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Day of the Tentacle

Prove generali di conquista del mondo.

La nascita di Day of The Tentacle è il singolare risultato di un destino che si intreccia a doppio filo con la mia storia personale e con la storia della LucasArts: seguito di quel Maniac Mansion riconosciuto dai più come uno dei fondatori delle avventure grafiche come le concepiamo oggi, questa primizia della casa californiana vide infatti la luce esattamente nel periodo in cui iniziavo ad affacciarmi con una certa serietà nel mondo dei videogame e, più precisamente, nell'universo delle avventure grafiche.

Trovarsi davanti quindi due tentacoli parlanti, un nerd, un inventore svitato e un'intera compagnia di personaggi partoriti più dalla mente di un pazzo che dalla venerabile massa grigia di qualche anonimo sviluppatore, fu qualcosa che seppe calamitarmi più del miele con gli orsi e che di contro segnò in maniera indelebile il mio spirito critico fino al giorno d'oggi.

Lo scopo infatti per il quale DOTT venne creato è semplice quanto disarmante, soprattutto se paragonato alle direttive che vengono impartite correntemente agli studi di produzione: divertire, senza se, senza ma o senza cercare ad ogni costo la lettura critica e il significato divino che possa sottostare alle meccaniche veicolate.

Nonostante la facilità complessiva di DOTT alcuni enigmi sapranno darvi del filo da torcere.

Qui si gioca, si ride e si scherza, il tutto sulla falsariga degli spettacoli comici di Benny Hill o del più recente Mr. Bean e, nel fare questo, si strizza l'occhio al giocatore, felice spettatore di una catena apparentemente interminabile di sketch e non inutile marionetta da intrattenere suo malgrado il più a lungo possibile. La stessa storia che dà vita alle vicende dei protagonisti è pertanto specchio diretto di questa mentalità goliardica, allo stesso tempo così ricca ma così “leggera”: a seguito di una richiesta d'aiuto da parte di Tentacolo Verde, spaventato per le mire di dominio globale del suo socio violaceo, tre ragazzi si recano alla magione del dr. Fred Edison nel tentativo di salvare capra e cavoli.

I tre fortunati si rivelano essere Bernard, già conosciuto in Maniac Mansion e di professione nerd, Laverne, una ‘affascinante’studentessa di biologia e Hoagie, l'incarnazione più vera della passione per il metal di Schafer. Sistemare la situazione si rivelerà però presto ben più complicato del previsto, in quanto a causa di un esperimento andato male, i nostri protagonisti si troveranno teletrasportati in tre epoche distinte (passato, presente e futuro), dove dovranno dar fondo al loro genio per riuscire a salvare il mondo e contemporaneamente tornare a casa, cosa che come ben sappiamo non fa mai male.

Potrete giocare all'originale Maniac Mansion utilizzando il terminale di Bernard all'interno del gioco.

A dispetto però dell'aria frizzantina da ultimo giorno di scuola che trasuda in maniera chiara da ogni più piccolo elemento, il grande merito del seguito di Maniac Mansion va ricercato sorprendentemente anche nella sua capacità di saper innovare e dare nuova linfa ad un gameplay che, a causa/merito del suo fratello piratesco Monkey Island, si stava indirizzando verso una direzione ben precisa.

Nonostante infatti possiate rischiare di bollarlo come giochino per bambini a causa di una resa grafica fumettosa, proseguendo nel gioco scoprirete ben presto che gli enigmi temporali, dove ad esempio dovrete passarvi degli oggetti fra un personaggio ad un altro, sono solo uno dei tanti punti di forza di un lavoro di studio a monte e di una competenza che difficilmente può trovare eguali nelle produzioni attuali.

Avatar di Roberto Bertoni
Roberto Bertoni: Proveniente dalla ridente Brianza, è cresciuto a pane e Amiga. Ama inoltre in maniera viscerale il retro, ma solo videoludico. Piatto preferito: pollo con la carrucola in mezzo.
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