Warcraft: L'Inizio world premiere - articolo
Abbiamo assistito al lancio hollywoodiano del film dal red carpet: ecco com'è andata.
Ho perso il conto del numero di volte che sono stato a Los Angeles. E, riflettevo da qualche parte sull'Atlantico, senz'altro è colpa anche del fatto che i press tour dopo un po' s'assomigliano tutti. Voli, atterri, vedi il prodotto, scrivi, riprendi l'aereo e torni a casa. Cambiano i giochi, cambiano i PR, cambiano gli alberghi, ma alla fine tutto si confonde in un mare magnum. Sia chiaro, fossero questi i problemi nella vita vivremmo tutti in un mondo migliore, e sebbene alla lunga ripetitiva, questa è una giostra sulla quale mi piace stare da oltre vent'anni.
Però, riflettevo sempre in aereo, un po' mi mancano le emozioni delle prime volte, dei primi E3, di quei press tour della 'golden age' del giornalismo videoludico che mi ricordo ancora a distanza di lustri, mentre di quelli del 'nuovo corso' ho ricordi più confusi, sebbene più recenti. Questo press tour per World of Warcarft: Legion, tuttora in corso mentre scrivo (tra un paio d'ore devo scendere nella lobby dell'hotel per andarlo a provare), lo ricorderò invece a lungo. Perché ha segnato una mia 'prima volta', quella dei red carpet hollywoodiani, dandomi un piccolo assaggio di quello che può essere il mondo del cinema.
Sebbene non si sia trattato certo della premiere dell'ultimo film di Nolan, e sebbene il cast, come scrivevo nella mia recensione di Warcraft: L'Inizio, sia composto al meglio da comprimari, l'atmosfera era quella delle occasioni importanti. Perché Blizzard il red carpet ha deciso di farlo proprio davanti al Chinese Theatre, il cinema più famoso di LA, chiudendo un tratto di strada della Hollywood Boulevard.
Per prendere posto sul red carpet bisogna muoversi con largo anticipo, nel nostro caso tre ore circa prima dell'arrivo degli attori. Stranamente il pubblico era già assiepato lungo le transenne sin dall'inizio. Difficile dire se fossero curiosi in attesa di veder passare qualche star, o se fossero fan di Warcraft. Probabilmente saranno state valide entrambe le opzioni. Comunque sia si respirava una certa eccitazione nell'aria, mentre giornalisti e cameraman si contendevano fino all'ultimo centimetro disponibile per posizionare la telecamera in modo da avere la visuale libera.
Anche perché, cosa che non avevo mai notato guardando il red carpet degli Oscar, per terra, ai margini del tappeto, sono posizionati dei foglietti con su scritto il nome della testata per cui si è lì. Il che serve ai giornalisti e agli operatori per sapere dove posizionarsi, e agli attori per capire con chi stanno parlando, e se fermarsi o meno. Al mio fianco ho avuto un giornalista che era lì per Agence France-Presse e Reuters, col quale dapprima c'è stata una battaglia territoriale che mi ha ricordato le lotte per conquistare il centrocampo a squash, e col quale poi invece sono andato d'accordo.
Sostanzialmente: lui mi raccontava una serie di aneddoti gustosi sul cinema (calca i red carpet da una quarantina d'anni) e mi dava qualche dritta per riprendere al meglio l'evento (per dire, lui s'era portato dietro una scaletta sulla quale saliva per fare le riprese, così da non avere nessuna testa davanti), io in compenso gli dicevo chi era chi. Perché il bello è che per lui questa era la quarta premiere della settimana, e non sapeva nulla di nessuno. Ma, con grande abilità, gli bastava una mia descrizione per improvvisare domande che avevano anche un senso.
