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Campione di videogiochi, a 12 anni - intervista

Eurogamer incontra Reynor e… famiglia!

Conosco Riccardo da ormai due anni e ancora di più conosco quella che è stata fino ad oggi la sua carriera di giocatore di StarCraft, da quando suo padre durante le qualificazioni ai WCG del 2013 al Lucca Comics, mi venne incontro presentandomi questo bimbo di 10 anni. Già allora dava filo da torcere a buona parte dei giocatori italiani, nonostante con le sue piccole mani a malapena riuscisse ad utilizzare mouse e tastiera.

Ho deciso di autoinvitarmi a casa sua e di coinvolgere in questo articolo anche due persone che sono state fondamentali per la crescita del piccolo Riccardo, i suoi genitori. Riccardo è una delle speranze dello sport elettronico in Italia, gioca a StarCraft, ed è riuscito negli ultimi mesi a farsi conoscere anche all'estero, perché alla sua età riuscire a farsi valere in uno dei titoli più complessi del panorama videoludico è veramente incredibile.

Massimo e Laura, genitori del nostro campione, non sapevano che sarebbero diventati anche loro protagonisti della giornata ma una volta salutati e spiegato loro perché avrei voluto coinvolgerli nell'intervista, accettano più che volentieri di condividere i loro pensieri.

Eurogamer:Ciao Massimo e Laura, presentatevi ai lettori di Eurogamer.

Massimo e Laura ci raccontano com'è essere genitori di un piccolo campione dei videogiochi.

Massimo: Ciao a tutti, mi chiamo Massimo e sono il padre di Riccardo. Ho 43 anni e sono un infermiere.

Laura: Ciao a tutti, sono Laura, la mamma di Riccardo, conosciuta ormai da tutti come "MammaReynor". Anch'io lavoro in ambito medico.

Eurogamer: Cosa si prova ad essere i genitori di una delle grandi speranze dell'eSport italiano?

Massimo: Credo ancora di non aver ben realizzato la cosa. Vedo Riccardo contento e sono soddisfatto di come riesca a far convivere passioni, scuola ed hobby. Credo sia ancora presto per parlare di progaming, preferiamo vivere questa esperienza giorno dopo giorno.

Laura: Sono molto orgogliosa. Per noi rimane il nostro piccolo e non riusciamo a vederlo come una stella. Si sta impegnando tantissimo, si diverte ed è evidente che è una sua passione. Non posso far altro che sostenerlo.

Eurogamer: Siete tornati da poco da Stoccolma e nonostante non fosse la vostra prima esperienza ad un Dreamhack, mi avete fatto intuire che vi ha lasciato emozioni speciali...

Massimo: È stata un'esperienza unica. L'Ericsson Globe, la location dove si tiene il torneo, è enorme. L'evento principale era centrato sui titoli Blizzard ma alla LAN libera era possibile vedere ogni genere di videogioco. C'erano persone di tutte le età, anziani, mamme con i bambini, e questo mi ha veramente colpito.

Laura: Tutti i Dreamhack a cui ho partecipato erano organizzati benissimo ma quello di Stoccolma m'è sembrato il migliore. Durante la finale del torneo di StarCraft c'era un'atmosfera incredibile che non ho trovato in nessun altra nazione.

Reynor mentre gioca. Molto importante è stato il sostegno dei genitori, per i quali anche i videogiochi sono da considerarsi come sport.

Eurogamer: Spesso il rapporto tra figli e genitori riguardo ai videogiochi è contrastante. Per voi sembra essere quasi l'opposto, è giusta questa interpretazione?

Massimo: Reputo i videogiochi non diversi da un altro sport. È uno sport sedentario, come gli scacchi, ed è naturale che debba essere accompagnato anche da un'attività fisica. È necessaria una regolamentazione, è l'eccesso che non va bene. Riccardo è piccolo ma riesce a gestirsi e noi siamo sempre pronti a riprenderlo.

