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Xbox Series X: per Phil Spencer è il momento della verità - editoriale

Cosa non si può sbagliare all'ora X di Series X.

Quando analizziamo il tortuoso cammino di Xbox nell'ottava generazione di console, siamo sempre portati a rivangare il disastroso passato della gestione Don Mattrick, una macchia apparentemente indelebile sul curriculum di One, il risultato di un patatrac comunicativo capace di dissolvere l'eredità dell'intramontabile 360.

Eppure, fino a questo momento, nessun inciampo è stato in grado di cancellare il sorriso dal volto di Phil Spencer, l'uomo a cui è toccato l'arduo compito di prendere in mano la macchina e restaurarla pezzo dopo pezzo, un po' come diverse generazioni di americani usano fare con le vecchie Cadillac nei loro garage.

Spencer è un concentrato di americanità ma è anche vero che l'Americana - come gli statunitensi definiscono la propria cultura - non è mai riuscita a fare breccia nel mondo dei videogiochi. Infarcire le conferenze di concetti come "most powerful console" e "best place to play" non ha aiutato un reparto vendite di Xbox che si appresta a chiudere la generazione con una stima di 50 milioni di pezzi venduti a fronte dei 110 piazzati dall'irraggiungibile PS4.

Ma il dato più interessante è quello che emerge dai dati di vendita di Switch, console che ha superato i 55 milioni di copie distribuite in poco più di tre anni, dimostrando una volta e per sempre che i "cavalli" hanno un peso relativo nei salotti dei videogiocatori.

Gli Xbox Game Studios nascono con un compito difficilissimo. Ma saranno all'altezza della sfida? Riuscirà ogni elemento a dare il meglio di sé? Difficile, ma non impossibile.

Phil questo lo sa bene, tant'è vero che ha deviato dal binario della potenza per abbracciare concetti di inclusività così innovativi da creare piccole fratture all'interno delle fanbase. Play Anywhere, cross-play, servizi come Xbox Game Pass e xCloud, l'Adaptive Controller: non esiste una singola iniziativa del team che non risulti lodevole alla luce della consumer experience, di gran lunga la migliore nel panorama del medium.

Cosa deve ancora cambiare, e soprattutto cosa non può permettersi di sbagliare Xbox all'alba della nona generazione? "Ma è ovvio", penserete voi. "Xbox deve presentare delle esclusive all'altezza della concorrenza". E ciò è indubbiamente vero, perché il peso delle grandi produzioni esclusive è ormai sotto gli occhi di tutti, e Microsoft ha puntato in prima persona sulla fondazione dei nuovi Xbox Games Studios, investendo Matt Booty di un'enorme responsabilità, ovvero quella di misurarsi con i leader del mercato.

Ma esiste veramente, nella scuderia di Xbox, anche un singolo studio che sia realisticamente in grado di competere ad armi pari con software house del calibro di Naughty Dog e Sony Santa Monica? In attesa di esser smentiti il prossimo giovedì, è molto difficile sostenere questa tesi. I Chicago Bulls hanno avuto sì la bravura, ma soprattutto l'enorme dose di fortuna necessaria per radunare sotto il medesimo stendardo coach Phil Jackson, Michael Jordan, Dennis Rodman e Scottie Pippen.

Non bastano più le giovani promesse: per emergere bisogna individuare il prossimo Curry. Negli attuali Xbox Game Studios gli occhi restano puntati su The Initiative, il super-studio che dovrebbe scardinare il limite del videogioco AAAA, ma sono in molti a riporre speranze in Playground Games, maturata al punto da potersi permettere di accantonare il pur bellissimo Forza Horizon per inseguire finalmente una statuetta, magari attraverso un nuovo capitolo di Fable.

Il solo Halo Infinite non basta a reggere sulle sue spalle l'intero peso di un balzo generazionale, specialmente uno di tale portata. Tra l'altro, è possibile che Master Chief riesca a vincere un GOTY?

Perché in fondo quello che serve ai Game Studios è un'opera, anche solo una, capace di portare in casa Xbox un premio per il Game of the Year, un risultato che è stato inavvicinabile nel corso di un decennio dominato da vittorie targate Nintendo e Sony. A questo proposito, God of War ha dimostrato che un'antica serie di bandiera può rinascere dalle ceneri fino a tornare in vetta, ed è forse ora che Halo: Infinite o il prossimo Gears of War tentino di seguire il sentiero di Kratos, spezzando le catene della ripetizione.

Quello che la dirigenza non deve assolutamente sbagliare, a prescindere da eventuali premi futuri, è la definizione della nuova line-up di produzioni. Non importa che si riveli o meno il nuovo Skyrim ma il prossimo progetto di Obsidian, per citarne uno a caso, dovrà necessariamente essere un grande RPG in single player, un titolo capace di mettere in luce tutte le qualità dello studio.

Non c'è più spazio per i Bleeding Edge, è finita l'era in cui la cancellazione di Scalebound poteva considerarsi uno scivolone, siamo ben lontani dai tempi in cui un disastro come quello di Crackdown 3 poteva permettersi di volare al di sotto dei radar. C'è bisogno di grandi avventure e sceneggiature impattanti, non importa se in enormi GDR o in esperienze story-driven, basta che si tratti di progetti che ambiscano al vertice dell'industria.

