Army of Two: the 40th Day
Ritorno cooperativo..
Sono ormai un lontano ricordo i pomeriggi passati in sala giochi con il proprio fido compare alla ricerca del record sovraumano o del completamente di quel livello che sembrava impossibile da finire. Giochi come Bubble Bobble o Cadillacs and Dinosaurs hanno fatto la gloria del videogioco in cooperativa, angoli di una realtà dove parole come tag team o aiuto reciproco erano un mantra necessario per poter sopravvivere e vedere l’agognata schermata del “The End”.
Non fatevi però trarre in inganno dalle mie parole: non sono un nostalgico ad ogni costo e ritengo che ogni epoca videoludica abbia qualcosa da offrire a chi gli si avvicina con il giusto spirito. Certo è che il tempo passa e ogni primavera che passa sulle mie giovani spalle (e sono ormai 27) è un capitolo di un libro ricco di memorie, felici o tristi che siano, che se ne va.
Quando allora sul palcoscenico ludico arriva un titolo in grado di richiamare in qualche modo i tempi che furono, l’animo si rabbonisce e si predispone al meglio nell’accortezza di riuscire a separare in maniera attenta quello che fu da quello che è, così da riuscire a giudicare oggettivamente quanto gli si para davanti.
La delusione infatti mi aveva già vinto con il primo Army of Two e per questo mi sono presentato dubbioso alla presentazione milanese del secondo capitolo che in potenza prometteva di sopperire alle mancanze dell'originale. Mentori di questo incontro, due producer di EA Montreal, Sarah Stewart e Matt Turner.
Preso atto che della trama che vi vedrà girovagare per una Shangai devastata abbiamo già avuto modo di parlare diffusamente, concentriamo quindi l'attenzione sul provato che nello specifico è relativo ai primi due capitoli del gioco. La prima impressione è che sia stato fatto uno scrupoloso lavoro per donare al gioco quel carisma che forse era una delle pecche principali dell'originale.
Rios e Salem si integrano a vicenda in maniera fluida e gli scambi che è possibile cogliere durante il giocato danno quella sugosa atmosfera al testosterone che ogni uomo sa di volere. Molto più rudi rispetto a quanto eravamo abituati, sembrano di sapere dove vogliono arrivare.
Nella prima missione che funge sommariamente da tutorial per l'intera avventura sarà possibile familiarizzare con i controlli e prendere atto che finalmente si ha l'impressione di attraversare dei luoghi “veri” e non di star partecipando alla sagra del cartone con sfondi e interazioni limitate.
Tutto sembra molto più vivo, al punto che oltre che con i protagonisti e i personaggi funzionali alla trama, si interagirà anche con i semplici abitanti, scegliendo in maniera “etica” il loro destino, ovvero se salvarli, proteggerli o farne carne da cannone.
Qui viene introdotta quindi la prima grossa innovazione di 40th Day: tutto il gioco sembra infatti che calcherà pesantemente la mano sugli interrogativi morali, tanto che già durante il capitolo iniziale avrete modo di decidere se uccidere il compagno che vi ha condotto fino al primo check point o se invece salvargli la pellaccia. Quanto e come questo approccio influenzerà il gameplay nel prosieguo del gioco è ancora tutto da vedere, ma sicuramente potrebbe essere una carta interessante da giocare.