Bixio: “Il First Playable Fund? Un punto di partenza. Noi avevamo chiesto 10 milioni di euro”
La vicepresidente di IIDEA commenta il rapidissimo esaurimento dei fondi per gli sviluppatori di videogiochi.
La vittoria del First Playable Fund, il primo fondo destinato ai videogiochi in Italia, è durata molto poco: in tre ore lo sportello è stato chiuso perché erano stati esaurite le risorse economiche previste.
Invitalia, agenzia controllata dal Ministero dell'Economia delle Finanze che gestisce gli investimenti e lo sviluppo delle imprese, è stata chiara: "Dopo circa tre ore dall'apertura dello sportello, avvenuta alle 12.00 del 30 giugno 2021, la mole di domande ha esaurito i 4 milioni di euro disponibili e il MiSE ha quindi decretato lo stop alle richieste di finanziamento".
Il fondo prevedeva un contributo a fondo perduto del 50% per la pre-produzione dei giochi. Non era quindi un finanziamento ai giochi già in sviluppo, bensì per realizzare dei prototipi.
Come bisogna interpretare un esaurimento così rapido? E cosa succederà ora alla misura? Ne abbiamo parlato con Luisa Bixio, vicepresidente di Italian Interactive Digital Entertainment Association (IIDEA), associazione di categoria dell'industria.
Eurogamer.it: La creazione di questo fondo è stata celebrata ma era chiaro da subito che 4 milioni di euro sarebbero stati pochi. Come IIDEA, lo avete fatto presente alle istituzioni coinvolte? Se sì, in che modo?
Luisa Bixio: Assolutamente sì, IIDEA aveva chiesto più fondi, però non mi sento di buttare via quanto fatto: per la prima volta abbiamo ottenuto qualcosa. Fra zero e 4 milioni c'è un mondo di differenza. È sufficiente? No, ma ci ha aperto una strada. Come IIDEA sono anni che proviamo ad aprire una porta con le istituzioni, portando gli esempi di Paesi come Francia e Germania. La risposta è sempre stata: "Non ci sono i fondi". Questa volta il MiSE ha aperto una porta. Loro per primi si erano accorti che i fondi non sarebbero stati sufficienti, ma era ciò che è stato possibile allocare. È stato un punto di partenza.
Avete stimato quale sarebbe stata una cifra più congrua?
Avevamo chiesto 10 milioni di euro, anche se è sempre difficile fare stime precise.
E ora? Verrà rifinanziato?
Non lo sappiamo. La risposta che noi abbiamo avuto dal MiSE è stata di quasi stupore nel vedere quanta reattività ci sia stata. Dopo di che, nemmeno loro lo possono sapere ora. Devono esserci le verifiche della parte burocratica. Il mio parere personalissimo è che sia stato un passo importante dal quale nasceranno dei presupposti.
Se vogliamo trovare una nota positiva, questa situazione ha dimostrato che, nonostante lo scarso supporto istituzionale in questi anni, i produttori di videogiochi italiani sono tanti, anche se perlopiù piccoli.
Anche dal censimento abbiamo visto che sono cresciute le imprese e il numero di persone che lavorano nei videogiochi. Il mercato si è sviluppato. È chiaro che siamo ancora giovani ma siamo un'industria che sta mostrando le sue potenzialità.
Resta il rammarico di cosa avrebbe potuto essere lo scenario italiano se la spinta dalle istituzioni fosse arrivata anni fa.
Questo abbiamo ottenuto. Io credo e spero che sia stata una prima apertura per farci crescere. Il tax credit sembra che sia in Commissione Europea. Non facciamo previsioni ma 2-3 anni fa in Commissione Europea non c'era arrivato. Secondo me, finalmente, anche i numeri del nostro mercato, 2 miliardi di euro di consumi nel 2020, danno le dimensioni delle sue potenzialità. Spero che servirà ad avere la giusta attenzione dalle istituzioni.
Dopo anni di inattività istituzionale, il primo fondo specifico per i videogiochi va esaurito subito. Questo potrebbe dare una scossa alle istituzioni?
Penso che questo fatto possa dimostrare alle istituzioni che c'è un'industria viva e che vale la pena supportare.
Un altro passo sarebbe far rientrare i videogiochi nel bonus Cultura. Ci arriveremo?
Noi dobbiamo lavorare su tutti i fronti. Innanzitutto rimboccandoci le maniche e poi, come IIDEA, continuando ad andare a bussare a tutte le porte. È un'industria che vende all'estero, paga le tasse in Italia e dà lavoro in Italia. È chiaro che c'è una strada da seguire.
Oltre al fondamentale supporto economico e fiscale, cos'altro serve per accelerare la percezione del videogioco?
Una persona su tre in Italia oggi gioca. A livello di percezione, il gioco, secondo me, è già visto in modo diverso. Credo che sia importante lavorare in comunicazione all'estero per mostrare cosa sia l'industria italiana, con iniziative come First Playable. E poi mettere in contatto gli editori internazionali e le aziende, puntare sulla formazione dei giovani.
Dobbiamo continuare a far vedere che noi abbiamo la capacità. Il gruppo Embracer ha acquisito tre aziende in Italia (Milestone, 34BigThings e DestinyBit, ndR): avere tre aziende che fanno parte di un gruppo internazionale significa avere tre aziende che ricevono sempre più formazione internazionale. Da qui possono esserci più spin-off e più attenzione dai publisher internazionale. Dobbiamo fare vedere che ci siamo e che le nostre produzioni valgono.
In questi giorni ci sono anche stati i saldi Steam specifici per i giochi italiani.
Sì, è stato bellissimo. È la visibilità che ci serve.
Le piattaforme di streaming come Netflix nei Paesi dell'Unione Europea sono obbligate a dare visibilità e a contribuire ai contenuti realizzati nei singoli Paesi; quindi, in Italia, avere una sezione per i film e le serie TV italiane, per esempio. Servirebbe una simile iniziativa per i videogiochi?
Sicuramente porterebbe a investire in Italia.