Così funziona il PEGI
Pregi e difetti del sistema europeo di classificazione.
Ogni volta che l'accesso a un'opera creativa viene regolamentata, le polemiche sono inevitabili. E, quasi sempre, le controversie nascono perché qualsiasi sistema di classificazione sembra inefficace nel tenere lontano dai più giovani il materiale inadatto alle loro menti.
Le recenti polemiche che si sono abbattute su We Dare, la piccante collezione di mini-giochi a cura di Ubisoft, sono un buon esempio di ciò che succede quando non si riesce a collegare il contenuto al contesto.
Il PEGI ha classificato questo gioco come adatto agli over 12 perché non c'era niente nel gioco in sé, stando alle linee guida, da fargli meritare una categoria più alta. A quanto pare, le allusioni sessuali di We Dare erano esplicitate più nella pubblicità che in quanto avveniva sui monitor.
Tuttavia negli ultimi anni la tendenza è stata diametralmente opposta al caso We Dare, con titoli relativamente innocui posizionati, senza apparente motivo, nella categoria "dai16 anni in su".
Io non ho ancora un figlio, quindi il problema non si pone, ma quando mi capita di andare a casa di qualche amico che è più avanti nella tappe della vita, quasi sempre c'è un bambino con il pad in mano che a malapena ti saluta quando entri, e magari sta giocando a qualcosa con un rating superiore alla sua età.
Eppure, parlandone con i genitori, capita spesso di sentirli dire "Ho visto a cosa gioca, non mi sembra gi faccia così male, io e te guardavamo roba peggiore e non siamo diventati degli psicopatici, no?". E in effetti, se escludiamo la collezione di liceali che ho nel frigo, il discorso torna.
Prendiamo ad esempio Castel Crasher, delizioso picchiaduro della Behemot che mescola il gameplay di Final Fight con un elementi moderni e vagamente ruolistici. Nel gioco sono presenti qualche schizzo di sangue e alcune scenette umoristiche di bassa lega, ma dopo averlo giocato dall'inizio fino alla fine, è difficile capire come mai sia stato giudicato adatto solo agli over 16.
Francamente, sembra una decisione un po' ridicola, e l'unica spiegazione fornita in merito dal PEGI è che questo gioco, dal look cartoonesco e stilizzato, contiene "scene di violenza realistica".
Questa scelta si pone in netto contrasto con Naughty Bear, classificato come adatto ai dodicenni anche se è un gioco sadico e violento, che perfino i PR definiscono "non adatto ai bambini". A detta del PEGI, anche Naughty Bear contiene "scene di violenza realistica" ma, essendo coinvolti "personaggi non umani", il discorso cambia.
"Se le azioni di Naughty Bear avessero come bersaglio degli umani ci troveremmo di fronte a Manhunt 2..."
Tenete conto che, se le stesse azioni di questo titolo avessero come bersaglio degli umani, ci troveremmo di fronte a Manhunt 2, ma chissà come mai se spingi un orsacchiotto al suicidio va tutto bene, è solo un gioco per bambini. Qualcosa in questo meccanismo decisamente non funziona.
Gli esempi che potrei citarvi sono veramente tanti, e tutti porterebbero alla stessa conclusione: il PEGI probabilmente fatica a gestire l'intervallo che va tra i 12 e i 16 anni. Prendiamo Iron Man 2 e Prince of Persia - le Sabbie Dimenticate: sono classificati per i sedicenni su 360 e PS3, ma sono adatti anche agli over 12 nella loro versione Wii, anche se i giochi sono praticamente identici.
Spiderman: Shattered Dimensions e Star Wars: Il potere della Forza sono classificati per gli over 16, la stessa categoria in cui è possibile trovare giochi adulti come Metro 2033 e Crysis 2, anche se non ne condividono il linguaggio, i riferimenti sessuali e la violenza.
Facendo un paragone trasversale, Batman: Arkham Asylum era vietato agli under 16, anche se le sue dure scene di lotta non erano neppure paragonabili a "Il Cavaliere Oscuro", giudicato adatto ai dodicenni sebbene preveda un simpatico trucchetto che finisce con una penna infilata in un occhio, guance sfregiate con un rasoio, un uomo con una bomba cucita dentro la pancia e la faccia orribilmente sfigurata di Harvey Dent.
Se fossi il curatore di un sito di videogiochi per ragazzi, come i nostri colleghi anglosassoni di Megaton, mi sembrerebbe assurdo non poter parlare di un gioco su l'Uomo Ragno o Star Wars. Soprattutto perché conosco i giochi in questione e so di cosa parlano, mentre un genitore ignaro del contenuto decide i suoi acquisti basandosi quasi esclusivamente sul bollino stampato sulla confezione.
Per vederci più chiaro, Eurogamer ha deciso di contattare il PEGI per capire esattamente come vengono determinate queste classificazioni e quali sono i criteri che vengono utilizzati in fase decisionale. Ne è uscita fuori una chiacchierata interessante i cui risultati trovate qui di seguito.
La procedura prevedere che il distributore sottoponga i propri giochi, insieme ad un modulo in cui vengono descritti dettagliatamente i contenuti che potrebbero influenzare la collocazione del titolo. Nel modulo ci sono 50 categorie che coprono ogni possibile tipo di violenza, volgarità o contenuto sessuale, divisi in base alle fasce d'età.
Ad esempio, "Scene di violenza buffa e collocata in un cartone animato, commedia, o ambiente per bambini" renderà il gioco adatto ai bambini dai 3 anni in su. "Scene di mutilazione o tortura su uomini o animali" ovviamente lo renderà disponibile solo per i maggiorenni.