Il free-to-play è a un punto di svolta? - articolo
Qual è lo stato del discusso modello di monetizzazione?
I detrattori del modello free-to-play stanno attraversando un periodo di vittorie, almeno a livello superficiale. Recentemente sono usciti molti articoli e dichiarazioni secondo cui i giochi "premium", normalmente prezzati, starebbero guadagnando terreno su quelli per dispositivi mobile come smartphone e tablet, con schiere di genitori sempre più preoccupati dalle conseguenze delle meccaniche F2P.
Joost van Dreunen, CEO di SuperData, suggerisce che il pubblico del F2P abbia raggiunto il suo picco. Un altro elemento importante è il fatto che Apple abbia sostituito, nel suo App Store, la parola "Gratis" con "ottieni" per tutti i titoli che prevedono pagamenti in-app, in risposta alle critiche provenienti dalla Comunità Europea.
Preso individualmente, ciascuno di questi fatti è senz'altro vero. I titoli che richiedono un costo d'acquisto iniziale stanno sicuramente diffondendosi meglio di prima sulle piattaforme mobile, i genitori stanno dimostrando una comprensione più approfondita del costo dei giochi "gratuiti" e stanno reagendo negativamente; e anche la conclusione che il mercato del F2P abbia raggiunto il suo picco può essere veritiera, in un certo senso.
Infine, il discorso sulle pressioni dell'Europa e la conseguente reazione di Apple è evidente. Eppure raccogliere tutti questi avvenimenti e tentare di presentarli come la prova che la "battaglia" tra i titoli premium e quelli free-to-play sia ad un punto di svolta, come qualcuno ha fatto recentemente, è solo un tentativo di distorcere la realtà per farla collimare con una tesi che si desidera far avverare.
C'è un'altra storia che di recente è stata molto riportata e che rompe le uova nel paniere: il lancio di un pacchetto di livelli aggiuntivi per il bellissimo e amatissimo titolo mobile Monument Valley, sviluppato e prodotto da Ustwo. Il gioco è "premium" (dunque richiede un costo all'acquisto) e il pacchetto d'espansione, che quasi raddoppia il contenuto originale del gioco, è stato proposto a 2$.
L'offerta ha causato una furiosa risposta da parte del pubblico, che ha bersagliato il gioco di un'infinità di recensioni da una stella, criticando gli sviluppatori per la loro "avarizia" e faccia tosta nel chiedere ben 2 dollari per un pacchetto di nuovi livelli, ben realizzati come tutto il resto del gioco.
Questa vicenda è un campanello d'allarme che fa capire quanto sia ormai radicata la mentalità del "contenuto gratuito" sulle piattaforme mobile. Ricordiamoci che Monument Valley è un gioco "premium", quindi quei consumatori che hanno reagito con stizza di fronte alla richiesta di soldi per il pacchetto di espansione sono gli stessi che originariamente hanno pagato per acquistare il gioco, e dunque appartengono a quella minoranza di clienti disposti a spendere soldi per acquistare app e giochi. Eppure persino all'interno di questo ristretto gruppo la predisposizione a pagare per un nuovo contenuto è molto limitata.
È una situazione normale? Oppure questi clienti sono dalla parte del torto? Non ha importanza, onestamente: è ciò che avviene e qualsiasi filosofo amatoriale che ami vedersi come la reincarnazione 2.0 di Immanuel Kant potrà discutere tutto il giorno nei forum dei suoi concetti di prezzo "giusto" e valore, senza cambiare di una virgola la realtà dei fatti. I consumatori mobile (e, sempre di più, anche quelli delle altre piattaforme) sono abituati all'idea di ottenere contenuti gratuitamente, attraverso mezzi leciti o meno.
Potremmo chiederci se questa sia una conseguenza inevitabile del fatto di vivere in un'era in cui i costi di riproduzione e distribuzione digitale sono prossimi allo zero, come alcuni credono, ma il risultato finale è ormai acclarato. I consumatori, o almeno una parte consistente di essi, si aspetta che i contenuti siano gratuiti.
Il F2P, per quanto i suoi sostenitori l'abbiano mal praticato e abusato in numerose occasioni, è un tentativo di rispondere alla domanda essenziale che emerge da questa realtà: se i consumatori si aspettano di avere contenuti gratuitamente, per cos'è che pagheranno? La risposta, a quanto emerge, è che pagheranno per numerose cose.
Tra i consumatori che non pagherebbero mai 2$ per un pacchetto di espansione c'è probabilmente un numero esiguo, ma comunque significativo, di persone che non esiteranno invece a bruciare 100$ in valuta in-game per accelerare il loro progresso all'interno del gioco, e una percentuale senz'altro più ampia che sarà disposta a pagare quei 2 dollari per effettuare acquisti che magari non sbloccheranno nuovi contenuti in sé, ma renderanno più semplice la strada verso il loro ottenimento. Altri potrebbero pagare per avere una migliore personalizzazione o del merchandise, fisico o digitale, confermando così il loro status di fan del gioco.
Non sto dicendo che Ustwo avrebbe dovuto fare qualcosa del genere: il loro approccio al loro titolo è sicuramente basato su una comprensione del mercato e dei loro clienti, e io spero che il pacchetto di espansione sia stato comunque un successo, al di là di tutte le polemiche. Quello che sto dicendo è che questo episodio mostra come il problema che il F2P sta cercando di risolvere sia reale, e che l'idea che sia l'esistenza stessa del modello F2P a crearlo è fuori luogo. Se i giochi possono essere distribuiti gratuitamente, è scontato che qualcuno troverà un modo per sfruttare la cosa e crearsi un pubblico, e ovviamente i consumatori diventeranno abituati all'idea che pagare anticipatamente per ottenere un gioco è un qualcosa di sbagliato.
