World to the west - Recensione
Un mondo di rompicapo per quattro eroi per caso.
Ricordate il bellissimo Teslagrad? Forse no. Eppure il gioco realizzato dai norvegesi di Rain Games ha venduto, un paio di anni fa, quasi due milioni di copie. Un successo strepitoso per il team indipendente, che ha raccolto i frutti di un lavoro appassionato e accurato. Non è uno di quei giochi di cui si sente parlare molto all'uscita o di cui discutono tutte le community per mesi, ma la sua solidità è riuscita a renderlo un fenomeno su Steam. Come allora, con poca luce di riflettori e un po' in sordina, esce ora World to the West, il nuovo titolo di Rain che raccoglie la tradizione di Teslagrad ed è pronto a sfidare tutti i videogiocatori amanti dei rompicapi.
A guardarlo superficialmente, World to the West potrebbe essere bollato come un anonimo platform qualsiasi e magari snobbato senza dargli una chance. Solita grafica low poly, solita abbondanza di colori, soliti puzzle e solita semplice interazione minimale. E la prima ora di gioco tutto sembra confermare le prime impressioni. Niente di più sbagliato. Nonostante un inizio blando e poco esplicativo, proseguendo si assiste ad una evoluzione continua della complessità e della libertà di scelta offerta al giocatore, che svela le vere qualità del titolo. Anche la trama, di cui non si ha un minimo di introduzione, si scopre e si ramifica puzzle dopo puzzle, ad ogni passo in avanti compiuto, incuriosendo sempre di più.
In questo magico mondo avremo la possibilità di controllare non uno ma ben quattro personaggi e muoverci liberamente teletrasportandoci in giro grazie a particolari totem che, una volta scoperti, fanno da punti di fast travel e da checkpoint. La mappa di gioco è ampia e tutta diversa, divisa in zone quadrate collegate tra loro tramite corridoi. Ognuna è diversa e ospita bonus e minacce di ogni genere. Tutto questo però lo vedrete dopo diverse ore di gioco.
All'inizio infatti si parte con un solo personaggio, la piccola Lumina, una teslamante (nome che suonerà familiare a chi ha giocato a Teslagrad), che si teletrasporta per errore in uno strano tempio. Poi verrà la volta di Knaus, intrappolato in una miniera da un perfido inganno, e poi ancora dell'avventuriera Teri e del forzuto ed esibizionista Lord Clonington. Anche la mappa non è da subito a disposizione, ma è avvolta in una nebbia fitta. Non avendo alcun indizio di dove siete finiti e cosa accade in questo mondo, starà a voi scoprirlo.
L'impatto con World to the West, come detto, non è dei migliori. Sembra il solito platform che con una scusa banale vi fa saltare da un punto all'altro risolvendo ogni tanto qualche rompicapo. Per di più, la facilità con cui si inizia quasi annoia. Andando avanti però si capisce che si tratta solamente di un tutorial per prepararci a utilizzare tutte le abilità dei quattro eroi, e sia la trama che le meccaniche di gioco si evolvono, aumentano, diventano più complesse.
Ognuno dei quattro protagonisti ha infatti abilità diverse dall'altro, che gli permettono di superare ostacoli (i puzzle che voi dovrete risolvere) e proseguire nell'avventura. Perché quattro vi chiederete? Perché anche usare uno piuttosto che l'altro rientra nelle meccaniche di design e negli strumenti a vostra disposizione per procedere: Knaus scava nel terreno e può camminare sotto terra, Teri usa la sua sciarpa come rampino, Lumina compie degli scatti trasformandosi in fulmine e Lord Clonington spacca tutto con i suoi muscoli.
Queste sono solo le abilità di base, mentre quelle nuove e più articolate le acquisirete solo in seguito, grazie magari ad un artefatto recuperato in uno scrigno. Da un semplice scatto in avanti arriverete a controllare gli animali, lanciare scariche elettriche e far esplodere rocce pur di arrivare al vostro obiettivo. È fondamentale alternare uno o l'altro eroe, poiché spesso le strade sono bloccate da un ostacolo che solo un personaggio può eliminare, permettendo così il passaggio di tutti gli altri. Questa cooperazione asincrona è in fondo il cuore del gioco, ed è solo poco oltre la metà del viaggio che potremo contare su tutti i personaggi insieme con tutte le abilità sbloccate.