Laura: Riccardo ha delle regole ma sia io che Massimo abbiamo molta fiducia in lui. Passa molte ore al computer ma non ci ha mai dato alcuna preoccupazione. Quando gli diciamo "basta" capisce che lo facciamo per il suo bene. In passato non ha mai avuto così tanta costanza, è la sua passione e vogliamo sostenerlo.

Eurogamer: StarCraft è uno dei giochi più complessi in circolazione e Riccardo, per avere 12 anni, sta sorprendendo tutti. Quali sono i suoi punti di forza?

Massimo: A 8 anni scegliere un gioco come StarCraft, mettersi ad imparare e poi competere con altre persone... mi vergogno a dirlo, ma credo ci sia una sorta di predestinazione. Non si distrae, gioca anche ad altri giochi ma se vede che gli richiedono troppo tempo disinstalla e torna su StarCraft.

Laura: Certamente la determinazione e poi l'intelligenza nel disinteressarsi a tutte le critiche che ci sono state in questi anni. Sta andando avanti per la sua strada, chiedendo consigli ai più forti e cercando di migliorarsi.

Eurogamer: Un ultima domanda: che Riccardo riesca o meno a centrare i suoi obiettivi, cosa vi rimarrà di questi anni vissuti a stretto contatto con il mondo del progaming?

Massimo: Riccardo è maturato ed anche la sua capacità di apprendimento è migliorata. Lo vedo nello studio, nell'imparare le lingue e tante altre cose. Anche a noi rimarrà molto: abbiamo conosciuto tante nuove persone, creato rapporti di amicizia ed io mi sono sempre trovato benissimo con tutti.

Laura: Mi diverto tantissimo quando andiamo in giro. Riccardo sta imparando l'Inglese divertendosi e molto velocemente. Ha dovuto in tanti casi cavarsela da solo, e se anche in tanti ci giudicano male per le scelte che facciamo, siamo sicuri che certe esperienze gli rimarranno e gli saranno d'aiuto per tutta la vita.

È ora il momento di passare al protagonista di questa intervista, il piccolo Riccardo. Andiamo in camera sua, dice di essersi preparato a qualunque tipo di domanda e iniziamo...

Reynor posa insieme al suo team, i mYinsanity.

Eurogamer: Ciao Riccardo, presentati.

Riccardo: Ciao a tutti, mi chiamo Riccardo Romiti e ho 12 anni. Vado in seconda media e ho un fratello ed una sorella. Mi piace tantissimo giocare a StarCraft, e da poco ho iniziato Karate!

Eurogamer: Come hai conosciuto StarCraft?

Riccardo: Tramite un amico di mio padre che ci giocava già. Dovevo scegliere un regalo e decisi proprio di prendere StarCraft. Babbo cercò di farmi desistere dicendo che era troppo difficile ma riuscii a raggiungere l'obiettivo.

Eurogamer: E come ti ci sei appassionato?

Riccardo: Inizialmente grazie al single player: il genere di gioco ed i personaggi mi piacevano tantissimo. Finita la campagna iniziai col multiplayer, senza aver ancora deciso la mia razza (su StarCraft si può scegliere tra 3 fazioni estremamente differenti tra loro). Sono stato un anno e mezzo a brancolare, poi mi sono appassionato agli Zerg (una delle tre fazioni) e mi sono sbloccato.

Eurogamer: Cos'è che ti ha fatto fare il "grande" salto?

Riccardo: Evaner (Giovanni Finizio), il mio maestro. Iniziò a darmi consigli su come migliorare, diceva sempre che ero bravino ma che non capivo niente del gioco. Giocare con lui era tutta un'altra cosa rispetto al giocare da solo. Passavamo le giornate insieme (su Skype), condividevamo le nostre partire, gli errori e le strategie.

Eurogamer: Sei da poco tornato da Stoccolma, il tuo quarto Dreamhack. Che esperienza è stata?

