L'AI di Final Fantasy 15 è un grande esperimento filosofico segreto - editoriale
Il principio dell'intreccio tra mente e corpo rappresenta un incentivo per porci domande su chi e cosa siamo e dove, esattamente, finiamo.
Dove iniziano i corpi nei videogiochi, e dove finiscono? Potremmo certamente indicare il corpo del protagonista di un gioco, mentre il corpo di noi in quanto giocatori non rappresenta tanto un corpo quanto un'espressione del nostro essere: sembra quindi riduttivo fermarsi ai limiti percepibili di un singolo modello di personaggio. Nel gioco horror medievale A Plague Tale: Innocence, il raggio d'azione e la consapevolezza del giocatore sono distribuiti sui corpi di diversi personaggi (oltre allo spettatore fantasma rappresentato dalla telecamera in terza persona): la sorella maggiore Amicia, una banda di adolescenti in fuga e il giovane malato Hugo, che deve essere protetto in quanto tallone d'Achille. Dove siamo esattamente noi, ovvero l'intelligenza che dirige la simulazione in questa equazione mutevole? E cosa rappresenta tutto questo per i concetti di mente e corpo in generale? Giocare a questi giochi potrebbe apparentemente non sembrare come leggere un trattato filosofico, tuttavia è come partecipare ad un esperimento mentale basato sui confini che tracciamo tra la coscienza, il nostro corpo e il mondo.
I giochi, in generale, sono utili per sistematizzare e testare dei precetti filosofici, e ci sono dei progetti che si impegnano con queste potenzialità in modo molto serio. Un altro esempio recente è il thriller esistenziale Observation di No Code. Il gioco ci fa personificare un'IA di una stazione spaziale improvvisamente oppressa da se stessa e che non riesce a sentirsi a proprio agio in una forma che spazia dalle reti CCTV, a display di controllo a droni robot. Il gioco di cui vogliamo parlare oggi però è un'opera filosofica meno scontata: Final Fantasy 15 di Square Enix che, a quanto emerge, deve molto alle tradizioni degli antichi studi accademici che risalgono a secoli fa, questo secondo Youichiro Miyake, a capo della ricerca sull'IA presso l'Advanced Technology Division del publisher.
Final Fantasy 15 è uno dei tanti JRPG su un cupo principino, Noctis, ma probabilmente lo ricorderete più affettuosamente per le tre guardie del corpo: l'impertinente Ignis, il muscoloso Gladiolus e il sempre vivace Prompto. Come in A Plague Tale, questi personaggi “secondari” sono in teoria personalità distinte, ma svolgono praticamente sempre la funzione di appendici vaganti, riflessi liberamente organizzati dalla volontà del giocatore. Durante l'esplorazione, il trio forma un perimetro mobile, con Prompto che è incapace di resistere dal galoppare davanti a tutti, cosa che a volte rende poco chiaro chi segue chi. Durante i combattimenti, i nostri complici combattono da soli ma si sincronizzano con il giocatore in modo del tutto naturale, invitandoci ad eseguire attacchi di squadra e staccandosi per aiutarci in caso di nostre cadute. Entrando in un'area famosa, come l'hub iniziale della stazione di servizio, questi si disperdono per darci un po' di pace e indirizzare la nostra attenzione verso oggetti d'interesse. Possiamo anche delegare a loro questi compiti, ordinando a Ignis di prendere il volante della nostra appariscente e potente auto, la Regalia, o chiedere a una delle nostri controparti di fare una chiamata in risposta al dialogo. Prompto svolge anche una sorta di funzione di “ricordo involontario”, visto che scatta foto delle nostre imprese e ce le propone in seguito per conservarle.
