WoW Classic ci ricorda tutto quello che abbiamo perso definitivamente - articolo
Blizzard sottolinea quanto la cultura storica dei giochi si stia perdendo giorno dopo giorno.
Sembra quasi un pesce d'aprile: uno studio che realizza videogiochi annuncia che presto sarete in grado di rivivere la nostalgia rigiocando il suo titolo nella sua forma originale e primitiva, prima che fosse espanso e patchato per sembrare migliore e meno frustrante. E sono stati proprio questi gli intenti e gli scopi di Blizzard nel proporre il servizio WoW Classic agli utenti di World of Warcraft: il gioco indimenticabile uscito 15 anni fa, renderizzato nel suo aspetto originale e glorioso. Almeno per il momento, sembra stare creando fermento nella comunità di giocatori.
È difficile quantificare lo sforzo profuso da Blizzard nel proporre WoW Classic, ma sospetto che ci sia stato molto di più del semplice "scavare nel vecchio codice conservato in un drive di backup trovato chissà dove". Dietro c'è sicuramente una procedura più complessa di quella che i consumatori immaginano. Ciò nonostante, per il grande clamore che si è creato attorno a World of Warcraft, sono stati indubbiamente fatica e tempo ben spesi.
"Quanto è stata impoverita la cultura storica dell'industria videoludica dalla proliferazione dei giochi come servizio?"
Adesso, confesso che quel chiasso è un po' scemato in me, personalmente. Non è che rinneghi tutti gli innumerevoli mesi della mia vita spesi in WoW (e probabilmente spesi anche da voi). Ma piuttosto, ora come ora, penso che parte della mia reticenza nell'investire in un PC gaming sia dovuta alla facilità con cui sono divenuto un giocatore abbastanza hardcore di WoW. Forse è più perché sono entrato davvero nel mondo di WoW nell'era dell'espansione Wrath of the Lich King, quindi le precedenti iterazioni del gioco mi scivolano addosso. Penso che nel profondo sono sempre stato un casual gamer.
Ciò nonostante, è affascinante come WoW Classic abbia ricevuto così tanto interesse e adesioni. Questo è decisamente qualcosa di nuovo per l'industria. Ci siamo in fondo abituati all'entusiasmo dell'abbracciare aggiornamenti e re-release dei titoli retro, la cui espressione massima è la proliferazione delle retro-console infarcite di retrogames, ma WoW Classic è un qualcosa di differente. Una retro-re-realease snellita di un gioco che al giorno d'oggi è ancora un gioco offerto come servizio molto popolare. WoW non è quindi un retrogame, ma un gioco vivo che riceve aggiornamenti e largamente giocato. E nonostante tutto, un gran numero di consumatori lo vede come un qualcosa di abbastanza differente per qualificarlo come una retro re-release entusiasmante.
Oltre all'attestato dell'accelerazione del ciclo del "retrogaming" (WoW stesso è stato lanciato appena nel 2004), il successo di WoW Classic, che sia a lungo termine o una bolla di nostalgia, rappresenta l'evidenza di qualcos'altro. Nello specifico, la quantificazione dell'erosione della cultura storica dell'industria videoludica, causata dalla proliferazione dei giochi distribuiti come servizi, nonché della mancanza di una strategia o di una procedura di archiviazione del medium videogioco.
"Gli sforzi nella preservazione sono stati compiuti, ma sono spesso poco solidi e mal supportati dalla stessa industria"
Le preoccupazioni più ovvie riguardano i giochi che da un momento all'altro svaniscono; giochi online o mobile che vengono abbandonati dai loro produttori, con licenze che scadono o server che vengono spenti per ragioni di sostenibilità, rendendoli completamente inutilizzabili. Nel peggiore dei casi il codice sorgente può addirittura venire smarrito ed il gioco, piccolo o grande che sia, release minore o poco considerata, viene perso per sempre e diventa irrecuperabile da studenti o archivisti.
