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Dan Hernandez e l'arte e il retrogaming - intervista

Videogiochi e pittura rinascimentale.

Quando si affiancano i videogiochi e l'arte, in linea di massima si va a finire nel consueto dibattito: "i videogiochi possono essere arte"? Per qualcuno però il dubbio non esiste proprio, perché l'approccio alla faccenda è tale da cancellare qualsiasi indecisione: il videogioco diventa arte nel momento in cui viene utilizzato come spunto concreto per, appunto, creazioni artistiche.

Il personaggio in questione è Dan Hernandez, professore di Arte all'università di Toledo, Ohio, USA. La sua idea è semplice quanto sorprendente: sposare l'arte rinascimentale religiosa e cristiana con l'estetica di celebri videogiochi, per lo più quelli che hanno calcato la scena dei tardi anni '80 sotto la bandiera del Sega Genesis.

Se volete rileggere quanto sopra per essere sicuri di aver capito bene, fate pure...

Distruction of atega: troppo facile dedurre l'ispirazione...

Per quanto ci si possa strabiliare di fronte a un accostamento del genere, il discorso dell'artista americano è tutt'altro che campato in aria. È sufficiente leggere l'"artist statement" del suo sito per rendersene conto.

Genesi, dizionari latini e greci alla mano, significa "nascita"; Genesi è anche il primo libro della Torah (testo sacro ebraico) e della Bibbia cristiana. Questi testi sono anche straordinari macchine narrative legate a temi sovrannaturali e mitologici. E che cos'è la collezione di videogiochi di una delle console più famose in assoluto se non una grande collezione di storie sovrannaturali e mitologiche (oltre che divertenti, ovviamente) ?

Dan Hernandez parte da qui, da questo parallelo, per creare la sua arte. È conscio della natura fantasiosa, magari anche un po' scorretta politicamente, del parallelo ma d'altronde lui non è né uno scienziato né uno storico. Dan è un artista e il suo lavoro, come tale, è il campo dell'invenzione, dell'ipotetico.

Eurogamer.it ha scambiato due chiacchere con Dan e quanto segue ne è il risultato.

Ciao Dan, partiamo dalla Genesi, ma dalla tua: da dove nasce la tua vena artistica? Facci un breve excursus di come sei diventato un artista.

Beh, diciamo subito che della mia compagnia di quando ero ragazzo ero decisamente il meno indicato per diventare un artista. Mi piaceva disegnare ma non sono mai stato bravo, anzi ero un vero e proprio disastro! Non é granché come punto di partenza ma dalla mia avevo un'ottima immaginazione.

Mi sono trasferito insieme a mia madre a Kansas City nel periodo delle scuole superiori ed è lì che è nato il mio interesse per l'arte. Studiavo qualsiasi cosa di correlato all'arte (dalla fotografia alla pittura) e alla fine delle superiori sapevo che il mio destino sarebbe stato in quella materia.

All'università mi sono concentrato sulla fotografia ma la pittura era un corso obbligatorio... e per fortuna! Mi sono letteralmente innamorato della pittura, anzi, prima mi sono innamorato della mia futura moglie (che ho incontrato proprio durante un corso di pittura) e poi, beh, anche della pittura! Non ho più toccato una macchina fotografica. Era il 1997.

Che ruolo hanno avuto i videogiochi nella tua vita? La tua data di nascita è abbastanza "sospetta", sei nato con loro praticamente...

Ero un giocatore piuttosto accanito ma ai tempi questo non si traduceva in moltissime ore di gioco. Frequentavo una sala-giochi ma il tempo era ovviamente limitato dal numero di monete che riuscivo a raggranellare. Poi a casa, come molti, mi divertivo con mio fratello con NES e Atari e, ovviamente, col Sega Genesis. Ma ai tempi le cose erano molto diverse e il dover ricominciare sempre da capo limitava molto il mio interesse per un gioco.

Dan Handerson inizia così, prendendo ispirazione dall'Annunciazione di Leonardo...

La religione, invece, quanto è stata importante? Da fervente credente a totalmente laico dove ti posizioni?

Mio nonno era un pastore (ministro di culto, ndR) metodista e la mia famiglia era abbastanza religiosa. Io, personalmente, andavo a periodi ma comunque alla fine, per desiderio o per "costrizione familiare", ho frequentato molto la chiesa. Fino all'università, dopo basta e non ne sento la mancanza.

Ad ogni modo credo che tutto il tempo passato in chiesa mi sia servito. Innanzitutto perché mi sento libero di utilizzarne l'iconografia, e poi perché da lì probabilmente proviene il mio interesse per la pittura. Bisogna considerare che molto del lavoro dei grandi pittori del passato è stato svolto proprio per la chiesa, quindi la pittura deve molto alla religione.

Comunque a me non interessano i contenuti delle storie, quanto invece le meccaniche, il modo di comunicare, il linguaggio visivo che viene utilizzato.

Da dove nasce l'idea di accostare questi due "generi" così lontani tra loro? Qual è stata la scintilla?

Sono stato in visita agli Uffizi a Firenze molte volte. In una di queste visite, di fronte all'Annunciazione di Leonardo, sono stato letteralmente folgorato dall'idea: il formato dell'opera mi ricordava Street Fighter 2. Sono tornato di corsa nel mio studio e ho iniziato a lavorarci.

Era il 2003. Da allora ho continuato a produrre tele che avvicinassero questi due ambiti così diversi tra loro.

Aviatari è un ottimo esempio dell'arte di Dan Hernandez.

