Zelda: Breath of the Wild - La Ballata dei Campioni - recensione
Nintendo gioca in difesa e chiude l'anno senza fuochi d'artificio.
Sono passati cinque mesi da quando abbiamo recensito il primo DLC di Zelda: Breath of the Wild, e sono stati cinque mesi passati a chiedersi con quali effetti speciali Nintendo ci avrebbe stupito, dopo averci solo solleticato superficialmente con un mazzolino scarso di novità in quel di luglio.
Annunciato a sorpresa durante la serata dei The Game Awards, il secondo dei due contenuti scaricabili compresi nel season pass del titolo è spawnato sui nostri Switch col favore delle tenebre, facendosi trovare pronto ai nastri di partenza del ponte dell'Immacolata. Avevate pianificato un giretto defaticante a base di passeggiate in montagna e corroboranti grappini? Avevate preparato un fitto calendario di appuntamenti parentali inevitabili? Oppure ancora volevate cogliere l'occasione dei tre giorni liberi per dedicarvi alle ultime lune di Super Mario Odissey? Beh, cavoli vostri, Link entra a gamba tesa e vi scompiglia l'agenda come uno sbarazzino vento primaverile, solo che fuori ci sono 2 gradi (se va bene) e allora tanto vale starsene sul divano ad ascoltare La Ballata dei Campioni.
I due DLC di Breath of the Wild sono legati l'un l'altro indissolubilmente e proprio per questo avevamo deciso di sospendere il voto, così da valutare il pacchetto nella sua interezza dopo aver visto cosa si nascondeva in questo tanto agognato secondo tempo. Ecco, insomma, diciamo che a farsi troppe aspettative si rischia di rimanere scottati, ancor di più se ce le si fa su quello che proprio ai The Game Awards è stato incoronato come gioco dell'anno. Dopo l'assaggino delle Prove, infatti, sembrava che dovesse arrivare un bel piatto forte con una spiccata componente narrativa ad arricchire ancora di più una delle più belle esperienze degli ultimi anni (e per qualcuno di sempre), ma non è esattamente così.
Anzi, Nintendo un po' a sorpresa fa un deciso passo indietro sul fronte del game design e propone una struttura che fa tornare in mente la tanto chiacchierata (e non proprio con piacere) questline delle mappe della Triforza vista in Wind Waker. Dal punto di partenza si hanno N posti da visitare, dove si trovano altrettanti indizi per ulteriori diramazioni di una struttura ad albero che sa un po' di design vecchia scuola.
La caccia agli oggetti del caso, insomma, diventa macchinosa e (oltraggio!) ripetitiva nel giro di poco, anche perché le prove cui siamo sottoposti non mettono sul piatto idee totalmente nuove e addirittura alcune si ripetono con minime variazioni. Zelda è tornato a fare Zelda, o almeno quello Zelda che spedisce il giocatore ai quattro angoli del mondo per recuperare questo o quel monile sacro-magico-mistico? No, dai, non esageriamo ora.
Per quanto lo si voglia ricondurre su binari tradizionali, Breath of the Wild non si fa domare così facilmente e, anzi, continua a regalare scorci mozzafiato e momenti emozionanti grazie al vero protagonista dell'avventura di Aonuma e compagni: il mondo di gioco. Pure quando si trotterella verso l'ennesimo Sacrario (quasi tutti quelli nuovi sono ben fatti, ma ce n'è qualcuno non ispiratissimo) è proprio Hyrule ad attirare il giocatore verso un cerbiatto, un rumore, un Korogu maledetto, un precipizio o un refolo di vento che sposta i fili d'erba e fa venire voglia di aspettare il tramonto guardando il mare e nulla più.
