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Call of Duty: World at War

Si torna in guerra.

Dopo lo splendido Modern Warfare di un anno fa, Activision si ripropone adesso con un World at War che ci catapulta per l’ennesima volta nella Seconda Guerra Mondiale. C’è Treyarch alla regia e non Infinity Ward, che propone la classica storia parallela tra due personaggi, con possibilità di utilizzare le risorse e gli arsenali di un soldato americano degli anni quaranta, Miller, sfuggito dalla prigionia dei giapponesi poco prima dell'esecuzione, per poi passare nei panni pesanti del sovietico Petrenko, impegnato in quel di Stalingrado a fronteggiare l'offensiva tedesca...

Per cominciare, possiamo subito affermare di aver apprezzato maggiormente l'esperienza russa piuttosto che quella americana poiché quest’ultima risulta un po' troppo forzata e, a volte, fin troppo frammentata in diversi spezzoni e un tantino deludente per quanto riguarda il finale. Come è ovvio immaginare, la campagna in single player del gioco non offre colpi di scena particolari o sorprese esaltanti: stiamo pur sempre parlando dell'ennesimo titolo sulla WWII, per cui non aspettatevi un alto tasso di originalità in quanto a trama ed eventi.

In ogni sessione avremo a che fare con un titolo scriptato da cima a fondo, che non può (e non vuole, dopo tanti anni), offrire sorprese degne di nota. Se da un lato l'elemento innovazione è stato messo un po’ da parte, dall'altro possiamo ammirare lo sforzo di Treyarch di proporre qualcosa di nuovo nonostante il tema trattato sia decisamente poco “flessibile” in questo senso. Le novità sono da ricercarsi solo in parentesi quali il controllo di un aereo americano (in cui dovremo prendere possesso di una delle torrette e sparare a più non posso contro le navi nipponiche), oppure la “raccolta” di un gruppo di sopravvissuti di una flotta US, prima di un’esplosione letale..

A differenza degli altri FPS basati su un evento reale da raccontare, per chi non ama leggere i libri di storia, WaW è sicuramente meno ragionato e più votato all'azione, più frenetico e senza un attimo di riposo. E questo è decisamente un bene. Tredici in tutto i livelli, piuttosto curati dal punto di vista grafico, senza comunque andare oltre il livello raggiunto in Modern Warfare. L’interattività con l’ambiente di gioco è praticamente nulla e questo comincia a risultare decisamente frustrante alla fine del 2008.

Questa sequenza è notevole e per salvarvi la pelle, dovrete essere molto precisi maneggiando questa devastante torretta.

WaW, come i suoi predecessori, non permette di scostarsi più di tanto dal percorso predefinito pensato dai programmatori, con un feeling “esplorativo” pari allo zero e compagni di squadra che non procederanno nel loro cammino se prima noi non avremo disinnescato una bomba, fatto saltare in aria un edificio o ucciso un soldato nemico impegnato a scaricarci addosso tutta l'intera cartucciera da una torretta lontana.

Insomma, il senso di avere a che fare con delle marionette, a tratti, è presente ancora una volta ma forse, proprio adesso, si avverte più sensibilmente il peso degli anni, spingendoci a rivolgere lo sguardo verso qualcosa di meno “predefinito” come un Far Cry 2, per esempio. La sensazione generale, comunque, è che deviando un tantino dai binari, tutto vada “in crisi”, spingendoci spesso a rispettare il percorso “prestabilito", senza strafare (e quindi senza farsi crivellare).

WaW offre un buon numero di situazioni in cui comportarsi come genieri, piuttosto che come il solito Rambo, in cui dovrete posizionare o innescare bombe, piuttosto che smantellarle. A differenza delle fasi in cui è necessario sparare ad ogni soggetto mobile per sopravvivere, posizionare esplosivi richiede più meditazione e ragionamento e dovrete stare ben attenti a non essere uccisi prima di aver portato a termine il compito, poiché i checkpoint sono stati distribuiti con parsimonia (pure troppa), facendo quindi correre il serio rischio di ripetere all’infinito dei task spesso anche frustranti.