X A Sexy Horror Story recensione, fate l’amore non fate le guerre!
Meglio evitare gli agriturismi americani.
Siamo nel 1979, il proprietario di un miserrimo locale di nude girls alla periferia di Houston pensa di fare il salto di qualità girando un porno a basso costo.
Con la sua ambiziosa “fidanzatina”, un altro paio di “attori”, un cameraman con ambizioni da regista e la sua ragazza a fare da fonico, affitta un capanno da un vecchio bifolco ostile in una fattoria cadente, persa in un’isolata campagna, dove alla televisione la tv trasmette solo un predicatore che invoca castighi divini sulle nuove Sodoma e Gomorra. Non proprio l’ideale insomma. Ma gli ospiti non se ne curano, per loro il porno sembra la sola, facile strada per scappare da una vita poco soddisfacente e già durante il viaggio nello scassato furgone, i progetti per il futuro si erano sprecati.
Nonostante l’accoglienza poco cordiale e l’atmosfera inquietante, appena arrivati i ragazzi si mettono al lavoro. Se nella dependance si fa sesso, si gioca e si fa festa, nella vecchia casa si consuma la fine di una relazione drammatica, perché il vecchiaccio cadente ha una consorte, cadente pure lei, distrutta da una vita di negazioni ma ancora percorsa da brividi incompatibili con l’età, che si intensificano all’arrivo dell’allegra combriccola. E matura la strage. Solo che per una volta le motivazioni saranno almeno un po’ più originali del solito.
Quando ha inizio la mattanza, le varie morti si susseguono in base alle regole di genere, sempre efficaci e sconsigliate agli stomaci fragili. Del resto all’inizio del film dagli sguardi degli agenti di Polizia arrivati sul posto, avevamo ben compreso di trovarci davanti a qualcosa di molto efferato. Sono presenti anche i soliti comportamenti illogici da parte dei vari personaggi, ma sappiamo che è quasi obbligatorio in questo genere di storie.
Se tutti si comportassero in modo logico, assennato, queste narrazioni non potrebbero procedere. Piccola rivelazione finale, non rilevante ma spassosa. L’azione dura solo 24 ore, di giorno si fa l’amore (bene) nella notte si muore (male). Si rinnovano i fasti dello slasher, citando quel filone scoperto negli anni ‘70, quello dell’orrore extra urbano, delle zone rurali dove un cittadino farebbe bene a stare lontano, perché là nessuno lo sentirà urlare.
Nel cast troviamo alcune facce note, su tutte quella di Martin Henderson, che fa il bellone cinico, gallo del pollaio di ragazze disinvolte, spavaldo e sicuro dei suoi modi di fare, e si diverte a esibire un fisico da 48 enne ben tenuto in mini-slippini. Si ritrova anche Brittany Snow, attrice dalla lunga carriera, che dai tempi di Sentieri di film e serie tv ne ha macinate tante. Lei interpreta la “dumb blonde” del gruppo, che sciocca non è per niente, ha solo deciso di interpretare lo stesso ruolo nella vita e nella finzione.
La reginetta del gruppo è la “fidanzata” di Henderson, ragazza che nasconde la sua insicurezza sotto tante strisce di coca, che si ripete come un mantra “Io non accetterò una vita che non merito”. La interpreta Mia Goth, giovane ex modella che sta scalando la sua strada di attrice, che interpreta anche la sua antagonista decrepita, a sancire che è la vita è un attimo, tutto sta come viversela. L’attore porno da manuale, quello di colore, sicuro delle sue “doti” da interprete, è affidato a Kid Cudi, rapper di una certa fama.
Ti West scrive la storia oltre a dirigerla, dopo un paio di altri thriller e molti episodi di serie tv di buon livello. Oltre a divertirsi a citare tanti film di genere, mette in campo un paio di altre riflessioni. La più sfruttata è che, ascoltando le sparate verbali del predicatore e assistendo alla situazione fra i due anziani, si vuole indicare come la repressione, la negazione di tutto ciò che fa parte del senso della vita, compreso vivere la propria sessualità, porti spesso a risultati nefasti. Anche se va detto che se una donna è libera di fare del proprio corpo ciò che vuole, non è detto che questa libertà debba passare attraverso la mercificazione di quella sua libertà, cioè la pornografia. Ma è indubbio che l’opposto, la repressione e la negazione degli istinti, portino conseguenze ancora più gravi.
Un altro tema interessante e forse addirittura più “horror” in alcune scene, è quello del desiderio sessuale che permane anche in corpi devastati dalla vecchiezza, nei quali però rimane una scintilla di vita che fa ricordare, rimpiangere, invidiare, desiderare. E fa provare voglia di risarcimento se non di vendetta, mentre mette a disagio chi lo contempli (il sesso va rappresentato sempre solo attraverso bei corpi giovani).
Consci di avere sprecato in cambio del nulla ciò che la natura generosamente ci aveva dato, invece che compiacersi che altri non stiano commettendo lo stesso errore, ci si scaglia rabbiosi contro chi sta osando mangiare il frutto proibito. Come cantava De Andrè, “Così una vecchia mai stata moglie si prese la briga e di certo il gusto di dare a tutte il consiglio giusto”. E in questa discorso sta l’originalità del film, se appena si alza lo sguardo da sangue e frattaglie. Meglio implorare il perdono che chiedere permesso, vedendoselo magari negato.