Che poi, diciamolo, alcune delle idee di questo secondo DLC sono piuttosto indovinate: la fase iniziale (che dividerà il pubblico, probabilmente) prende per l'orecchio il giocatore smargiasso che, forte delle sue 120 ore + armatura super potenziata + Spada Suprema in grande spolvero, ormai è a un passo da sostituirsi a Ganon come grande minaccia nelle terre del gioco. Lo prende per l'orecchio, dicevamo, e lo scaraventa in un angolo togliendogli (quasi) tutto quello che ha guadagnato fino a quel momento. La Ballata inizia con un bell'escamotage che costringe a fermarsi a pensare quel tanto che basta per tornare ad approcciare gli scontri con tattica piuttosto che con sicumera, con ragionata calma piuttosto che con furia omicida. Poi questa fase finisce, e si torna a fare il bello e il cattivo tempo. Anche il nuovo dungeon, sensibilmente più vasto dei quattro bestioni che lo precedono, contiene belle idee e risponde direttamente ai fan che un po' ci erano rimasti male a non avere veri e propri dungeon da esplorare nel corso dell'avventura.
Il tutto, comunque, per una motocicletta. Una motocicletta che, come insegna la Discomusic di Elio, prima si ama, poi si odia, poi si ama, poi si odia e poi si apprezza perché alla fine lo sappiamo tutti che Link si è anche rotto di fare il bravo ragazzo e vuole fare le penne davanti ai Boblin, e i Boblin muti. E poi non dimentichiamoci delle armature (alcune prevedibilmente ottime come il set Spettro di Ganon e altre a sorpresa come l'uniforme della guardia reale), della nuova bardatura per i cavalli (se proprio la moto non la potete vedere) e della storia che, verso dopo verso, il pennuto bardo Kass compone solleticandoci pescando a piene piume da temi già noti ai fan della serie.
Il fatto è che vanno bene i regali da indossare, figuriamoci, va bene la moto e vanno anche bene i nuovi Sacrari ma, forse colpevolmente, ci aspettavamo qualcosa di più da questo secondo DLC. Anzi, andavano bene pure questi contenuti se solo fossero stati realizzati meno pigramente. Non vogliamo fare spoiler per non rovinarvi l'avventura, ma la sensazione di già visto pervade una buona percentuale di quello che farete ne La Ballata dei Campioni, sia sul fronte narrativo, che su quello del gameplay vero e proprio.
Va bene cara la mia penna da strapazzo, direte voi, mica potevano fare un altro gioco. No, certo, ma abbiamo già visto come alcuni DLC degli anni passati siano stati in grado di costruire su quanto fatto dal main game e darci esperienze di alto, altissimo, altissimissimo livello (e sì, dobbiamo guardare chiaramente verso la Polonia mentre pensiamo sognanti alla grigia chioma del nostro cacciatore di mostri preferito).
Forse quello che dà fastidio è che Nintendo poteva chiudere il 2017 con un botto di quelli che signora mia levati, e invece fa "solo" il compitino. Poteva dare il colpo di grazia a uno dei suoi migliori anni dal 1889 a oggi stampandolo nelle menti di ogni appassionato, o almeno stampandolo ancora di più di quanto non lo sia già, e invece porta a casa il risultato senza strafare. Volevamo l'overkill.
Dai, chiudiamo con l'immancabile consiglio per gli acquisti perché alla fine vogliamo tutti sapere se questi 20 euro sono ben spesi oppure no. La risposta è semplice in realtà: sì, sono ben spesi perché i due DLC aggiungono un discreto gruzzolo di contenuti e hanno il merito di darci ancora una scusa per tornare a Hyrule, o una scusa per allungare il percorso che ci porta fino a Ganon se ancora non siamo arrivati alla fine. Mai come in Breath of the Wild l'importante è il viaggio, non arrivare a destinazione, è allora tutto quello che riesce a farlo durare di più merita i nostri soldi. Di certo c'è che chiudiamo il 2017 di Nintendo con la voglia di averne ancora, e non sazi. Ci hai viziati, Grande N, e nel 2018 dovrai fare una fatica pazzesca a mantenere il ritmo.