Werewolf: The Apocalypse Earthblood - recensione
Un combattimento spietato, ma…
La Endron, società energetica di portata globale, rischia di distruggere gli ultimi brandelli di natura incontaminata. Possedere il denaro, per alcuni, è sinonimo di onnipotenza, come se si potesse avere il pieno controllo del mondo: in questo caso la natura fa da futile contorno paesaggistico. È una visione piuttosto cinica, non è vero?
Werewolf: The Apocalypse Earthblood concentra l'attenzione sui Garou, un branco di licantropi sfuggito all'essenza malvagia del Wyrm, entità ormai distruttiva. Che si tratti di uomini, spiriti guida o licantropi in grado di sventrare brutalmente chiunque, il fulcro della storia si plasma su un mondo incapace di controllare gli istinti più intrinseci. La vera bestia in questo caso è l'uomo, ignaro di seminare caos o, forse, fin troppo consapevole di recare strazianti sofferenze al prossimo.
Cahal, protagonista della storia nonché membro del branco, si presenta come un marito esiliatosi dopo la morte della sua amata, uccisa ferocemente dal Wyrm. Fuggire per anni, a quanto pare, è servito a non essere corrotto dal dolore e dalla sete di vendetta; tuttavia l'uomo, per farlo, ha dovuto abbandonare sua figlia.
Onestamente, per quanto possa essere stata una scelta terribilmente ardua, l'abbiamo reputata quasi egoistica. Aedana, sua figlia, si è infatti ritrovata orfana di sua madre da un momento all'altro, e il supporto paterno sarebbe stato estremamente importante in un periodo così doloroso. Ad ogni modo, il licantropo capisce che sarà proprio sua figlia il prossimo bersaglio della Endron, nonché il suo intero branco: decide così di tornare a casa, dopo ben cinque anni, e di proteggere la sua famiglia (finalmente).
Ogni storia è ricca di sfumature che, seppur non sempre condivise, riescono a scaturire emozioni e riflessioni: tuttavia, il comparto narrativo di questo titolo ha diverse problematiche. Non vogliamo soffermarci sulla base da cui prende vita l'intreccio della trama, bensì sul modo in cui è stata plasmata nel corso del gioco. La nostra impressione è stata di trovarci su delle montagne russe quasi costantemente rettilinee, senza alcun brivido di adrenalina scaturito da curve, discese o salite mozzafiato.
La software house ha sicuramente provato a sorprendere il giocatore in alcuni frangenti: malgrado ciò, perfino le scene più forti non hanno scaturito l'effetto previsto. Abbiamo infatti nutrito speranze almeno per il finale di gioco che, sfortunatamente, ha lasciato un vuoto ancor più grande, nonché una profonda frustrazione a seguito di alcuni avvenimenti che non possiamo certamente spoilerarvi. Queste, ahinoi, spiacevoli sensazioni sono state anche frutto di un comparto tecnico poco convincente, rivelatosi datato da un punto di vista grafico, nonché poco espressivo su diversi fronti che approfondiremo tra poco.
È chiaro come Cyanide abbia decisamente prestato più attenzione al gameplay e, in particolar modo, al combattimento. Anche in questo caso abbiamo diversi punti deboli da esporre, ma vogliamo parlarvi prima degli elementi positivi e divertenti, seppur a piccole dosi. Partiamo dal principio: Cahal può trasformarsi in umano e lupo a suo piacimento, mentre nel combattimento può sfogare anche la pura e brutale furia di un licantropo. Le ambientazioni che fanno da contorno alle varie arene sono abbastanza vaste, difatti abbiamo scorrazzato col nostro lupo protagonista per tutto il tempo.
Esplorare si è rivelato particolarmente utile, in quanto ci ha permesso di trovare fonti naturali da cui acquisire Punti Spirito, indispensabili per il potenziamento delle abilità. Scrutare con attenzione l'ambiente circostante, che si tratti di nemici, armi letali o fauna, è possibile attraverso la Penumbravisione, una sorta di collegamento col mondo degli spiriti. Tale interazione, accessibile tramite il tasto R della tastiera, è utile anche per rilevare l'argento, arma drasticamente letale per i licantropi.
I dialoghi con i personaggi si sono rivelati abbastanza dinamici: abbiamo avuto la possibilità di scegliere in che modo indirizzare la conversazione, talvolta potendo perfino scegliere di uccidere un particolare nemico o di risparmiarlo. Anche il finale di gioco ci ha permesso, attraverso un bivio prestabilito, di prendere una decisione, ed è una sfaccettatura che abbiamo apprezzato nonostante tutto. Ad ogni modo, si tratta di un gioco quasi totalmente privo di missioni secondarie o di collezionabili, per cui la nostra avventura è durata inevitabilmente nove ore.