Riccardo: È stato il più bello. Anche a Valencia è stato bello ma c'erano stati alcuni problemi, specialmente con la connessione. In Svezia invece è stato tutto perfetto, anche l'organizzazione, e giocare all'Ericsson Globe è stato veramente bello.

Alessandro Vasarri mostra le sue doti da caster commentando un incontro di Reynor.Guarda su YouTube

Eurogamer: Come ti prepari prima di affrontare una partita decisiva?

Riccardo: Sinceramente non ci penso molto, improvviso. In molti dicono che è un mio difetto ma d'altra parte credo sia meglio così che stare a progettare tutto e poi, quando qualcosa non va come avevi pensato, ritrovarsi nel pallone!

Eurogamer: Abbiamo parlato del Dreamhack ma tu hai girato tanti eventi in questi ultimi due anni: che differenze hai notato tra i tornei in Italia e quelli all'estero?

Riccardo: Quello che facciamo in Italia non è paragonabile con quello che accade all'estero. La mentalità che si trova fuori è completamente diversa. Ormai mi sento adottato un po' più dalla community internazionale che da quella italiana.

Eurogamer: A proposito di appartenenza, tu fai parte di uno dei team europei più forti e più conosciuti, i mYinsanity. Come ti trovi con loro?

Riccardo: Sono tutti bravi ragazzi. Ci supportiamo a vicenda. Parliamo, non solo del gioco, e questo serve a fare gruppo tra di noi. Mi trovo benissimo con tutti e ho legato tantissimo con Sacsri (coreano da poco trasferitosi in Svizzera), che è venuto anche a trovarmi a casa.

Eurogamer: Se qualcuno ti chiedesse consigli per iniziare a giocare a StarCraft, cosa gli risponderesti?

Come ho fatto io, direi d'iniziare dalla campagna. Poi, una volta passati al multiplayer, non ci si deve abbattere. All'inizio è normale avere difficoltà e incappare in serie interminabili di sconfitte, è accaduto anche a me.

Reynor mentre gioca: la concentrazione non gli manca!

Eurogamer: Invece per un professionista quali sono i momenti più difficili da superare?

Riccardo: Quando si arriva a perdere 7-8 partite di fila è davvero frustrante, meglio smettere e aspettare il giorno dopo prima di ricominciare a giocare. Il problema è che m'intestardisco e, convinto di vincere quella successiva, mi ritrovo a perderne tantissime.

Eurogamer: In questi anni un po' di critiche le hai ricevute: "è troppo giovane", "deve pensare alla scuola" e via dicendo. Cosa ne pensi?

Riccardo: Non mi danno fastidio le critiche, preferisco non pensarci. Però mi fanno arrabbiare le persone che criticano i miei genitori, perché non sanno come mi gestiscono. Spesso le persone parlano senza sapere le cose.

Eurogamer: Bene Riccardo, un ultima domanda: arrivato dove sei adesso (tra i migliori 200 in Europa), quali altri obiettivi di poni?

Riccardo: Vorrei riuscire entro poco a piazzarmi tra i primi 50 in Europa. Questo è il mio primo obiettivo, poi sto pensando di vincere un Dreamhack (lo guardo male, ma non vuole cambiare risposta)!

Eurogamer: È il momento dei saluti, hai qualcuno in mente?

Riccardo: Tu, che sei venuto anche ad intervistarmi, i lettori di Eurogamer, tutti i mYinsanity, Evaner che mi ha aiutato molto e la community italiana, che non manca mai di farmi sentire il suo supporto!

L'intervista finisce qui. Riccardo torna subito a giocare le sue ultime partite di allenamento, sono le dieci di sera e la mattina dopo ha scuola. Massimo gli chiede come è andata e sorride nel vedere l'entusiasmo del suo piccolo campione soddisfatto delle risposte che mi ha dato. Laura intanto ha preparato il caffè ed è il momento delle ultime parole prima dei saluti.

In bocca al lupo, piccolo Reynor!