Oddio, non sempre, però gli attori stavano al gioco, annuendo e sorridendo qualunque cosa succedesse. Un esempio: "Ehi, complimenti per il film, com'è stato recitare il ruolo del cattivo?". "Beh, è stato bello perché alla fine, secondo me, è il vero protagonista". "Perfetto, grazie, tu sei...?". "Daniel Wu". "Ok, e come si chiama il personaggio che interpreti?". "Gul'dan". "Grazie, ciao". Ho poi visto anche altri attori ripetere per filo e per segno risposte articolate, perché il cameraman non era convinto della ripresa. E loro lì, sempre sorridenti, a dare la stessa risposta.
Hollywood però non sono solo le star ma anche comprimari in cerca di visibilità. E dato il cast di Warcraft, ho visto molti agenti muoversi sul red carpet tenendo in mano un foglio con foto a colori, nome e cognome dell'assistito e il suo ruolo nel film: "ehi, saresti interessato a scambiare quattro chiacchiere con lui?".
Tutti però vorrebbero intervistare il regista e i protagonisti, per cui si è venuto a creare un clima surreale dove ad esempio l'agente di Dean Redman, che nel film interpreta Varis pronunciando una sola battuta, ha provato senza successo a farlo intervistare da qualcuno. Mentre tutti i colleghi si sono avventati sulla bellissima ragazza che vedete qui sotto, la quale però non ricordavo di aver visto nel film. E infatti poi ha ammesso di aver recitato tutto il tempo con su l'armatura di una guardia di Stormwind...
La star più famosa e più richiesta, inaspettatamente, è stata una sciupatissima Jamie Lee Curtis, famosa attrice dei primi anni '90 presente sul red carpet non come attrice ma come mamma del figlio, appassionato di World of Warcraft. C'è stata anche una veloce comparsata di Jessica Nigri, strizzata in un improbabile vestito ispirato a Deathwing. È la seconda volta che me la trovo a pochi metri di distanza (l'altra era stata un paio d'anni fa, nell'ascensore di un albergo) e la trovo sempre incredibilmente tracagnotta. Poi, chissà come, quando la vedo in foto sembra un'altra...
Infine, vivaddio, hanno iniziato ad arrivare i vip, che salivano su un palco per essere intervistati da una famosa giornalista. Il palco, con grande sagacia, era però posizionato controluce, quindi non è stato possibile prendere foto che avessero un senso. E sì che il sole, sulla Hollywood Blvd, scende sempre dallo stesso lato. Nonostante questo, è stato interessante vedere gli attori in tiro, le attrici pure, e uno sciame di bellezze plastificate (fresche di parrucchiere, di manicure, quasi tutte passate sotto i ferri di un chirurgo estetico, e con denti rigorosamente sbiancati), che provavano a ritagliarsi un'inquadratura da qualche telecamera, o che facevano da donne trofeo accompagnandosi a uomini ben più vecchi di loro o alti la metà.
E poi, un po' trascurati dai giornalisti accorsi all'evento, interessati più agli attori e al regista Duncan Jones, c'erano i boss di Blizzard, coi quali invece ho scambiato qualche battuta mentre transitavano lungo il red carpet. Come nel caso di J. Allen Brack (Production Director di World of Warcraft e Vice President di Blizzard Entertainment) e Ion Hazzikostas (Lead Encounter Designer di World of Warcraft), ai quali ho chiesto se il film non sia troppo Warcraft e troppo poco World of Warcraft: forse che nel prossimo capitolo entreranno in scena personaggi storici quali Illidan o Arthas?
Mi ha risposto J. Allen Brack: "Quando abbiamo pensato al film, ci siamo domandati da dove iniziare la narrazione delle vicende di Warcraft. Abbiamo valutato se non fosse il caso di cominciare direttamente da World of Warcraft, poi abbiamo preferito andare alle origini della lotta tra Orchi e Umani. E quindi la nostra scelta è ricaduta su Warcraft. Cosa faremo in futuro? È presto per dirlo, potrebbe essere una storia su Thrall, potrebbero apparire personaggi come Illidan o Arthas. Nessuno lo sa".
