Brothers in Arms: Hell's Highway
In guerra, non si combatte mai da soli
Nella prima parte del 2005, il debutto di Brothers in Arms si è rivelato una vera e propria fucilata all'interno del genere degli sparatutto ambientati durante la Seconda Guerra Mondiale. Mettendo di fatto una visuale in prima persona al consolidato gameplay di coperture e nascondigli di Full Spectrum Warrior, la serie ha aiutato a spostare il genere verso una direzione più sottilmente strategica. All'interno di ogni livello si trovavano essenzialmente un tot di puzzle da risolvere: affrontando svariati gruppi di nemici rigorosamente in trincea, era compito del giocatore riuscire ad elaborare un piano di manovra per accerchiarli e stanarli con l'aiuto dei compagni alleati, in un esaltante misto di tattiche di affiancamento e imboscata. Correre in maniera troppo diretta verso il fronte nemico significava andare certamente incontro ad una morte sicura.
Questo approccio strategico si rivelava estremamente soddisfacente, ma, per ovvi motivi, rallentava in modo significativo il ritmo dell'azione rispetto ad altri shooter più cinematograficamente dinamici. Una scelta che però parallelamente serviva ad aumentare di molto la tensione, dando l'idea di una stremante guerra di logoramento piuttosto che di una inarrestabile carica alla Rambo. Rinunciando parzialmente agli aspetti più puramente tipici degli sparatutto si otteneva anche un migliore senso di unità di squadra, e Gearbox aveva saputo sfruttare la cosa mixando abilmente le prove che i vari personaggi erano costretti ad affrontare ed intrecciandole con un'affascinante ricostruzione storica del periodo.
Ovvio, non si trattava di un prodotto rigorosamente per tutti, e sì, nel corso dell'intera campagna il fattore ripetitività tendeva presto o tardi a fare la sua comparsa -soprattutto nel sequel, Earned in Blood, uscito soltanto a 7 mesi di distanza. Il fatto che siano stati necessari ben 3 anni per arrivare al terzo episodio della serie è definitivamente un merito a nostro avviso. Lasciando riposare per un po' il franchise (per scelta o per circostanze esterne, dipende dai punti di vista...) i Gearbox hanno avuto tutto il tempo necessario per rinvigorire il brand inserendo nuove idee, ricaricando parallelamente l'entusiasmo e il desiderio dei fan.
Sulla carta, è difficile lamentarsi delle nuove feature. La novità principale di Hell's Higway è senza dubbio il sistema di danni alle coperture. Non si tratta più solo di eliminare i nemici, ora vanno anche giocoforza sfruttate le debolezze strutturali dei loro ripari per ottenere il massimo e arrivare alla gloria. E se il vostro nemico è protetto da una barriera metallica, beh quella è sfiga, ma se invece gli avversari credono di essere al sicuro dietro un decrepito cancello di legno o ad una serie di sacchi di sabbia sarà compito vostro dimostrargli l'evidente erroneità della loro idea.
Aggiungendo un altro livello di strategia alla formula di gioco, cambiano per forza anche le dinamiche d'azione e di comportamento, riducendo di molto le manovre parallele di accerchiamento e la ripetitività del tutto. Senza contare il fatto che i ragazzi di Gearbox hanno deciso di popolare i campi di battaglia con svariati plotoni di nemici, costringendovi in maniera pressoché stabile all'inferiorità numerica e rendendo dunque imprescindibile la valutazione passo passo delle priorità. Generalmente dovrete per prima cosa individuare i punti deboli del fronte avversario, distruggere le loro coperture, sparare agli eventuali uomini in rotta, e solo allora, quando gli handicap saranno stati pareggiati, avrete l'opportunità di dedicarvi alle tattiche di affiancamento classiche della serie.
Inizialmente dare ordini sul campo di battaglia tramite joypad non è il massimo dell'intuitività, soprattutto con il sistema di controllo di default. Alcune cose possono ingannarvi e confondervi, come il fatto di dover mirare accuratamente con un click dell'analogico destro invece che di quello sinistro come sarebbe lecito attendersi. Eppure con un po' di persistenza risulta tutto sommato chiaro il perché delle scelte di Gearbox, data soprattutto l'enfasi assoluta nel cercare di rendere la gestione della squadra più immediata e diretta possibile. Se proprio il setup standard non fa per voi sono comunque disponibili altre 4 configurazioni sufficientemente differenti. Esattamente come per altri titoli militareschi di Ubisoft come Rainbow Six e GRAW, dare ordini ai compagni è un processo semplice ed intuitivo: si preme il grilletto sinistro per far apparire un indicatore circolare e lo si guida con l'analogico sinistro sopra un nemico per esprimere il comando d'attacco oppure fino ad un punto di copertura per far muovere gli uomini fino alla posizione desiderata. Le azioni sono spesso context sensitive, quindi se risulterà ad esempio possibile lanciare una granata apparirà una specifica icona per farlo. Alla stessa maniera, se state controllando una squadra dotata di bazooka, vedrete immediatamente se sarete o meno in grado di distruggere la copertura dietro cui si è trincerato il nemico e per dare l'ordine un click sarà più che sufficiente.
Qualora comunque vogliate cancellare il comando, basterà premere il grilletto destro. Ci vogliono un po'di pazienza e qualche missione di pratica, e spesso sulle prime battute farete degli errori sciocchi, ma una volta riviste le vostre abitudini di gioco vi troverete al cospetto di un sistema che funziona a dovere con il pad. E con svariate opzioni che vi permetteranno anche di selezionare specifici tipi di squadre o l'intero vostro plotone, il tutto risulterà flessibile senza diventare tuttavia troppo complicatamente involuto.
Nella sostanza, il gameplay rimane complessivamente inalterato. Si tratta ancora di allenarsi a posizionare gli uomini giusti nei posti giusti, tenendo sempre un occhio fisso agli indicatori che compaiono sopra le teste degli avversari: più l'icona diventa rossa e più essi saranno liberi di (contr)attaccare, più l'icona diventa blu e più avrete la possibilità di muovervi per il fronte, fino al tanto atteso via libera.