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Il lascito artistico di Syd Mead vive ancora attraverso i videogiochi - articolo

Da Aliens a Cyberpunk, passando per Mass Effect.

Per via del ruolo chiave svolto nella produzione di Blade Runner (1982), all'illustratore Syd Mead è stato chiesto con che dicitura volesse comparire nei titoli di coda del film. La sua risposta? “Futurista Visuale”. Immaginate di doverlo spiegare a una festa. Mead è stato un veggente dei giorni nostri, un progettista industriale e un concept artist che ha costruito i mondi del futuro. E non è tutto: la sua immaginazione ha avuto un impatto incommensurabile nella produzione videoludica odierna, influenzando gli artisti del settore.

Spesso si sente dire che i giochi abbiano pochi riferimenti culturali da cui trarre spunto. Ci sono soltanto due trame fondamentali (e non sette come suggeriva Christopher Booker): il solitario in lotta contro i robot, oppure gli Space Marine in scontro armato contro gli alieni. Blade Runner, Aliens, e ancora Blade Runner. Syd Mead, morto qualche settimana fa a ridosso del nuovo anno, all'età di 86 anni, non a caso è l'artista dietro l'estetica dominante del nostro media. La sua energia, il suo spirito, il suo DNA, li ritroviamo un gioco dopo l'altro, come cenere sparsa al vento.

Syd Mead. 1933 - 2019.

Negli Anni 80, Mead ha contribuito allo sviluppo di diversi parchi a tema, arene laser tag e persino qualche casinò, con luci tali da rivaleggiare gli accecanti vicoli del Cyberpunk. Naturalmente, il passo seguente è stato il mondo videoludico. Tra i suoi primi lavori Cyber Speedway, per Sega Saturn, in cui si è distinto per la già comprovata competenza nel design dei veicoli. Ha lavorato ai moto-cicli di Tron 2.0, ha disegnato le navicelle di Wing Commander 5 e con Westwood Studios ha collaborato alla trasposizione videoludica di Blade Runner. Per lo più si occupava di concept art, ideando con i suoi sketch macchine volanti e altri veicoli futuristici. È stato consulente per Aliens: Colonial Marines, dando nuova vita a ciò che aveva cominciato anni addietro collaborando con James Cameron. Siamo sfortunati, se pensiamo che un artista così talentuoso non abbia mai trovato il suo 'grande' gioco. Ma in fondo non importa, se pensiamo alla quantità di artisti influenzati dal suo stile, contaminati dalla sua visione.

Dove cominciare a raccontare il suo immenso lascito artistico? Syd Mead ha sempre cominciato con un'automobile. Come già accennato, il suo background è quello di progettista industriale, avendo lavorato per Ford Motor Company e per US Steel. Mead era stato assunto per rendere le auto desiderabili, cool. Difficile non pensare all'imminente 2077 di CD Project RED e al suo marketing: in Cyberpunk l'auto sportiva è l'aggiunta del 20° secolo all'immagine, romantica, del viandante che osserva l'orizzonte. C'è senza dubbio qualcosa di feticistico, un violento e necessario incontro tra lo stile anni '80 e l'attento retrofit di Mead. Night City ha bisogno di una macchina nella stessa maniera in cui NeoTokyo ha bisogno della sua moto.

Cyberpunk 2077.

Le auto di Mead erano sempre eleganti e all'avanguardia. Aspiravano a qualcosa di più. Era l'era dell'ottimismo tecnologico, e Mead concepiva gli scenari con la stessa abilità con cui immaginava le sue coupè. Se le macchine possono librarsi in aria, allora anche le città, lontane e spiraleggianti, possono stagliarsi contro i soli al tramonto di un mondo alieno. Non a caso tutto ciò che in origine era stato creato a supporto dei veicoli disegnati da Mead, spesso li sovrastava.

Immagine tratta dalla serie US Steel. Illustrazione di Syd Mead.