Final Fantasy 15 è praticamente un gioco con un solo personaggio, molto di più rispetto ai suoi predecessori su PS3, ma trasformare la famosa formula JRPG in un gioco in tempo reale molto reattivo, con un mix di dispositivi ambientali, guida e reti di sicurezza, produce una strana dispersione. E il nostro compito non è tanto quello di condurre il gruppo, ma più quello di tenerlo insieme per gravità, come se fossimo la massa più grossa di un sistema planetario ribelle. Ciò è rafforzato dal fatto che non siamo noi ad eseguire ogni singolo attacco, ma teniamo premuto un pulsante mentre il nostro personaggio concatena delle mosse, cosa che ci distanzia dal corpo in gioco che rappresenta ovviamente “noi”. L'esperienza mi fa venire in mente la descrizione delle funzioni cognitive del polpo che fa Peter Godfrey-Smith nel suo libro “Altre Menti”, come qualcosa che non si concentra nella testa dell'animale ma che è diffuso in tutte le sue parti del corpo, ciascuna con una certa autonomia, una volontà propria.
Se da un lato queste idee non vengono portate avanti in modo esplicito nel gioco, Miyake suggerisce però che Final Fantasy 15 sia, in un certo senso, un lavoro di ricerca sul funzionamento della coscienza e dei corpi. E riflette le sue letture dei fenomenologi Henri Bergson e Edmund Husserl e del biologo Jakob von Uexküll (se volete saperne di più e sapete leggere il giapponese, Miyake è autore di diversi libri su questi argomenti). Il gioco si sforza, dice, di andare oltre le definizioni e le ipotesi più comuni che cercano di comunicare il concetto di IA nel settore. “Molta intelligenza artificiale è pensata come se ci fossi solo io e il modo in cui io interagisco con te o con quell'oggetto. La realtà è che la vita non è proprio così, ci sono zone grigie, ci sono interazioni indirette e ci sono effetti farfalla.”
La creazione dell'IA consente a sviluppatori e giocatori di sperimentare modalità alternative di coscienza, prosegue Miyake, diversi modi di strutturare i fenomeni che compongono la nostra consapevolezza del mondo e il nostro posto al suo interno. In particolare, crea uno spazio di resistenza al dualismo, uno dei modelli epistemologici quotidiani presenti in Europa e Nord America, che divide il mondo in mentale e fisico, in mente e corpo. Questo concetto ampiamente accettato potrebbe essere affiorato durante la scrittura di Final Fantasy 15, ma in realtà esso non coglie il modo, nella pratica, in cui il gioco rappresenta ed organizza la coscienza del personaggio. “Un personaggio di un videogioco esiste in quanto forma con un corpo”, spiega Miyake. “Quindi deve avere un'intelligenza artificiale che non sia basata solo sul pensiero astratto, ma sulle azioni del suo corpo”. In altre parole, non c'è spazio per una netta suddivisione della mente dal corpo, né per una netta divisione tra individuo e mondo. “Non sei solo tu e il tuo corpo, è il tuo corpo e il modo in cui esso interagisce con l'ambiente circostante. I tuoi ambienti ti cambiano e anche tu influisci sull'ambiente, questa è la vita.”
Per seguire il suo pensiero, occorre immergersi un po' sotto la superficie di Final Fantasy 15. “Ci sono diversi livelli di IA in FF15”, inizia Miyake. “C'è l'IA del personaggio, che è fondamentalmente basata sulla personalità (che sia qualcuno a cui piace combattere, qualcuno che difende o qualcuno che cura). Questo si basa sul modello classico di IA o personalità, in cui ci sono io, ci sei tu, siamo frammentati, ci influenziamo a vicenda e non c'è alcuna suddivisione.” L'IA del personaggio è il luogo in cui si trovano i processi “decisionali astratti”, come la comprensione da parte di un personaggio di tattiche offensive e difensive. Indica però anche delle attività che potremmo associare al corpo, in quanto macchina stupida, separata dalla mente. Una fetta significativa dell'IA del personaggio, ad esempio, controlla quelli che potremmo chiamare movimenti e reazioni “involontari”, come cambiamenti di postura o lo stare ad una certa distanza da altri personaggi. La mente del personaggio quindi, suggerisce Miyake, è in qualche modo il suo corpo.
