Void Bastards - recensione
La rivoluzione degli FPS passa per un indie che si ispira a BioShock e System Shock 2?
Che gli indie siano considerati da molti giocatori e addetti ai lavori l'ultimo e solitario baluardo di creatività per i videogiochi è cosa risaputa ma al di là della veridicità di questa visione, spesso sono gli stessi sviluppatori a decidere di non esagerare con i proclami e le sparate. Altre volte invece l'annuncio stesso di un progetto si basa su una parola che in questa industria sembra praticamente sempre davvero poco credibile: rivoluzionare.
Siamo sinceri, quanti giochi rivoluzionari avete davvero visto negli ultimi anni? Rivoluzione è un termine di un certo peso e in quanto tale una potenziale arma a doppio taglio. Blue Manchu, team indie formato da ex Irrational Games e capitanato da uno dei tre co-fondatori di quello storico studio, Jonathan Chey, ha messo immediatamente le cose in chiaro. Void Bastards vuole proporsi come un FPS rivoluzionario e per farlo segue principalmente due strade: ispirarsi a qualche mostro sacro e ibridare anime e meccaniche differenti.
Per quanto riguarda i mostri sacri i nomi citati esplicitamente sono quelli di BioShock e System Shock 2 (noi ci aggiungiamo un pizzico dell'ultimo Prey) mentre gli ingredienti da miscelare e ibridare appartengono soprattutto a tre grandi categorie: FPS ovviamente, roguelite e gestionale/strategia. Nel caso in cui vi piacessero le etichette la prossima frase è pane per i vostri denti: quello disponibile su PC e Xbox One (incluso nell'abbonamento Xbox Game Pass) è un roguelite shooter strategico sci-fi dallo stile fumettoso che in parte ricorda Borderlands e che per certi versi riesce ad essere una rivoluzione. Almeno un pochino.
La Nebulosa del Sargasso è il Triangolo delle Bermuda dello spazio. Un cimitero di navicelle alla deriva che solo i pirati spaziali e le creature più spaventose e letali hanno il coraggio di chiamare casa. Quale miglior luogo per un guasto della Void Ark che trasporta migliaia di "clienti" disidratati dentro a delle curiose bustine? Più che di clienti, in realtà, si tratta di criminali condannati per i reati più "comuni".
Almeno una volta nella vita tutti hanno causato dello stress olfattivo a un pezzo grosso di una multinazionale, no? Questi "expendables" sono l'unica risorsa e speranza del computer di bordo della Void Ark oltre che nostri alter ego per le circa 15 ore necessarie per portare a termine una run del gioco. Obiettivo? Cercare di sopravvivere il più a lungo possibile e fuggire dalla Nebulosa del Sargasso. Decisamente più facile a dirsi che a farsi.
Al di là del tono generale molto scanzonato e che si prende poco sul serio e del buonissimo doppiaggio in lingua inglese del computer di bordo, possiamo affermare senza timore di smentite che almeno dal punto di vista narrativo la rivoluzione non c'è stata. Chi spera in un contorno narrativo convincente purtroppo dovrà ben presto ricredersi perché il setting tutto sommato interessante non viene sfruttato a dovere. Da questo punto di vista l'anima da roguelite non aiuta considerando che il genere non è intrinsecamente molto adatto ad accogliere grandi narrazioni. Non sarebbe comunque stato male avere qualche elemento di lore in più ma evidentemente non è questo il focus degli sviluppatori.
Oltre allo stile grafico notevole che sembra a tutti gli effetti un fumetto che prende vita grazie all'estremamente versatile Unity, Void Bastards è praticamente "solo" gameplay. Una decisione che sicuramente farà la gioia di molti e che per larghi tratti è riuscita a convincerci e a farci dimenticare delle pecche che a lungo andare purtroppo hanno iniziato a farsi sentire, minando almeno in parte la rivoluzione di Blue Manchu.
In maniera estremamente semplicistica il gameplay di Void Bastards può essere definito come un insieme di fasi diverse accomunate dalla costante necessità di pianificare attentamente le proprie mosse, il tutto cercando di ottimizzare le risorse a disposizione e di calcolare al meglio il rapporto rischio/ricompensa di certe azioni. Morire per un errore di valutazione, per un equipaggiamento inadeguato ma soprattutto per l'incapacità di adattarsi a uno scenario imprevisto è un punto centrale dell'esperienza di gioco.
In caso di dipartita scatta uno degli elementi roguelite della produzione: ci verrà affidato un nuovo criminale che dovrà riavvicinarsi all'obiettivo ma che per lo meno mantiene tutti gli oggetti creati fino a quel momento. Ad aggiungere un pizzico di casualità in più ci si mettono anche delle particolarità "genetiche", innate o acquisite giocando, positive o negative dei personaggi utilizzabili. Il buon Stevens, per esempio, è un fumatore incallito e di tanto in tanto gli scappa un colpo di tosse che rischia di allertare i nemici nelle vicinanze.
Entrando nel dettaglio delle meccaniche di gioco, tutto parte dallo S.T.E.V, una sorta di scialuppa che si stacca dalla Void Ark per muoversi all'interno di una di griglia popolata da diverse navi delle quali possiamo vedere la classe, le risorse principali che ospitano e anche i nemici e all'incirca in che quantità sono presenti a bordo. Volendo quindi potremmo decidere di salire a bordo solo delle navi che presentano materiali interessanti o che sono caratterizzate da nemici che possiamo affrontare più agevolmente. Ma in questo modo sarebbe decisamente troppo semplice e gli sviluppatori vogliono garantire un'esperienza impegnativa al punto giusto già a livello di difficoltà normale (ce ne sono 5 in tutto).