Mead era stato assunto per il design dei veicoli di Blade Runner, ma l'automobile - la sua specialità - si rivelò un'opportunità. Era lo strumento con cui aprì i portali verso tempi e luoghi differenti. Mentre disegnava gli iconici Spinner del film, Mead cominciò a pensare in grande. Il fascino di una macchina dipendeva dall'ambiente circostante, dai riflessi sulla sua superficie lucida. L'auto era bella in relazione al paesaggio in cui viaggiava. Ecco quindi l'importanza della “fluente cascata di riflessi”. “Il cromo acceso da un centinaio di soli bianco-blu”, come disse una volta Mead. Uno sketch abbozzato non era abbastanza. Aveva bisogno di strade oscure e bagnate dalla pioggia, illuminate da lampioni. Nel cyberpunk polacco Observer, l'investigazione ha inizio nell'abitacolo di una vettura di polizia così immaginata: il parabrezza a protezione dalla pioggia inquinata, il cruscotto illuminato come fosse Times Square. È un'immagine prototipica di Mead.

Interno di un veicolo Spinner, Blade Runner 2019. Illustrazione di Syd Mead.

Con Blade Runner, Syd Mead ha trasformato disegni freddi e tecnici in frammenti di vita urbana e notturna. Un freddo panorama cittadino improvvisamente ha vita, evocando il solitario realismo di un quadro di Edward Hopper. Le luci abbaglianti che ci regala la Los Angeles del futuro sono impressionanti: neo-noir con tinta gotica, appartamenti abbandonati, strade drappeggiate con cavi e impianti elettrici. A bilanciare, il trambusto delle bancarelle del mercato e le insegne al neon dai criptici simboli raggianti nell'oscurità, che avevano lo scopo di rendere più drammatiche le ombre. Non è cosa da poco inventare l'intera estetica del cyberpunk quasi per caso. Un intero genere in vita perché un taxi, disegnato senza contorni, sembrava noioso.

Il regista Denis Villeneuve, una volta, descrisse il lavoro di Mead come “nostalgico”. Termine strano per descrivere qualcosa di così futuristico. Ma il futuro non è mai soltanto futuro, giusto? È un punto nel tempo fondamentalmente inscrutabile. Invece, Mead barattava in visioni, e se quando guardiamo le sue raffigurazioni abbiamo “la strana sensazione” di essere stati lì, di “esserci passati” prima, è perché in fondo, in un certo senso, è così. Ciò mi ricorda una citazione attribuita al nonno del cyberpunk, William Gibson (che lavorò con Mead al film Johnny Mnemonic): “il futuro è già qui - Solo che non è ancora equamente distribuito.” Viviamo tra tasche high-tech, singoli elementi avanzati in anticipo sui tempi, scorci di cose a venire. Il materiale grezzo con cui lavorano, estrapolando, i futuristi.

La città di Blade Runner. Illustrazione di Syd Mead.

Il materiale di Syd Mead potrebbe essere dovuto ai due anni trascorsi in Okinawa, Giappone. Oppure alla sua visita a Hong Kong. Il Cyberpunk, come genere, ha da tempo una strana fascinazione nei confronti di parti dell'Asia. L'alba della globalizzazione si combina con una sorta di “Pericolo Giallo”, con le ansie riguardanti le “Economie delle Tigri”. Il primo Deus Ex, in parte, era ambientato a Hong Kong, mentre Human Revolution a Hengsha. Ma anche quando questo orientalismo è apparentemente spogliato, come nella Praga di Mankind Divided, l'influenza originale è pervasiva. Golem City ha qualcosa di famigliare. Un tentacolare ammasso di slum, attraversato da cavi e condotti di ventilazione, affollato di luci e mercatini delle pulci, segnaletica esotica, e ancora altre luci.

Design 04 della città di Blade Runner. Illustrazione di Syd Mead.