Lo scopo di Cahal è sabotare la Endron, nonché le sedi in cui essa opera: per farlo dovrà sgattaiolare fra le innumerevoli guardie, intrufolarsi in condotti claustrofobici e accedere a dati riservatissimi. In questo caso è stato obbligatorio mutarci in lupo, interazione che non ci è dispiaciuta affatto: il protagonista è, ovviamente, molto più lento nella sua forma umana. Essere visti dalle guardie significa subire una baraonda immediata di nemici ma, per quanto le uccisioni stealth possano essere allettanti, vi consigliamo di scatenare il caos.
Cyanide ha dato la possibilità di procedere in totale silenzio o di sventrare chiunque ci capiti a tiro, avendo a disposizione una buona quantità di skill. Cahal può infatti cambiare forma da lupo a licantropo in qualsiasi frangente del combattimento, e può usufruire rispettivamente delle modalità Pesante e Agilità. Entrambe le forme hanno abilità diverse, da poter utilizzare esclusivamente con l'accumulo della Furia: in questo caso vi basterà sviscerare chiunque vi capiti di fronte.
Potenti ululati fungeranno da attacchi ad area, accompagnati da balzi incorruttibili e devastanti che aumenteranno la Rabbia: quest'ultima, una volta carica, scatenerà la Frenesia, un'abilità a tempo limitato in grado di arrecare una quantità di danni mostruosa. Saremo onesti, il combattimento è stata l'unica vera fonte di divertimento in questo titolo, sia per la sua dinamicità che per i suoi effetti visivi davvero coinvolgenti.
Abbiamo sperimentato, tuttavia, un'IA poco reattiva alle nostre azioni: tra gli esempi lampanti rientra la grande quantità di volte in cui abbiamo aperto una porta davanti agli sguardi imperterriti delle guardie. Ci è anche capitato di essere avvistati ma, non appena varcata la soglia di un'altra stanza, hanno continuato a girovagare all'interno dell'arena, nonostante stessimo letteralmente saltando davanti a loro per farci notare. In ogni caso, i combattimenti sono risultati divertenti e adrenalinici: le boss fight, in particolar modo, sono riuscite a metterci alla prova con veri e propri pattern d'attacco da studiare attentamente.
Vi avevamo parlato di diversi punti deboli nel comparto tecnico: sfortunatamente ne ha risentito anche il combattimento, talvolta destando molta frustrazione. È capitato infatti che un boss restasse incastrato dietro il muro di un edificio e, non essendo riusciti a riportarlo al centro dell'arena, abbiamo dovuto riavviare il checkpoint. Si tratta sostanzialmente di bug facilmente risolvibili con un update, ciononostante episodi del genere recano non poco sconforto, specialmente in occasione di boss fight più complesse.
Il comparto grafico è pressoché buono: abbiamo scorrazzato tra foreste notturne pregne di spiritualità e deserti dalle piacevoli tinte calde. Ben realizzato anche il lavoro su luci e ombre, difatti la foresta di Tarker's Mill è una delle ambientazioni più suggestive e affascinanti. Tuttavia le animazioni dei personaggi, nonché le loro espressioni facciali, si sono rivelate davvero legnose e poco convincenti, dandoci l'impressione di star giocando un titolo uscito molti anni fa. Tra i punti positivi risulta la presenza dei sottotitoli in Italiano, a fronte di un doppiaggio in Inglese talvolta piatto e poco incisivo (soprattutto in alcuni punti concitati).
Insomma, è un titolo che avrebbe avuto buone basi per sorprendere davvero il giocatore, ma che ha lasciato dietro di sé diverse lacune, alcune delle quali davvero rilevanti per chiudere un occhio. Il combat system è la vera fonte di divertimento, non a caso possiamo tranquillamente dirvi che dopo un po' abbiamo rinunciato a qualsiasi uccisione stealth, pur di seminare il caos. Inoltre, il vero fulcro del gioco è proprio il combat system, motivo per cui sentiamo di non scendere al di sotto della sufficienza.
In conclusione, Werewolf: The Apocalypse Earthblood non si è rivelato troppo coinvolgente, tuttavia può intrattenere gli amanti del genere e donare diverse ore di combattimento sfrenato. A tal proposito, vi consigliamo il livello di difficoltà più alto, in modo da concentrarvi esclusivamente sull'ardua sopravvivenza e salire a bordo di montagne russe più... avvincenti.