All'equazione si aggiungono quindi anche il cibo e il carburante. Il primo viene utilizzato ovviamente dal nostro alter ego mentre il secondo si consuma a ogni spostamento. A queste risorse base si associano poi i Meriti (una specie di valuta che permette di hackerare le torrette di sicurezza o di accedere a risorse bloccate in armadietti e altri contenitori di varia natura) e altri elementi più difficili da scovare ma molto utili per sopravvivere e per riuscire a raccattare le risorse necessarie per costruire degli oggetti in grado di riattivare a pieno regime la Void Ark.
La griglia che costituisce la Nebulosa del Sargasso ci permette di spostarci di nave in nave verso l'obiettivo principale o in alternativa di muoverci in direzione di particolari materiali che ci permettono di costruire armi, dispositivi ed equipaggiamento vario all'interno di una sezione apposita dello S.T.E.V, una sorta di banco di lavoro dedicato al crafting e alla creazione di diavolerie assortite.
Ad armi base si aggiungono dispositivi molto potenti nelle situazioni giuste come dei pucciosi robot a forma di gatto che distraggono i nemici per poi autodistruggersi o il Rifter, un'arma secondaria molto utile perché intrappola un nemico per poi riposizionarlo dove desideriamo, magari in una camera di decompressione da attivare per spedire la minaccia nello spazio più profondo. Il banco di lavoro è quindi fondamentale per arrivare alla creazione degli oggetti necessari per proseguire nella trama ma anche per tutti quegli elementi "intermedi" ma altrettanto vitali.
Proseguendo nell'avventura siamo infatti costretti ad esplorare più in profondità la nebulosa incontrando nemici sempre più pericolosi, che si tratti di mostruosità inedite o di versioni potenziate di minacce già affrontate. Già lato nemici però, le cose iniziano in parte a scricchiolare perché la varietà non si attesta su livelli altissimi e soprattutto perché solo alcuni richiedono effettivamente delle strategie particolari per essere eliminati. Anche per questo motivo non possiamo che evidenziare la natura situazionale dell'opera di Chey e soci.
Il mix giusto di elementi (disposizione di torrette, di telecamere di sicurezza e nemici, di risorse e obiettivi) e il layout delle navi, che tra l'altro è visibile non appena decidiamo di abbordarne una, può creare delle mini-imprese davvero coinvolgenti e spettacolari o dei viaggi di routine tutt'altro che indimenticabili. La campagna generata proceduralmente è allo stesso tempo croce e delizia. Le mappe delle navi sono legate alla tipologia di cui fanno parte e questo comporta la presenza delle stesse identiche stanze per certe categorie.
Uno dei problemi di questa soluzione sta nel fatto che le tipologie stesse non sono tantissime e la sensazione di deja vu purtroppo inizia a farsi sentire piuttosto presto. Ciò che cambia davvero è ciò c'è all'interno delle stanze: loot, nemici, sicurezza, pericoli assortiti e alcuni piccoli passaggi segreti. Le similitudini tra navi della stessa categoria si fondano sulla decisione di fornire una certa continuità al giocatore e di permettergli di organizzare il più possibile delle strategie ma troppo spesso si traduce in una fastidiosa sensazione di piattezza.
Il piatto forte del gameplay, d'altronde, non è di certo il gunplay ma la necessità di destreggiarsi in situazioni critiche e inaspettate e di improvvisare con appena tre "pezzi" di equipaggiamento al fine di riuscire a trovare l'oggetto richiesto o anche solo per portare a casa la pelle e fuggire a perdifiato verso la salvezza. Il fatto che i nemici non siano sempre così peculiari e che la forma delle navi sappia troppo spesso di già visto non aiuta. Forse siamo troppo critici con Void Bastards ma la sensazione che abbiamo provato in più di un'occasione è quella di trovarci di fronte a una immersive sim priva del contesto giusto.
Un po' di tocco umano in tutta questa generazione procedurale avrebbe giovato non poco alla qualità complessiva di un'esperienza che inciampa dal punto di vista narrativo utilizzando sempre lo stesso identico escamotage per spingerci a cercare il prossimo oggetto e che purtroppo lascia l'amaro in bocca anche per altri motivi. Avere molte frecce al proprio arco non basta se il level design risulta troppo spesso appiattito in un dedalo di corridoi e piccole stanze più o meno asettiche, non basta se non c'è alcuno sviluppo verticale e se alla fine dell'avventura manca un senso di chiusura degno di questo nome. Senza il contesto anche le idee migliori faticano.
Abbiamo terminato la nostra prima run ottenendo l'ultimo oggetto necessario semplicemente creandolo all'interno del banco di lavoro piuttosto che raccogliendolo esplorando una nave piena di letali nemici. Capite quanto possa essere anticlimatico un finale del genere? Questo è il problema più grande della tentata e sicuramente molto interessante rivoluzione di Void Bastards. Sono i momenti ad hoc a latitare, i boss che ci fanno dannare, il design di qualche zona curato direttamente da un'artista e non da un algoritmo. Delle navi "speciali" e uniche tratteggiate per celare almeno alcuni materiali di assoluta importanza avrebbero fatto tutta la differenza del mondo.
In ogni caso in questo progetto c'è tantissimo potenziale e se le tante qualità a livello di gameplay vi hanno incuriosito il nostro consiglio è quello di non farvi spaventare da un voto che di questi tempi sa di negativo ma che non lo è nella maniera più assoluta. Semplicemente la generazione procedurale dà e la generazione procedurale toglie e sicuramente potreste essere molto più fortunati di noi quando scriverete la parola fine sul vostro viaggio nella famigerata Nebulosa del Sargasso.