Anche se si tratta di un mistero da risolvere, non abbiamo a che fare con problematiche alla "Dr. Leyton". Più che puzzle e rompicapo, si è di fronte ad un grande labirinto colmo di ostacoli e si può dire che l'enigma sia uno solo: l'intera mappa. In questo caso bisogna davvero fare i complimenti a Rain per come è stata gestita ed "equilibrata", e per essere esplorabile al punto giusto da ognuno dei quattro personaggi.
Quando avrete assimilato le linee guida con cui i level designer l'hanno realizzata, sarà naturale comprendere di chi avrete bisogno e di quale abilità specifica fare uso. Inizialmente proseguirete facilmente, come se il percorso fosse segnato, con vie quasi obbligate e senza soffermarvi troppo su come fare a proseguire, ma il bello è che una volta che potrete alternare i personaggi senza limiti, la complessità si innalza ancora e la sfida si complica.
Le storie si intrecciano, la mappa si sblocca per intero ed è tutto in mano a voi. Rischierete di perdervi o di non sapere chi è il personaggio necessario per continuare, il che è positivo visto che vi farà sudare nelle ultime battute dopo l'inizio a ritmo limitato.
La trama è un altro punto a favore di World to the West. Non c'è una introduzione iniziale e nella prima parte l'intento è di lasciare il giocatore confuso, quasi deluso, dalle vicende. Ma c'è la sorpresa! Si viene portati a visitare zone e compiere azioni senza motivi in particolare, per poi scoprire tutte le connessioni che legano gli eventi e il mondo di gioco ad un passato ben più affascinante e profondo.
Quella che sembra una tranquilla cittadina portuale nasconde tanti segreti che ci porteranno a scoprire le fondamenta di una civiltà ancestrale isolata e dimenticata, capace di creare macchine magiche capaci di alterare il tempo. Per come è raccontata, la storia è avvincente: durante le avventure scopriremo posti e oggetti che troveranno la loro collocazione solo in seguito, formando pian piano un puzzle che stupisce il giocatore. Non è certo una novità nel panorama dei videogiochi, è chiara l'ispirazione a capolavori quali The legend of Zelda, Ico o altri, ma questo aspetto è solido e aumenta il divertimento.
Qui però vengono fuori anche i limiti della produzione di Rain Games. La caratterizzazione del mondo di gioco e dei personaggi non è quanto di meglio si veda in giro. Ci sono buoni spunti, la grafica low poly fa sempre il suo simpatico effetto e i personaggi non sono completamente anonimi, ma in altri titoli abbiamo visto fare di meglio. Si poteva forse osare di più e rendere tutto più originale e iconico, distinguibile da altri giochi. È l'effetto che si ha guardando superficialmente il gioco dagli screenshot o trailer di gameplay: sembra un platform qualunque.
Un po' meglio il sonoro, che propone motivi orecchiabili e dai toni allegri, ma che vanno in loop un po' troppo spesso, soprattutto quando rimaniamo tanto tempo nella stessa zona. Diamo comunque merito a Rain di aver fatto un bel salto dal 2D di Teslagrad al 3D isometrico di World to the West, e di aver fatto le cose semplici senza rischiare di fare il passo più lungo della gamba.
Un altro aspetto cruciale è la bassa rigiocabilità. Una volta portata a termine, l'avventura di Lumina, Teri, Knaus e Clenington non può variare gli enigmi di cui è composta, non avendo componenti procedurali. A meno che non vi siate persi qualche collezionabile, utile a ricomporre la storia nascosta del mondo di gioco, non ci sono molti motivi per ricominciare tutto dall'inizio.
World to the West sembra raccogliere in pieno l'eredità di Teslagrad. Come nel primo titolo di Rain Games, anche qui dobbiamo sbloccare le aree della mappa, acquisire man mano nuovi poteri e procedere nell'avventura. E nel frattempo, scoprire i misteri che danno vita al mondo in cui ci muoviamo. Ci sono anche elementi che ricorrono, in quello che potrebbe diventare lo "stile Rain Games".
Così come Teslagrad si rifaceva a giochi come Braid, anche World to the West perde un po' di originalità nello stile richiamando alla memoria molti altri titoli del passato, un po' nelle meccaniche, un po' nell'aspetto. L'insieme però funziona bene e può soddisfare chiunque voglia cimentarsi in un platform/puzzle game, data curva di difficoltà che cresce con il giusto ritmo. È proprio il caso di non giudicare il libro dalla copertina.