L'immaginario di Mead, nei giochi, è onnipresente - sobborghi cyberpunk, astronavi infestate da alieni, persino mondi ad anello - e il suo lavoro ha influenzato anche indirettamente un'intera generazione di artisti. Ha ispirato diversi costruttori di mondi, incluso Viktor Antonov, l'architetto della Città 17 in Half-Life 2 e di Dunwall, in Dishonored. Antonov, proprio come Mead, ha avuto una formazione da progettista industriale. Molto del suo lavoro comincia con i veicoli - l'APC Combine o le carrozze su rotaia di Dunwall sono punti di partenza per esplorare le più grandi metropoli immaginarie. La fantascienza è sempre speculativa e Antonov è stato assunto, nello specifico, per rendere plausibili e autentici i luoghi della finzione. Naturalmente, grazie a riferimenti tecnici solidi e continui.

Concept art della Rail Car di Dishonored. Illustrazione di Viktor Antonov.

La maggior parte del lavoro di Mead è stato oscuro e industriale. Pensiamo all'USS Sulaco di Aliens, disegnata meticolosamente tanto all'interno che all'esterno. “Irta di antenne,” come da richiesta del regista James Cameron, il vascello militare era molto diverso dalle altre astronavi sci-fi. Invece di essere improbabilmente elegante, oppure inutilmente arzigogolata, come in Star Trek e Star Wars, la Sulaco era altamente ingegnerizzata, ogni suo pezzo aveva uno scopo. All'interno, il groviglio di tubi, griglie e portelli - oggi un punto fermo della fantascienza - davano l'impressione di profondità spaziale. Cosa si nascondeva dietro quei muri? Nei videogiochi vediamo, proprio in quello spazio morto, i Necromorfi in agguato o una cosca di demoni pronti ad assalirci, saltando da un pannello nascosto.

Mead è famoso per la durezza delle sue distopie, ma Denis Villeneuve sospetta che i suoi universi siano in realtà “alimentati dalla forza ottimistica degli Anni 50”, quando, almeno in Occidente, avevamo la guerra alle spalle e il capitalismo era appena entrato in una nuova età d'oro, supportata da innovazioni tecnologiche e scientifiche. Motori Jet, computer, il programma spaziale Apollo. Da questo retroscena culturale fioriscono le visioni di Mead - non tanto da un futuro come sogno collettivo, adesso evidentemente non realizzato. Un futuro perduto. Non c'è da stupirsi che guardando alcune delle sue opere si abbia la sensazione di un ritorno a casa.

Immagine tratta dalla serie US Steel. Illustrazione di Syd Mead.

Mead sapeva raffigurare anche le utopie. Il suo stile - colorato, vivido, luminoso, pulito, preciso - incanalava la velocità e la positività di un'era supersonica. Probabilmente, Mass Effect è la serie videoludica che si è ispirata con più evidenza. Derek Watts, art director di BioWare, in un'intervista ha parlato di come, in cerca di un'identità visiva, il team abbia guardato alle prime utopie di Mead, dalle distinte curve geometriche e cariche di un ottimismo entusiasmante. Come i velivoli che sibilano nei cieli blu disegnati da Mead, lasciando scie di condensa, Mass Effect è pieno di curve dolci e proiezioni che rendono la velocità, la propulsione e la positività del suo mondo.

La Cittadella di Mass Effect.

Il rover Mako, i costumi e i visori, le discoteche nebulose con gli ologrammi danzanti, la Cittadella e la sua struttura ad anello che ricordano le illustrazioni US Steel. Quel senso di meraviglia quando si atterra su un pianeta - anni luce da qualsiasi distopia terrena. Addirittura, i grattacieli distanti e i cieli pastello irradiano ottimismo.

“La loro sensualità e bellezza offrono un contrasto così magnifico con la brutalità della nostra realtà,” dice Villeneuve sui primi lavori di Mead. Il regista crede che in questo momento ci sia un disperato bisogno di utopie. Difficile dissentire, nonostante penso che ciò che c'è di più speciale del lavoro di Mead sia la varietà - l'abilità di disegnare in tonalità differenti. Non c'è da meravigliarsi se vediamo così tanti accenni dell'influenza di Mead nei videogiochi. Ogni volta che approdiamo su un nuovo pianeta o guardiamo in alto, verso un sublime skybox o una megastruttura incombente. Quando zoomiamo su una nave spaziale, una bici, un'auto. È difficile toglierci di dosso le visioni di qualcuno che per lavoro deve guardare nel futuro.