Accanto a questa innegabile necessità campeggia quella di ricucire i rapporti con determinati tessuti creativi che sono rimasti inspiegabilmente esclusi dai radar di Microsoft. Il primo, manco a dirlo, è quello degli sviluppatori orientali, storicamente restii a pubblicare su Xbox; negli ultimi tempi Phil Spencer ha condotto diversi viaggi in Giappone per cementare la relazione, ma i frutti di questo connubio - fatta eccezione per Yakuza - restano ancora un mistero, mentre l'hardware non è ancora riuscito a penetrare la regione.

Xbox Game Pass è senza dubbio il miglior servizio mai emerso nel mondo dei videogiochi. Ma si può fare ancora meglio? Secondo Spencer si può, attraverso xCloud e, forse, All Access Pass.

Lo stesso discorso vale per il panorama degli MMORPG, che per alcuni rappresenta ancora una piccola nicchia ma che si sta rivelando un'interessante carta vincente nelle mani di Xbox. Solo nell'ultimo semestre Phantasy Star Online 2 e Bless: Unleashed hanno esordito sulle console di Microsoft, ma il titanico Final Fantasy XIV presente su hardware Playstation manca ancora all'appello. A proposito, Blizzard Entertainment ha recentemente annunciato il supporto al gamepad per il suo World of Warcraft, facendo galoppare la fantasia degli appassionati.

Ma la storia di One non è fatta solamente di nicchie da colmare e crepe da saldare: all'alba della next-gen ci piacerebbe assistere al rinnovo dell'impegno dimostrato nei confronti dello sviluppo indipendente. L'incubatrice di Microsoft ha dato luce a gioielli del calibro di Cuphead, ha permesso a capolavori come Outer Wilds di esordire su console, e Spencer ha sempre dimostrato grande interesse verso l'innovazione portata dai piccoli studi.

Si tratta di un trend che merita di essere coltivato accanto a quello che, senza ombra di dubbio, rappresenta il miglior servizio ad aver mai fatto capolino nel mondo dei videogiochi. Stiamo parlando ovviamente di Xbox Game Pass, un'iniziativa che non ha comparativi in termini di "value per price", mettendo a disposizione di milioni di giocatori tonnellate di titoli entusiasmanti, dalle fatiche first party fino a decine di progetti interessantissimi che senza una spinta sarebbero passati in sordina.

È accattivante anche l'ipotesi di vedere il servizio Xbox All Access arrivare anche sulle sponde europee, un'offerta da tempo attiva negli Stati Uniti che permette, pagando un canone mensile, di ricevere la console e tutti i relativi abbonamenti, esattamente come accade nel mercato della telefonia.

La livrea della console, frigoriferi a parte, sembra aver convinto tutti.

Insomma, se già Microsoft si trova in una posizione di assoluta leadership nel segmento relativo ai servizi, non ci dispiacerebbe vederla raddoppiare su tutta la linea, magari confezionando un'offerta all-inclusive capace di rispondere a ogni esigenza dei fan. Xbox Game Pass includerà xCloud, lo streaming che a detta di Spencer vedrà presto luce su tutti gli schermi, e nella versione Ultimate garantisce già la tanto agognata formula onnicomprensiva, ma siamo certi che la casa di Redmond possa ancora estrarre qualche asso dalla manica.

In ultimo, ma di certo non meno importante, c'è il prezzo della console. Il prezzo di lancio di Xbox One a 499 euro, comprensivo di Kinect, è stato infatti individuato da diversi analisti come il principale ostacolo alla prima ascesa della macchina, tanto che ci sono voluti solamente sei mesi per assistere a un taglio più che mai necessario.

È possibile che quella violentissima scottatura stia ancora bruciando fra i corridoi di Redmond, ed è ancor più probabile che la divisione Playstation ne sia ben consapevole. Non è un caso che dalle parti di Sony si proceda con il freno a mano tirato quando si tratta di pricing, perché i dirigenti della casa giapponese devono aver annusato la volontà di Microsoft di presentarsi sul mercato ad un prezzo molto competitivo.

Una situazione di questo genere non può che fare la nostra felicità, anzi, quella dei nostri portafogli. La nona generazione sarà un ottimo momento per essere videogiocatori, non solo perché due colossi dell'industria si daranno battaglia a colpi di grandi produzioni, non solo perché assisteremo alla nascita di una nuova dinastia di console determinata a prender le distanze dal mero miglioramento grafico.

Sarà un momento magico perché, finalmente, l'utente finale sta tornando ad essere il centro di gravità del mercato, spingendo Sony e Microsoft ad adottare politiche che fino a qualche anno fa sarebbero state considerate utopistiche.

Accessibilità, inclusività, sostegno all'industria, nuove modalità di fruizione del videogioco: la verità è che dobbiamo molte di queste qualità proprio all'impegno di Phil Spencer, un americano 'doc' che, a questo giro, potrebbe esser riuscito a trasformare la sua vecchia Cadillac in un'auto nuova fiammante.