Se alcuni tipi di pubblico si stanno stancando dell'attuale approccio al F2P, ciò non è sufficiente per rimuovere il problema alla radice. Significa, semplicemente, che abbiamo bisogno di nuove soluzioni, modi migliori di guadagnare soldi attraverso i titoli gratuiti. Parlando con gli sviluppatori di applicazioni e giochi destinati ad un pubblico giovane, si scopre che c'è sì una maggiore conoscenza e attenzione da parte dei genitori nei confronti del F2P (a cui contribuiscono sia le forti campagne stampa contrarie a questo modello, sia il passaparola), ma questo non significa che quegli stessi genitori siano più disposti a comprare software premium.
Invece, quello che vogliono sono giochi gratuiti senza alcuna forma di acquisti in-app: in sostanza, non vogliono pagare il gioco né prima con il normale prezzo, né dopo con le micro-transazioni. Questo approccio ha senso? Di nuovo, poco importa se abbia senso o no: in termini di business, quello che importa è capire come fare soldi con questo tipo di pubblico e non mettere in questione le sue idee.
Il free-to-play ha cambiato tutto ma questo non deve portare a mettere in dubbio l'importanza del software "premium". Concordo con van Dreunen di SuperData sul fatto che il mercato premium e quello free si stiano distanziando sempre di più, anche se sospetto che invece il pubblico si sovrapponga significativamente. Non credo, però, che chi acquista titoli premium stia continuando a comprare quello che comprava un tempo. Il F2P ha cambiato anche questo: la rapida ascesa dei contenuti "free" ha fatto sì che scegliere di pagare un software sia un'azione effettuata in un contesto in cui esistono innumerevoli alternative gratuite.
A livello pratico, chi acquista i propri titoli sta pagando per del contenuto, ma in realtà non è per questo che sceglie di pagare. Ci sono infinite ragioni psicologiche per le quali le persone acquistano media (spesso si tratta di affermare la propria immagine o di presentarci in un determinato modo agli altri), e adesso ne esiste una nuova.
Comprando un gioco, sto consciamente scegliendo di pagare per il privilegio di non essere soggetto a tecniche di monetizzazione tipiche del "free-to-play". Se pago 5$ per un gioco, una grossa parte della motivazione per quella transazione sta nella conoscenza del fatto che potrò godere del mio acquisto senza essere interrotto dai meccanismi tipici dei F2P. Quindi, anche l'assenza del F2P ha cambiato il mercato.
Questo è il paradigma che tutti i developer, a tutti i livelli dell'industria, devono imparare a capire. Chiedere soldi alle persone in cambio di contenuti è un modello semplice da comprendere ma è anche erroneo: le persone non pagano realmente per avere accesso ai contenuti. La gente compra l'insieme delle altre cose che sono psicologicamente racchiuse nella forma di "contenuto" ma è sorprendentemente refrattaria all'idea di comprare i contenuti in sé.
In fondo, il mercato offre così tanti prodotti gratuiti: certo, solo alcuni tramite mezzi legittimi, ma di nuovo non è questo il punto. L'atto di acquistare è una complessa rete di emozioni, a partire dalla comodità (potrei piratare questo gioco ma comprarlo è più comodo), fino al rischio percepito (cosa succede se lo pirato e vengo scoperto? E se prendessi un virus?), fino all'affermazione dell'identità personale (lo compro perché è il tipo di gioco fatto per gente come me) e alla proiezione esterna di questa identità (lo compro perché voglio che le persone sappiano che gioco questo tipo di titoli), per finire con l'appartenenza al gruppo (lo compro perché è nella libreria di tutti i miei amici su Steam) o la fedeltà a una comunità (lo compro perché voglio supportare il developer).
In tale contesto, l'evitare le strategie di monetizzazione F2P è una nuova freccia nell'arco dei developer. Di nuovo, l'accesso effettivo ai contenuti non è la motivazione psicologica principale, perché ammesso che quel contenuto non sia disponibile gratuitamente da qualche parte (cosa che probabilmente è), c'è comunque talmente abbondanza di altri contenuti "free" altrove che chiunque potrebbe intrattenersi eternamente senza spendere un centesimo.
In questa situazione, credo che il modello tradizionale dei giochi premium possa godere ancora di un solido futuro: persino su piattaforme altrimenti dominate dal F2P, esisterà sempre una nicchia. Ma per ottenere questo risultato, i developer devono cercare di capire cos'è che effettivamente motivi le persone ad acquistare, riconoscendo il distacco da ciò che lo sviluppatore percepisce come valore ("ci sono voluti anni per fare questo prodotto, ed è per questo che ha un costo") e ciò che invece il pubblico effettivamente valuta, che potrebbe essere un fattore qualsiasi tra quelli elencati poc'anzi, o più di uno, ma quasi certamente non corrisponde al sudore e alla fatica del developer.
Questa verità potrà essere dura da accettare ma come per l'inesorabile ascesa dei giochi gratuiti e il continuo sviluppo di modi sempre migliori per monetizzarli, si tratta di una realtà commerciale che va al di là delle speculazioni filosofiche amatoriali. Forse non ci piacerà l'attitudine del pubblico nei confronti del valore dei contenuti e la sua resistenza all'idea di pagarli, ma tra uno sviluppatore che accetta la realtà e trova un modo per sfruttare economicamente il pubblico che ha a disposizione, e un altro che invece continua testardamente a proseguire per la sua via e a lamentarsi della mancanza del pubblico ideale dei suoi sogni, solo uno dei due riuscirà a pagare le bollette a fine mese.
Traduzione a cura di Luca Signorini.