo e di accesso alle funzioni dell'HUD da parte dell'utente. Certo, questo nuovo hardware avrà inevitabilmente bisogno di qualcosa che funga da interfaccia per le mani all'interno dell'universo aumentato, ma pensare ad un joypad appare quanto mai anacronistico.

"Per Isaac Asimov la miglior interfaccia uomo-macchina è quello in cui puoi inserire direttamente le tue mani"

"[Isaac Asimov] afferma che la miglior interfaccia uomo-macchina non è una sonda da infilare direttamente nella tua testa, quanto piuttosto le parti del dispositivo in cui puoi inserire direttamente le tue mani. C'è così tanta banda che scorre tra le dita!", ha raccontato il dottor Richard Marks, creatore di PlayStation Move. "Abbiamo così tanta dimestichezza con dita e polsi, mai un input sarà più dinamico di questo".

Nell'ambito videoludico aspettiamoci dunque un qualche controller - o un "wearable input", come Micheal Abrash preferisce chiamarlo - capace di rivoluzionare da solo l'intero panorama del gaming. Rendering stereoscopico e immagini in full 3D che appaiono di fronte ai nostri occhi richiedono necessariamente un mezzo attraverso cui il giocatore possa interagire con esse.

Ecco com'è il Sony HMZ-T1: indubbiamente 'indossabile', indiscutibilmente poco comodo da portarsi in giro.

Guanti capaci di tener traccia del movimento delle dita potrebbero rappresentare la soluzione ideale con cui avere accesso a quella "banda" descritta da Marks e con cui garantire estrema precisione in termini di interazione. E non mancherebbero ulteriori vantaggi! Ad esempio, gli oggetti che teniamo in mano potrebbero essere ulteriormente rielaborati e digitalizzati in elementi 3D completamente differenti: ed ecco che, come per magia, una penna può diventare una spada laser di Guerre Stellari.

Come sarà dunque il futuro del gaming secondo Valve? Sarà davvero totalmente incentrato sulla realtà aumentata? Beh, potrebbe darsi. Nessuno però vieta di fermarsi a un livello di "fantascienza" inferiore, accontentandosi di separare dalla realtà questo fantomatico "livello" digitale ricreando un effetto in tutto e per tutto simile a quello raggiunto dal Sony HMZ-T1.

Gli elementi nella vita reale, come ad esempio le mani dell'utente, possono essere sempre ricreati in 3D, certo, purché il loro movimento sia tracciato adeguatamente. Il vantaggio di fornire questo punto di vista "isolato" è che la visuale stereoscopica, seppur preferibile, non è requisito fondamentale come nel caso della realtà aumentata, e il livello di immersione rimane tuttavia nell'ordine dello straordinario. Riuscire a giocare ovunque con standard IMAX sarebbe già un ottimo traguardo. Senza contare che, nel momento in cui state leggendo, è difficile anche solo immaginare una serie di titoli AAA capaci di sfruttare a proprio vantaggio un ambiente aumentato.

Va comunque detto che le applicazioni possibili per un tale dispositivo andrebbero ben oltre i confini del gioco, come lo stesso Project Glass di Google ha saputo dimostrare egregiamente. Integrare una piattaforma come questa in un apparecchio smartphone rappresenterebbe una soluzione a dir poco ingegnosa, basti pensare all'ipotetica evoluzione di funzionalità quali comunicazione, navigazione o riconoscimento vocale.

"L'idea che Apple abbia reclutato Valve per la realizzazione di una nuova console appare infondata"

Pur rimanendo una semplice ipotesi, quanto appena detto per certi versi sembra avvalorare uno dei rumor più insistenti degli ultimi giorni, secondo i quali il CEO in persona di Apple, Tim Cook, si sarebbe recato al quartier generale di Valve per motivi ancora sconosciuti.

Tenendo per buona anche solo un istante l'ipotesi di un effettivo incontro (a tal riguardo, ricordiamo che non c'è foto, testimonianza o quant'altro che lo confermi), l'idea che Apple abbia "reclutato" Valve per la realizzazione di una nuova console di gioco, come in molti hanno sostenuto con insistenza, appare alquanto infondata: Valve è notoriamente refrattaria alle piattaforme chiuse, e allo stesso modo Apple non ha certo bisogno di un aiuto esterno per implementare l'intera piattaforma iOS in una prospettiva HDTV.

Molto più ragionevole, invece, è pensare ad un ruolo da protagonista di Steam nell'universo Mac, che più di altri necessita di un'accelerazione significativa sul fronte gaming. Certo è che anche solo il concept di un computer indossabile semi-avveniristico e strettamente correlato al business degli smartphone, è così dannatamente intrigante da giustificare ogni eventuale attenzione esterna. Anche quella del presidente della compagnia tecnologica più ricca del pianeta.

Traduzione a cura di Alberto Destro.

Avatar di Richard Leadbetter
Richard Leadbetter: Rich has been a games journalist since the days of 16-bit and specialises in technical analysis. He's commonly known around Eurogamer as the Blacksmith of the Future.

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