L'Ohio e la California sono lontani dalla Bible Belt (la zona degli USA a maggior concentrazione di religiosi praticanti, ndR) ma gli USA rimangono comunque un paese in cui la religione ha un peso fondamentale. Sei mai stato accusato di essere dissacrante?

A dirti la verità nessuno mi ha mai lanciato un'accusa del genere! Sono sicuro che ci siano molte persone, soprattutto negli USA, che si sentirebbero offese dal mio lavoro, ma non le ho mai incontrate. Tutti quelli che vedono i miei lavori comprendono la natura giocosa della mia arte.

Ci puoi descrivere il tuo processo creativo? Come nasce un'idea per una delle tue creazioni? Quali sono gli stage che attraversi?

Si parte dalle connessioni nel linguaggio visivo; ricerco le comunanze in questo campo tra i videogiochi e l'arte rinascimentale cristiana e ne estraggo i temi che poi sviluppo nella tela: poteri magici, devozioni, piani di esistenza paralleli, violenza. Ve ne sono molte di più di quanto si possa immaginare.

Invece a livello pratico come passi dall'idea alla realizzazione? Ci racconti come si passa dal digitale al fisico nelle tue creazioni?

Il lavoro inizia con Photoshop con il quale mescolo immagini che vanno dai videogiochi all'arte rinascimentale e ai cartoni animati, passando per l'arte popolare contemporanea. Si tratta, in questa fase, di una sorta di collage molto complesso. Una volta completata l'immagine la stampo e la trasferisco su una tela. Il processo di trasferimento avviene con difficoltà e devo quindi completarlo con pittura a mano; quest'ultimo passaggio è fondamentale perché, oltre a risolvere il problema del trasferimento tra i due medium, dona all'opera molta più forza e vivacità. Oltre a questo, anche concettualmente, creare un ponte tra digitale e manuale è esattamente quello che mi propongo di fare.

Ciò che stupisce di più nelle tele di Dan Handerson è come i due mondi, l'iconografia rinascimentale religiosa e i videogiochi, si sposino in maniera naturale.

Quali sono le reazioni di chi viene a vedere i tuoi dipinti? Qualche episodio curioso?

Un giorno una signora mi disse che i miei quadri la mettevano a disagio per via della violenza. Le risposi che si trattava di violenza "giocosa" ma la cosa mi fece pensare. Come esseri umani siamo allo stesso tempo attratti e respinti dalla violenza. Uno dei primi giochi dei bambini è proprio quello della violenza simulata e anche noi, come adulti, cerchiamo spesso intrattenimento basato sulla violenza. Anche questo è uno spunto interessante per la mia arte: sposare il metodo con cui la violenza veniva rappresentata nel Rinascimento con quello con cui viene interpretata nei videogiochi.

Cosa pensi dei videogiochi moderni? Ci intravedi delle potenziali ispirazioni per il tuo lavoro?

A dirti la verità mi sento molto più "connesso" ai titoli del passato, ai coin-op di cui erano piene le sale giochi. La mia ispirazione artistica, ma anche la mia passione per i videogiochi, si concentrano su quel periodo.

Cosa ne pensi del dibattito "i videogiochi possono essere arte"?

Onestamente credo che a questa domanda gli eventi contemporanei stiano già rispondendo. I videogiochi sono già ampiamente considerati arte, in tutti i loro aspetti. La musica per esempio; ho recentemente presenziato a un evento presso il Toledo Museum of Art in cui la musica dei videogiochi era il protagonista principale dell'esposizione. Insomma finalmente i videogiochi acquisiscono i crediti che si meritano.

In Christian World, Dan Hernandez trasforma l'arte in un platform game.

Domanda classica a cui non puoi sfuggire: console (o PC) preferita? Genere preferito? Videogioco preferito?

Il NES è sicuramente il mio preferito. Lo so, sono un nostalgico, ma amo la sua semplicità e su quella console sono nati dei capolavori che sono poi diventati le serie più famose nel mondo dei videogiochi. Il mio genere preferito è quello dei beat'em up. Adoro Double Dragon e il suo gameplay a base di orde infinite di nemici da massacrare. Il mio videogioco preferito, invece, è abbastanza semplice da scegliere, Super Mario Brothers. Ha segnato la mia infanzia e tuttora ci gioco con i miei figli e lo utilizzo anche molto nei miei dipinti.

Quali sono i tuoi progetti a oggi? Puoi parlarcene?

Certo, non ho segreti! Al momento sto proprio lavorando su Double Dragon! Vorrei ibridarlo con un dipinto di Botticelli, la Mappa dell'Inferno. Sono molto soddisfatto di come sta venendo, presto potrete vederlo.

A quando una mostra in Italia Dan?

Adoro l'Italia, ci ho vissuto per un breve periodo (quando ho visitato gli Uffizi) e mi piacerebbe tornarci. Sarebbe anche perfetto per lo stile e l'ispirazione dei miei quadri che deve moltissimo al vostro paese. Sfortunatamente il mio italiano è pessimo e non ho ancora ricevuto inviti da gallerie d'arte italiane. Anzi, se ne conoscete qualcuna potenzialmente interessata sarei felicissimo di venirvi a trovare!

Avatar di Davide Pessach
Davide Pessach: Studia, scrive, videogioca da tanto, tanto tempo. Quando si annoia rimescola le carte e sposta le priorità, ma i tre ingredienti principali rimangono quelli . Obiettivi? Solo due: curiosità e divertimento.
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