Battlefield: Bad Company 2
Electronic Arts e il senso del dovere.
A volte noi giocatori ci stanchiamo di salvare la patria. Olocausti nucleari, fosse comuni, dittatori, stragi all’aeroporto e conti alla rovescia. E ancora alieni verdi, rossi, blu, sempre pronti a mettere a repentaglio l’esistenza della nostra specie. A volte ci stanchiamo di tutti questi cliché e tutto quello di cui sentiamo il bisogno è un pizzico di ironia. Magari di una granata con uno smile.
Con questa certezza si proponeva due anni fa il primo Bad Company, shooter che combinava l’esperienza di DICE nel genere FPS con uno spirito divertito e dissacrante. In occasione del debutto di questa variante ironica di Battlefield, la campagna per giocatore singolo era per molti versi acerba, presentava alcune scelte di design discutibili ma soprattutto dava la sensazione di essere stata concepita più che altro come un addestramento per il multiplayer.
Electronic Arts ha già dimostrato in questa generazione di giochi di saper fare tesoro delle critiche, così non giunge come una sorpresa lo stravolgimento della campagna di Bad Company 2 rispetto al predecessore. Fin dai primi istanti di gioco è evidente la volontà di DICE di affinare narrativa e sceneggiatura, sfruttando allo stesso tempo un gameplay rodato che vive dell’adrenalina scatenata dalla pura distruzione. Ecco però che ancora una volta le ambizioni cinematografiche degli sviluppatori ci porteranno a… dover salvare la patria.
C’è molto di Modern Warfare nel single player di Bad Company 2, segno che Infinity Ward ha lasciato un marchio indelebile sul genere degli FPS. I livelli sono lineari, la porzione di mappa esplorabile è circoscritta e l’approccio sandbox del primo episodio è stato quasi totalmente abolito.
Il sistema di ripristino dell’energia di Bad Company (un’iniezione che vi costringeva ad abbandonare l’arma per curarvi) lascia spazio a un più tradizionale “attento ai bordi dello schermo: se diventano rossi nasconditi e attendi che l’energia si rigeneri”. Quando prendete un veicolo, raramente potete andare liberamente in giro per la mappa ma generalmente dovete proseguire lungo un percorso univoco.
Le sessioni a piedi e quelle a bordo di veicoli sono nella maggior parte dei casi del tutto separate nel single player, e il vantaggio di questa soluzione è duplice: da un lato il gameplay è maggiormente bilanciato e dall’altro la sceneggiatura può servirsi di inquadrature e situazioni create ad hoc.
Abbandonato, infine, anche il sistema di check point che permetteva di rigenerarsi senza alcuna penalità ripartendo dall’ultimo punto in cui era stato effettuato il salvataggio. In questo caso gli sviluppatori hanno optato per un sistema di checkpoint canonico; se venite eliminati dovete ripetere tutta la sezione.
I caricamenti dopo un game over sono piuttosto lunghi e frammentano l’esperienza di gioco ma il livello di difficoltà è sensibilmente più basso rispetto al primo episodio, in particolare con la mira assistita attivata (chiamarla auto-headshot in realtà sarebbe più appropriato).