Wolfenstein: The New Order - review
Tutta la qualità del patrimonio genetico di Starbreeze.
È sempre bello sorprendersi per qualcosa. Quando ci siamo avvicinati al nuovo Wolfenstein, complici le prove che avevamo fatto in diverse occasioni, pensavamo che ci saremmo trovati fra le mani un buon titolo che difficilmente si sarebbe distinto rispetto agli altri FPS in circolazione.
Pur trattandosi di un nome storico, infatti, The New Order non è riuscito ad approfittare delle tante occasioni avute nei mesi scorsi per impressionarci e mettere in moto la macchina dell'hype. Questo è il problema di cui soffrono molti titoli dotati di una personalità dirompente ma non adeguatamente supportati da una realizzazione tecnica all'altezza.
Il nuovo Wolfenstein ci mette ancora una volta nei panni del leggendario eroe di guerra americano B.J. Blazkowicz che, in un universo alternativo in cui i nazisti hanno vinto la guerra e conquistato il mondo, deve fare tutto ciò che è in suo potere per ribaltare una situazione ormai disperata dando nuova linfa vitale a una resistenza sull'orlo del collasso.
Anche se l'incipit non è certo dei più originali (d'altra parte si tratta di un tema abusato dallo stesso Wolfenstein), questa volta è il modo in cui è sviluppato a lasciare a bocca aperta. Dopo un inizio di avventura piuttosto piatto e stereotipato, infatti, la narrazione di The New Order si immette sul binario giusto e inizia a pompare emozioni e adrenalina nel cuore del giocatore, complici i dialoghi convincenti, la brutalità (non necessariamente fisica) di alcune situazioni e la potenza di alcuni temi trattati.
Non è facile trovare il coraggio di mostrare campi di concentramento, scene di sesso e torture senza trasformarli in semplici pretesti per far parlare del proprio gioco. Nel nuovo Wolfenstein la pancia dei giocatori viene spesso messa alla prova dalla brutalità delle situazioni in cui Blazkowicz si trova coinvolto. A volte le scene in questione vengono mostrate integralmente, in altre occasioni basta solo una lettera trovata esplorando le ambientazioni a toccare corde normalmente ignorate dai videogiochi.
"La pancia dei giocatori viene spesso messa alla prova dalla brutalità delle situazioni in cui Blazkowicz si trova coinvolto"
Sotto molti punti di vista The New Order è tutto ciò che Homefront avrebbe voluto essere, ma d'altra parte da un team nato dalle ceneri di Starbreeze era lecito aspettarsi qualcosa di simile. Stiamo parlando di persone che hanno contribuito a realizzare titoli interessanti come The Chronicles of Riddick: Escape From Butcher Bay e il primo The Darkness, ancora oggi apprezzabili proprio per la loro componente narrativa.
Esplorando le ambientazioni di questo Wolfenstein si ottengono continuamente informazioni utili ad approfondire il lore del gioco, ora da alcuni ritagli di giornale, ora dai discorsi di alcuni passanti. E quando si leggono volentieri anche i papiri più lunghi è evidente che il lavoro degli sceneggiatori (e quello degli adattatori) è stato fatto nel migliore dei modi.
Wolfenstein:The New Order ci permette di approfondire la conoscenza della figura di Blazkowicz, di cui ora dopo ora scopriamo traumi d'infanzia, debolezze, piccoli trucchi usati per mantenere la calma nei momenti difficili. C'è perfino spazio per i sentimenti, in tante sfumature diverse.
A convincerci in modo particolare è stato il modo in cui il gioco cresce e si evolve mettendo il giocatore di fronte a una grande varietà di situazioni, sia emotivamente che ludicamente. Un titolo che permette di infiltrarsi all'interno di zone altamente sorvegliate affidandosi unicamente ad un coltello, di guidare tozzi mech o mezzi subacquei, di vivere viaggi lisergici accompagnati dalla chitarra strimpellata di un ribelle antigovernativo, di alleviare le pene di una vedova alla ricerca della fede nuziale, o perfino di strappare informazioni a un nazista a colpi di motosega non può che essere un'esperienza da consigliare a chi da un fps si aspetta più del quickscope e del teabagging.
"The New Order ci permette di approfondire la figura di Blazkowicz"
Una delle scelte cruciali che ci si trova a dover fare nel corso della storia, poi, arriva a influenzare il gameplay e lo svolgimento della trama, cambiando le abilità a disposizione di Blazkowicz e i suoi compagni d'avventura.
Sfortunatamente però, dalle ceneri di Starbreeze non è tornata solo l'ottima componente narrativa ma anche il comparto tecnico zoppicante. Visivamente parlando, Wolfenstein: The New Order si accontenta del semplice compitino e mette sul piatto un gioco freddo e poco accattivante. Al di là del design delle creature meccaniche e dei robot nazisti, graficamente questo fps non offre nulla che faccia provare emozioni lontanamente paragonabili a quelle regalate dalla storia.
Sotto molti punti di vista sembra che il team abbia deciso di rimanere fedele allo stile tradizionale della serie, tanto graficamente che dal punto di vista del gameplay. Anche le meccaniche di gioco di The New Order, infatti, sembrano uscite da un FPS di 10/15 anni fa, con tanto di kit medici con cui recuperare l'energia persa e di munizioni e protezioni da raccogliere in giro per le ambientazioni o dai cadaveri nei nemici abbattuti.
Si tratta chiaramente di un approccio scelto di proposito per rendere omaggio al capostipite degli fps e a tutti gli appassionati di vecchia data, e sotto alcuni punti di vista l'operazione nostalgia può dirsi riuscita. Per assurdo a cozzare con il gameplay piacevolmente datato è proprio l'incredibile componente narrativa.
"Il gameplay è gradevole e riesce a intrattenere nonostante una IA migliorabile"
Ritrovarsi a raccogliere elmetti e pacchetti di munizioni mentre ci si muove furtivamente negli orribili corridoi di un lager rompe l'incanto e sono stati diversi i momenti in cui avremmo preferito un approccio più adatto all'esperienza emotiva plasmata dagli sviluppatori.
Al di là del difficile rapporto con la narrazione, comunque, il gameplay di Wolfenstein è gradevole e riesce a intrattenere senza troppi problemi nonostante una IA migliorabile (anche a livello di difficoltà più elevato) e qualche piccolo glitch qua e là (stiamo pur sempre parlando di un titolo Bethesda).
A garantire una marcia in più alla giocabilità è la presenza dei talenti, sbloccabili compiendo azioni specifiche che, in sostanza, tendono ad assecondare e incoraggiare l'approccio preferito di ogni giocatore. A seconda che si prediligano le uccisioni silenziose o l'approccio ad armi spianate (anche una per mano) il gioco sblocca gradualmente abilità utili a rendere sempre più efficace lo stile scelto.
Ai vari talenti sono associati anche gli obiettivi, dettaglio che, insieme al gran numero di collezionabili e alle più classiche stanze segrete da scovare interpretando gli indizi sparsi per i livelli, spingerà i più competitivi a cambiare spesso stile di gioco nel tentativo di accendere tutte le caselle dell'apposito menu.
Sicuramente Wolfenstein: The New Order non è un gioco perfetto, ma mai come in questo caso ci sentiamo di consigliare a chiunque di andare oltre il mero aspetto tecnico per vivere una storia potente racchiusa all'interno di un genere troppo spesso orfano di una componente narrativa all'altezza.
Se volete vivere un'esperienza intensa, toccante e rigorosamente single player, Wolfenstein: The New Order deve far parte della vostra collezione.