Child of Eden
La nuova "visione" di Mizuguchi.
Child of Eden è figlio di Rez, su questo ci sono pochi dubbi. A distanza di anni Tetsuya Mizuguchi ci fornisce la sua nuova definizione di synaesthesia, che assomiglia solo in parte a quella vecchia, ma ha comunque un sapore "familiare".
La discendenza da Rez è evidente in moltissimi elementi, dal reticolato con cui si mirano i bersagli al balenante, ondeggiante, lucente e pulsante mondo che si muove intorno a noi. In un certo senso anche la storia potrebbe essere accostata a quella di Rez, con l'unica variante che questa volta ci troviamo all'interno della rete delle reti, con lo scopo di "purificare" cinque livelli/archivi dai virus che li infestano.
Anche in questo caso, poi, c'è una donna al centro di tutto. L'unica cosa che sappiamo di lei è che si chiama Limi e che, presumibilmente, dovremo arrivare a liberarla.
Tra tante similitudini però, una cosa fondamentale è cambiata: il protagonista! Non più un ammasso di figure geometriche mutanti dalla vaga forma umanoide ma voi stessi, davanti allo schermo, e le vostre mani saranno le vostre armi.
Child of Eden sta a Rez come uno shooter in terza persona sta ad uno in soggettiva. Risulta più che evidente lo scopo di Mizuguchi per questa sua ennesima visione: immergere il giocatore nel suo nuovo mondo facendolo al tempo stesso sentire a casa.
Va detto, per fare chiarezza, che Child of Eden non dovrà forzatamente essere giocato tramite Kinect e PlayStation Move. Si potranno usare anche i normali pad PS3 e 360, ma è tramite la nuova periferica Microsoft (ancora di più rispetto a quella Sony) che il "gioco" prende la sua forma migliore.
La cosa è stata particolarmente evidente quando lo stesso Mizuguchi, durante la conferenza Ubisoft, ha mostrato al mondo Child of Eden muovendo semplicemente le sue mani, come se si trovasse realmente a nuotare in un mare digitale infestato da virus.
Mizuguchi ha fatto capire, forse più di chiunque altro, quanto Kinect possa sostituirsi ai controller tradizionali, quanto il corpo dei giocatori possa diventarlo. Giocare a Child of Eden significa far parte dello show, essere la star dello spettacolo. Anche il processo di calibrazione della telecamera è un gioco nel gioco, con il corpo del giocatore ricreato tramite una miriade di lucciole. Q Entertainment ha fatto (di nuovo) centro.
Lontani dai flash della presentazione ufficiale, abbiamo avuto modo di provare Child of Eden con più calma. Era una demo, ambientata in uno degli archivi del gioco, nella quale siamo stati messi di fronte a stormi di cluster luminosi e sciami di schegge arancioni che ci venivano contro. Un mostruoso girasole con i petali fatti di fibre ottiche faceva da introduzione al boss di quel livello, davvero difficile da descrivere. Immaginate una palla a specchi simile a quelle delle discoteche anni '70 posta sopra due microfoni da karaoke. Folle, delirante, ma spettacolare.