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Another Code R: Viaggio al confine della memoria

Alla ricerca del tempo perduto.

Ricordo ancora con affetto lo stupore provato giocando Another Code: Two Memories. Nel suo piccolo, il titolo di Cing riuscì nel duplice intento di rivitalizzare il sempre lodato genere delle avventure grafiche e, al tempo stesso, illustrare con discreta perizia le allora inedite qualità del DS in termini di interazione e gameplay. AC fu pertanto una minuscola gemma nella ancora acerba line-up della console, e tanto bastò al team per imporsi all'attenzione del grande pubblico che sempre più numeroso si sarebbe accostato ai due schermi targati Nintendo.

Ashley Mizuki Robins è cresciuta, adesso ha sedici anni, ed è ormai pronta ad impugnare il Wii Remote per il suo debutto sulla console domestica. Nei panni della ragazzina dalla chioma biondo cenere saremo ancora una volta chiamati ad affrontare il suo (misterioso?) passato. Qualora vi stiate chiedendo il perché di quel punto interrogativo tra parentesi, be'...la risposta potrebbe non piacervi affatto.

L'enigmatica e a tratti inquietante atmosfera del primo episodio, permeata da una solitudine pregnante e significativa, ha infatti lasciato posto a quello che potremo definire un romanzo adolescenziale, dotato di una fastidiosa propensione alla ridondanza e infarcito di tematiche prevalentemente rivolte ad un pubblico di teenagers. Sia chiaro che quest'ultimo aspetto non sarbbe imputabile di critica alcuna, se non fosse per la banalità di fondo dei lunghi ed estenuanti dialoghi, che dovremo sorbirci senza soluzione di continuità. Il fatto che nell'insieme sia comunque al di sopra di una qualsiasi pagina scritta da Moccia rimane giusto una magrissima consolazione.

Il comparto estetico sfoggia scenari di splendida fattura e personaggi ben modellati.

Ashley raggiungerà il padre a Lake Juliet, pacifico luogo ove il genitore prosegue integerrimo i suoi lavori di ricercatore scientifico. Qui le verrà subito sottratta la borsa da una sconosciuta e si darà avvio all'intreccio, sospeso tra passato e presente, in cui saremo chiamati ad indagare sui trascorsi della madre scomparsa. La storia rappresenta un excursus sulla crescita interiore della protagonista e lentamente, molto lentamente, ne condivideremo le passioni (vedi quella per la musica) e i timori.

Il vero problema della narrazione però non risiede tanto nel ritmo, la cui cadenza appare comunque eccessivamente dilatata, ma proprio nei contenuti. I temi trattati infatti non possono che risultare alienanti per buona parte dell'utenza più matura. Anche tenendo in considerazione il fragile rapporto padre-figlia, elemento di rilievo cui si concentra la parte iniziale del plot, il procedere della trama sarà costellato da argomentazioni ed eventi che poco hanno a che fare con l'aura di suspense distintiva del primo episodio portatile.

Ci troveremo pertanto ad indagare e a ripercorrere le perdute strade della memoria visitando le variegate location e risolvendo enigmi di discreta fattura, ma senza alcuna reale spinta emotiva. I risvolti dell'indagine assumeranno una vera e propria impennata giusto in prossimità della conclusione, quando saremo ormai abbondantemente anestetizzati dall'incredibile retorica dei dialoghi. Dopo Room 215, trovo quasi imbarazzante dover puntare il dito sulla sceneggiatura messa in atto da Cing, che ha già dato prova di conoscere in maniera esemplare i meccanismi che regolano il Romanzo Giallo. Persino la possibilità delle risposte multiple si rivela in definitiva poco più che un palliativo, senza alcuna incidenza sulla storia. Detto questo, trovo anche plausibile che il target cui il titolo esplicitamente si riferisce possa apprezzare le vicissitudini della protagonista e fare propri i suoi drammi interiori.

La delusione relativa alla trama viene fortunatamente mitigata da un sistema di controllo agevole e pertinente, che se da un lato non riesce a sorprendere come accaduto a suo tempo con pennino e touch screen, dall'altro mantiene un feeling adeguato tra l'interfaccia e il sistema di puntamento tramite Wii Remote.