Oltre a questo, la semplice distinzione mente/corpo/mondo è turbata nel gioco da “il livello della meta IA, che è fondamentalmente come un occhio nel cielo, come Dio”. La meta IA regola la sovrapposizione tra i personaggi di Final Fantasy 15 e l'ambiente, le priorità di una situazione e una serie di altri più ampi elementi. Una delle responsabilità di questi meta-livelli è di garantire che quando Noctis ha bisogno di aiuto, solo un compagno si affretti ad assisterlo, anziché tutti insieme contemporaneamente. Aiuta inoltre a decidere cosa viene detto, quando e dove, adeguando il dialogo in base all'evoluzione del nostro rapporto con ogni personaggio mentre vaghiamo per Eos. Invece di unità isolate, la meta IA immagina le menti e corpi dei personaggi come permeabili, sfocati ai bordi, colti in un tacito scambio di informazioni con scenari ed ambienti.
Nello scrivere tutto ciò, ovviamente, non sto cercando di sostenere che un gioco come Final Fantasy 15 nasconda davvero un qualche tipo di coscienza, né sto cercando di dire che i suoi contributi alla progettazione dell'IA siano unici. La meta IA è un concetto abbastanza navigato, come riconosce Miyake. A volte se ne parla come di “regista IA”, un'etichetta resa famosa dal titolo di Valve del 2008, Left 4 Dead, che mescola diabolicamente il codice per inserire delle minacce in risposta al comportamento del giocatore, come un regista di film horror che genera orribili sorprese per chi va al cinema. ECHO, del tristemente decaduto studio Ultra Ultra, rappresenta una meditazione più elaborata dell'idea di uno spazio che ci monitora. In un assoluto capolavoro di inquietudine, la sua dorata sala di specchi genera incessantemente cloni che imitano le nostre azioni visibili. Se ci accovacciamo per evitare il rilevamento, ad esempio, le copie impareranno a mantenere un profilo basso. Miyake ha inoltre suggerito che l'idea che sta dietro alla meta IA del videogioco potrebbe trasferirsi alla gestione degli spazi sociali, utilizzando l'esempio di un'intelligenza artificiale nella hall di un hotel che dirige i robot per aiutare gli ospiti. Opere come ECHO mostrano il lato sinistro di questa proposta.
Se l'IA da un lato ha i suoi eccessi, dall'altro, tuttavia, l'atto di progettarla e analizzarla è un'opportunità per riformulare al meglio la nostra concezione di esistenza. Le teorie della mente, della coscienza e del corpo non si limitano solo a descrivere, ma guidano il nostro comportamento. Per quanto riguarda le dinamiche lavorative nell'industria videoludica, la divisione delle funzioni “cognitive” e “corporee” all'interno dell'IA corrispondono alla divisione del lavoro all'interno dei team di sviluppo. Miyake afferma che “il programmatore dell'IA rappresenta il cervello dell'essere umano, mentre l'animatore rappresenta il corpo del personaggio”. Il modo in cui vengono realizzati i giochi, in altre parole, rappresenta il modo in cui definiamo e strutturiamo la vita interiore di queste entità virtuali. Considerata la persistente passione per lo sfruttamento del lavoro da parte dell'industria videoludica, vale la pena chiedersi se ci sia qualcosa in quelle definizioni che potrebbe essere cambiato.
Guardando oltre il settore videoludico, l'inequivocabile divisione tra coscienza e corpo proposta dal dualismo è probabilmente alla radice di molti mali culturali. Esso infatti è stato usato per affermare, ad esempio, che gli animali non umani sono solo dei marchingegni biologici che possono essere brutalizzati e massacrati impunemente. La scissione della realtà mentale da quella fisica ha anche contribuito a nascondere la relazione tra le circostanze sociali o economiche e la salute mentale: da qui la sminuente espressione “è tutto nella tua mente”. Il principio dell'interconnessione, dell'intreccio tra mente, corpo e ambiente circostante, che impregna giochi come Final Fantasy 15 ci mostra dei modi più sostenibili di pensare al pensiero. Esso rappresenta un incentivo indispensabile per continuare a porci le domande su chi e cosa siamo e dove, esattamente, finiamo.