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Civilization V

La sindrome del turno colpisce ancora.

Addentrati nel gioco vero e proprio non può però non balzare subito all'occhio la prima grande novità che peraltro avevamo già introdotto in sede di anteprima ovvero la modifica del terreno di gioco: abbandonata la classica struttura a quadretti è stata introdotta una mappa costruita su esagoni, con tutte le conseguenze che due lati in più portano a cascata.

E' infatti considerevole il numero di variabili che aumentano al modificare della struttura spaziale e, soprattutto nelle fasi più avanzate del gioco, sarà necessario dar fondo a tutta la sapienza strategica a vostra disposizione per avere la meglio sulle civiltà avversarie, riuscendo nel contempo a tenere sott'occhio lo sviluppo del vostro impero.

E' sempre sul terreno di gioco che è stato poi apportato il secondo, enorme, cambiamento, ovvero l'impossibilità di impilare numeri infinità su un'unica casella, cosa che porta in grembo due aspetti particolarmente importanti: da un lato la strategia "ammucchia che ti passa" non ha più ragion d'essere, rendendo ogni unità particolarmente preziosa; dall'altro la disposizione stessa delle vostre truppe risulta vitale, richiedendo così dettami strategici degni di Sun Tzu.

Quanti piccoli soldatin, tutti belli, armatin...

Detto en passant, ecco l'esempio di come un piccolo cambiamento possa portare a stravolgimenti epocali senza turbare l'accessibilità e lo stile di un titolo: da manuale del perfetto game designer.

Tolti queste due rivoluzioni copernicane ci sono comunque altre aggiunte di carattere minore volte a migliorare il bilanciamento del gioco come ad esempio l'introduzione delle città stato, ovvero delle mini civiltà che come la parola stessa suggerisce, sono rappresentate da un'unica città.

L'atteggiamento che il giocatore può adottare nei loro confronti può essere duplice, sia di alleanza, guadagnando così con l'occasione ingenti bonus commerciali, oppure di indifferenza, con l'intenzione di raderle al suolo alla prima occasione possibile.

Anche il concetto di felicità è stato modificato, con lo spostamento verso una globalizzazione del parametro: non più la felicità di ogni singola città, ma un benessere dell'impero, influenzato da parametri come crescita demografica o edifici di svago e cultura presenti nei vostri possedimenti.

Vista la penuria di truppe, la loro corretta disposizione risulta vitale.

Altro aspetto particolarmente rilevante che sposta sempre più concettualmente il peso della serie verso un gameplay più ragionato è la maggiore attenzione riposta nei confronti della diplomazia, possibile chiave di volta per ottenere degli inaspettati surplus: sarà possibile ad esempio stringere patti bellici, accordi di non proliferazione nelle proprie vicinanze oppure semplice amicizie commerciali, ognuno ovviamente avente la sua diversa evoluzione nell'economia di una singola partita.

La natura di Civ rimane prettamente bellica e la diplomazia si rivela forse più di facciata che di reale impatto, ma l'aumento delle frecce al proprio arco, soprattutto se ottenuto nella maniera intuitiva di quest'ultimo Civ, non può che essere positivo.

Infine anche le condizioni di vittoria sono mutate: la vittoria militare non richiederà per esempio di conquistare completamente tutte le civiltà presenti sullo scenario, ma solamente la capitale originaria di ognuna di queste, rendendo il compito allo stesso tempo più semplice o più difficile a seconda di come procede l'andamento della partita. Sempre presenti poi la vittoria tecnologica o la vittoria politica con la creazione dell'Utopia.