Violett - review
Alice nel paese della frustrazione.
Da appassionato di avventure punta e clicca quale sono sin dai gloriosi giorni della LucasArts e del mitico motore SCUMM, nella mia storia di giocatore ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare. Ho attraversato burroni appeso a un pollo di gomma con carrucola, usato scimmie come chiavi inglesi, indossato una boccia da pesce rosso a mo' di casco spaziale e incontrato hare krishna negli aeroporti di mezzo mondo.
Mai, però, avevo provato la sensazione così netta di essere "imbrogliato" da un gioco che, più che semplicemente fantastico e fantasioso, mi stesse apertamente mettendo di fronte ad enigmi dalla soluzione talmente illogica e casuale da risultare incomprensibile. Dove nemmeno il primo Discworld era riuscito a spingersi, oggi arriva Violett, conversione per PC di un titolo già disponibile sulle piattaforme mobile e che fa il verso ad altre avventure recenti come ad esempio Machinarium.
La premessa del gioco è semplice e collaudata: noi siamo Violett, una teenager emo-dark che si trasferisce con la propria famiglia in un'isolata casa di campagna, all'interno della quale scoprirà un mondo magico e misterioso che la intrappolerà (praticamente, Coraline senza la licenza del film). L'introduzione che vi ho appena descritto viene liquidata dal gioco in pochi secondi di sequenza disegnata, dopo la quale ci troveremo subito ad interagire col primo "quadro" della nostra avventura.
La cosa che si nota immediatamente è che l'aspetto grafico di Violett è molto gradevole: il design è fantasioso e dotato di un certo carattere, i colori sono accesi e i livelli sono ingombrati di elementi e personaggi dall'aspetto curioso. La qualità non resta costante nel corso dell'avventura (ci sono aree decisamente meno belle e curate di altre), ma nel complesso non ci si può davvero lamentare del lavoro svolto dagli artisti. Quello che non si nota subito ma che comincia presto a serpeggiare sotto forma di dubbio, è che il gameplay di Violett, purtroppo, non è altrettanto curato e ben fatto.
"Violett è caratterizzato da una difficoltà scoraggiante e sembra quasi provare gusto nel disorientarci"
Come da programma potremo spostarci e interagire con gli elementi di sfondo semplicemente cliccando un po' ovunque nell'area di gioco, ma potremo anche effettuare azioni leggermente più complesse come ad esempio "afferrare" qualcosa e poi spostare il puntatore per realizzare una specie di "drag & drop" e interagire con gli ambienti in modo più fisico. La prima schermata di gioco, ad esempio, ci vede ingabbiati e penzolanti nell'antro di una pseudo-strega: per liberarci dovremo proprio far ondeggiare la nostra gabbia (un omaggio ad Another World, immagino) attraverso questa dinamica di controllo.
Basta questo primo impatto per capire che i controlli "touch" non sono stati tradotti alla perfezione per l'utilizzo con il mouse: il puntatore, ad esempio, è molto grande e non consente di interagire con facilità con gli elementi più minuti. Capita spesso di cliccare una cosa per un'altra, mentre non sempre si ha la sensazione di riuscire a realizzare con precisione i "trascinamenti" che avevamo pianificato.
Questa, però, è solo un'inezia a confronto del vero e fondamentale difetto di Violett, che risiede tutto in un design degli enigmi, e della progressione in senso più ampio, totalmente sballato. Il gioco è infatti di una difficoltà scoraggiante e sembra provare gusto nel disorientarci: basti pensare che avremo a malapena il tempo di carburare con i primi due livelli prima di trovarci catapultati in un intricato hub multi-area in cui il nostro progresso verrà spezzettato in più location differenti, con enigmi che richiederanno viaggi multipli tra zone diverse, il tutto senza la minima spiegazione. Non esattamente una curva d'apprendimento morbida.
"Gli oggetti d'inventario non sono accompagnati da alcuna descrizione testuale: non sempre sarà facile capire cosa siano e a cosa servano"
Purtroppo anche i puzzle in sé sono spesso totalmente astrusi, mancando di logica e alle volte persino di coerenza di design. Sempre nelle prime fasi di gioco, dovremo consegnare un anello ad una sorta di sosia del Brucaliffo (è evidente che i designer abbiano preso ispirazione un po' ovunque per realizzare questo gioco). Ebbene, tale anello si trova nascosto in un'altra area del gioco, dietro un pannello appena visibile, che non viene segnalato con alcun indizio. Il rischio, ovviamente, è quello di non notarlo affatto e di restare dunque intrappolati in un enigma irrisolvibile. E questo nel corso della prima mezz'ora di gioco.
In un altro caso, dovremo utilizzare il manico di uno spazzolino da denti per fare leva su di un rubinetto gocciolante ed aprire il flusso d'acqua. Ebbene, quand'anche faceste questa associazione mentale e scopriste la soluzione dell'enigma, sappiate che questa azione non produrrà alcun effetto la prima volta che la compirete. In un'avventura normale, ciò significherebbe che l'azione è sbagliata e che dunque dobbiamo trovare un altro modo per proseguire. Ma non in Violett: qui, semplicemente, il rubinetto deve essere girato due volte prima che l'acqua cominci a sgorgare! Non ho mai frequentato corsi di game design ma credo di poter dire con una certa sicurezza che questo non è un esempio di design ottimale.
Anche il mondo di gioco in sé sembra avere poca coerenza: Violett usa ad esempio una sorta di potere telecinetico per interagire a distanza con le cose che la circondano ma in alcuni casi, totalmente arbitrari, questo potere non funzionerà, costringendoci a raggiungere fisicamente gli oggetti che vogliamo azionare e dunque a superare prima gli eventuali ostacoli che i creatori del gioco hanno deciso di disseminare sulla nostra strada.
"Purtroppo non bastano un aspetto grafico gradevole e un mondo surreale ed evocativo per rendere divertente Violett"
Il gioco è molto ermetico anche per quanto riguarda la spiegazione degli obiettivi: i personaggi sono rigorosamente muti e comunicano con noi solo tramite icone (accompagnate dal solito "simlish"), con il risultato che spesso non solo non si capisce come portare a termine un obiettivo, ma non è ben chiaro neppure l'obiettivo in sé. Gli oggetti d'inventario, poi, non sono accompagnati da alcuna descrizione testuale: non sempre sarà facile capire dal disegno che cosa siano, figuriamoci a cosa servano.
Per tagliare corto, Violett è forse il primo gioco a memoria di giornalista che mi abbia costretto ad approfittare abbondantemente di walkthrough e video guide su YouTube per proseguire e portare a termine la recensione, arrancando a fatica in un'esperienza frustrante e nemmeno lunghissima (a patto che non restiate incastrati da qualche parte all'infinito).
Purtroppo non bastano un aspetto grafico gradevole e un mondo sicuramente surreale ed evocativo (anche se ampiamente scopiazzato) per rendere divertente Violett. Se siete di quelli che pensano che i giochi mobile siano molto fumo e poco arrosto, con una bella grafica ma un gameplay ancora acerbo e molto al di sotto degli standard console, Violett potrebbe essere il vostro nuovo esempio invincibile nelle discussioni con gli amici.