Wayward Manor: spaventoso ma per i motivi sbagliati - review
Come sprecare l'estro di Neil Gaiman.
Tra la caterva di indie che riescono a tenere vivo anche il periodo estivo con uscite praticamente quotidiane, uno dei titoli che avevo nel mirino da più tempo era sicuramente Wayward Manor.
I motivi d'interesse non mancavano: la nascita del progetto praticamente per caso in una sessione di LEGO tra Neil Gaiman e il team di sviluppo The Odd Gentlemen, la premessa della casa infestata in cui spadroneggiare nei panni del fantasma, tempi di gestazione tutto sommato non brevissimi che lasciavano sperare in un prodotto curato e in grado di capitalizzare sui buoni spunti di partenza...
Tempo di una prima sessione di gioco e ho preso una prima pausa da Wayward Manor con animo un po' interdetto, per darmi il tempo di capire se mi fossi perso qualcosa di fondamentale nelle meccaniche di questo puzzle game.
La risposta è no, Wayward Manor alla fine si è rivelato proprio quel titolo incredibilmente semplice e lineare che appare dopo i primi due minuti. Pronti e via, il gioco ci piazza nei panni spettrali di uno spirito che infesta una magione da tempo e che non vede di buon occhio i nuovi inquilini, i particolarissimi Budds.
È quindi il caso di rimboccarsi le ectoplasmiche maniche e far capire in malo modo ai nuovi arrivati chi comandi. L'ordalia prende la forma di 25 livelli suddivisi in sequenze di 5, nelle quali si ha a che fare di volta in volta con i diversi inquilini.
In ognuna di queste stanze sono presenti vari oggetti con cui interagire per spaventare gli ospiti, ad esempio facendo cadere una bottiglia a terra o direttamente sulla testa del malcapitato. Altre interazioni prendono la forma di finestre spalancate all'improvviso per far spostare un oggetto grazie al vento, o altro ancora che di volta in volta può essere sfruttato per fare leva sulle particolari tendenze dei Budds.
Ogni membro dalla famiglia ha infatti alcune rotelle ben precise fuori posto. C'è quello che usa l'arco per scagliare frecce contro i "pericoli", i bimbi che non hanno paura finché stanno vicini, la cameriera maniaca dell'ordine e via di seguito.
Sfruttare queste crepe nella corazza emotiva dei personaggi è abbastanza facile e la progressione è ripetitiva. Nonostante le diversità da un personaggio all'altro facciano pensare a situazioni di vario tipo, purtroppo le cose sono molto più lineari di quanto sembri dalla descrizione.
A ogni spavento viene acceso uno dei teschi che indicano il livello di paura dell'ospite, e i nostri poteri aumentano permettendoci di interagire con altri oggetti. Spaventata a sufficienza, la si può scacciare dalla stanza a seguito di un ballo spettrale degli oggetti e passare al prossimo livello.
E tra il primo e l'ultimo, le cose si ripetono praticamente sempre alla stessa maniera. Sicuro, ci sono delle situazioni leggermente particolari ma il succo non cambia e il respawn degli oggetti non invita alla pianificazione. A volte si spaventa l'ospite senza studiare un minimo d'interazione tra i vari oggetti, e i collegamenti tra un elemento a disposizione e la paura della vittima di turno è palese.
I livelli sono poi ristretti e la possibilità di completarli portando a termine azioni specifiche non è un grandissimo incentivo a ripeterli. A parte il limite delle dimensioni delle stanze, il problema sono le possibilità d'interazione. I Budds vanno spaventati nelle modalità previste dal gioco su cui non è possibile intervenire in alcun modo, e sono modalità veramente circoscritte.
In un'era in cui i videogiochi sgomitano contro le barriere che li definiscono per spaziare oltre il seminato, Wayward Manor si è insomma scavato una fossa di ripetitività azzerando tutte le possibilità messe a disposizione dalla premessa. In tempi molto lontani, già Gregory Horror Show aveva unito atmosfere tese e commedia in maniera sicuramente più efficace.
Quanto alla penna di Neil Gaiman, il gioco non brilla per quantità di dialoghi che possano sfruttarne a dovere l'estro creativo. Le descrizioni e la narrazione mettono a tratti in mostra un'ispirazione convinta, ma che non basta di certo a risollevare il gioco dal pessimo lavoro fatto sul gameplay.
Non convince neanche la cornice audiovisiva, con uno stile grafico che perde di mordente tanto presto quanto il gameplay, e motivetti più o meno azzeccati ma che si ripetono troppo spesso. La processione di stanze troppo simili non rischia certamente di rimanere memorabile per aspetto o varietà, e sebbene i problemi principali di Wayward Manor siano altri, non si può fare a meno di notare molto presto anche la cornice piuttosto scialba del tutto.
Quanto a occasioni sprecate siamo forse di fronte a uno dei titoli più emblematici dell'ultimo periodo. Bastano pochi minuti per chiedersi se il gioco sia effettivamente tutto lì, e poco più per rassegnarsi all'amara verità.
Più che ai modi possibili per spaventare i Budds, è probabile che giocando a Wayward Manor inizierete ben presto a pensare a soluzioni che il team avrebbe potuto implementare per migliorare le cose senza troppa fatica.
Peccato che la partecipazione di Gaiman e l'idea iniziale siano andate sprecate in così malo modo, di sicuro si poteva fare di molto meglio per metterle a buon frutto.