WoW Classic, comunque, mette in luce un altro aspetto di questo problema. World of Warcraft rappresenta un capitolo di grande influenza nella storia e nella cultura dei videogiochi, ma nessuno si preoccupa del fatto che possa sparire nel nulla, almeno per adesso. Ma il fatto stesso che una sua precedente versione sia così diversa dal gioco attuale, ha permesso di lanciarlo come un "retro" servizio separato. Questo implicitamente testimonia quanto il gioco attuale sia diventato diverso dal suo stato primordiale.
Ciò significa che il gioco originale (la sua prima versione e ogni versione di WoW successiva sin da allora) era effettivamente perso nel tempo e nello spazio fino a che Blizzard non ha deciso di riportare in vita il servizio. Ma l'ha fatto non tanto col particolare intento di preservare una parte dell'industria così importante, quanto piuttosto per via del fatto che la community si sforzava di mantenere in vita quell'esperienza, sforzi che Blizzard ha puntualmente stroncato per infrazione dei termini legali, fungendo però da monito circa quanto fosse appetibile un concept simile dal punto di vista commerciale.
"I publisher hanno mostrato più e più volte che hanno zero rispetto per l'importanza culturale del medium da cui fanno business"
WoW Classic punta dritto al problema, ossia il fatto che anche i giochi online di grande successo stiano perdendo le pagine della loro storia a causa dei continui aggiornamenti. Ma non ne offre la soluzione. WoW è piuttosto un'anomalia, un raro titolo che è talmente popolare che una sua re-release così antica è, al giorno d'oggi, un gran successo commerciale.
La situazione riguardante l'archiviazione della storia creativa del nostro medium sta crescendo anche esponenzialmente con l'aumentare dei giochi innovativi e molto influenti che si stanno emarginando nella sfera dei giochi come servizi, piuttosto che come prodotti. Sono molto dipendenti dai server al punto che una sottoscrizione di un gioco che chiude i battenti implica la cancellazione istantanea del gioco stesso. Anche le patch rilasciate regolarmente sovrascrivono ogni volta l'esperienza originale che ha divertito gli utenti. Molti titoli che hanno fatto da pionieri e innovatori dell'industria nel corso del tempo sono stati persi per sempre, oppure il codice e le chiavi di accesso per farli girare di nuovo sono divenuti inaccessibili per gli archivisti.
Gli sforzi per archiviare e preservare sono stati fatti, certo, talvolta anche supportati dalle più importanti librerie e istituzioni. Ma sono male organizzati e poco supportati dalla stessa industria, con il rapido avanzamento della tecnologia che rende il tutto ancora più difficoltoso. Il cloud computing, con tutte le sue allettanti promesse, è una pericolosa minaccia in tal senso. Con i giochi che diventano più dipendenti dal cloud e dai servizi, stiamo per raggiungere un punto in cui anche se hai il codice per il server, sarà impossibile far girare il gioco in futuro se Google, Amazon o Microsoft hanno modificato gli elementi di base del servizio su cui gli stessi server facevano affidamento.
D'altro canto le restrizioni legali rimangono un'enorme barriera contro ogni speranza che la cultura storica del medium sia registrata e archiviata con successo. I codici legali che governano l'archiviazione e la creatività sono stati redatti ben prima che i giochi come servizi ed il cloud gaming fossero addirittura immaginati, e solo pochi legislatori moderni hanno compreso veramente i problemi correlati.
I publisher, dal canto loro, vedono pochi sbocchi commerciali nel supporto di questa cosa, specialmente per i titoli che sono alla fine del proprio ciclo vitale. Inoltre hanno dimostrato di non aver completamente rispetto per il medium con cui guadagnano, eccetto quando si tratta di esibire un logo ad un museo o ricevere una bella lettera da un ente governativo.
In conclusione, è bello che i vecchi giocatori che ricordano il vecchio universo di Azeroth abbiano una chance di tornarvi. Ma la bolla d'entusiasmo per WoW Classic dovrebbe anche puntare la nostra attenzione sul fatto ben meno palpabile che chiunque abbia voglia di scoprire il modo in cui gli MMO e altri servizi hanno preso forma e hanno definito una generazione di giochi, potrebbe non essere mai accontentato.
Data l'importanza e l'influenza che hanno avuto questi giochi nelle due passate decadi, sarebbe veramente una grande perdita culturale per tutti, una perdita che impoverirebbe il medium per le decadi a venire.