"In realtà il film fa già delle concessioni a World of Warcraft. Nel gioco di Warcraft, ad esempio, non si vedevano Ironforge, né le strade di Stormwind", ha aggiunto Ion Hazzikostas. "Per cui, per il futuro, qualunque sia il periodo che dovessimo scegliere di raccontare, ci sarà sempre qualcosa che farà contenti i fan di World of Warcraft".
Pochi minuti dopo sono mi sono transitati davanti Frank Pearce (Chief Development Officer e cofondatore di Blizzard Entertainment) e Mike Morhaime (Presidente e anch'egli cofondatore di Blizzard Entertainment). Che ha esordito dicendo che Warcraft: L'Inizio è un film pensato per gli appassionati di Warcraft, quasi a voler prendere le distanza da una critica impietosa che, al momento, ha portato il Metacritic addirittura a 31 punti percentuali.
Ed è da questo punto che ho deciso di partire. Perché di fronte a gente che al film ha dato addirittura 0 (zero!), mi viene il sospetto che gli sia stata mostrata una pellicola diversa da quella che ho visto io. Ride Frank Pearce, che prontamente scherza: "Non credo che abbiano visto un film diverso. È che quello che hai visto tu era in Italiano, qui invece l'abbiamo mostrato in Inglese ed evidentemente non devono averlo capito".
Ok, seriamente, come vi spiegate questi voti? Quello di Warcraft è un universo popolare, amatissimo: a leggere certe recensioni, invece, ho visto un vero e proprio gioco al massacro. Onestissima la risposta di Mike Morhaime, sul cui volto ho scorto una certa amareza: "Io non... io non ho una spiegazione. Certamente il parere di tutti è importante ma alla fine quello che conta sarà l'opinione di chi di professione non fa il critico". "La reazione della community dei giocatori è stata estremamente positiva finora", ha aggiunto prontamente Frank Pearce, "e questa per noi è la cosa più importante, perché è a loro che è rivolto il film".
Toglietemi una curiosità: siete famosi per fare dei trailer spettacolari. Perché per Warcraft: L'Inizio avete scelto questo misto tra attori in carne e ossa e computer grafica, invece che puntare su un film d'animazione? "Volevamo portare al cinema l'universo di Warcraft in un modo che lo facesse sembrare vero, reale agli occhi di tutti", ha risposto Mike Morhaime. "È una strada questa già percorsa con successo da Il Signore degli Anelli e noi abbiamo avuto voluto fare lo stesso. I nostri sono mondi immaginari, ma così sembrano più reali".
Uno dei punti deboli di Warcraft: L'Inizio, a mio avviso, è il cast, composto da attori poco conosciuti e, nel caso degli umani, forse meno ispirati rispetto agli Orchi, che però sono realizzati in computer grafica. Possiamo aspettarci attori di maggior spessore per il prossimo episodio?
"Questa è una domanda che dovresti rivolgere a Legendary Pictures", risponde Frank Pearce. "Al momento comunque la nostra attenzione è tutta focalizzata su questo film, e non abbiamo ancora parlato di un prossimo episodio". Risposta, questa, che ha fatto inaspettatamente insorgere il mio collega di Agence France-Presse: "Oh, insomma, dategli uno scoop, ha fatto tutta questa strada per venire dall'Italia a parlarvi". "Ma noi ci occupiamo di giochi, non di film", ha risposto ridendo Frank Pearce.
Ok, allora mettiamola così: dovesse mai esserci un secondo episodio, mi promettete che non dovrò aspettare che mia figlia vada al liceo per vederlo? Perché per fare questo film ci avete messo 10 anni...". Ridono entrambi, poi risponde Frank Pearce: "Se tutto va bene, ci sarà ben più di un sequel".
E a giudicare dagli applausi sentiti in sala alla fine della proiezione, credo proprio che vedremo ancora Warcarft al cinema.