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Il Professor Layton e il Futuro Perduto

Quando il futuro di una serie è il suo passato.

È credenza popolare che il tre sia il numero perfetto, per lo meno quando parliamo di filosofia o tarocchi. Ma in ambito videoludico non sempre tale dogma trova un adeguato riscontro con la realtà, anche ragionando in termini generali.

Il primo titolo di una serie, specialmente se così dirompente come fu il professor Layton qualche anno addietro, serve infatti a introdurre al pubblico ambientazioni e dinamiche di gioco, così da preparare il terreno a chi seguirà.

Il secondo episodio è quello della consacrazione, dove, una volta che il team di sviluppo ha preso coscienza delle proprie potenzialità, punta al massimo per sorprendere l'utente e ammaliarlo con gli effetti speciali.

Il terzo gioco, e qui mi riallaccio al cappello introduttivo, è invece quello più rischioso, in quanto si è soverchiati dal bisogno di bissare le potenzialità dell'episodio precedente, cercando al contempo di introdurre qualche elemento che possa giustificare l'acquisto di un'eventuale, rischiosissimo, clone.

Capirete quindi che per un gioco come quello di Level 5, dove molto sinteticamente ci troviamo di fronte a una sorta di settimana enigmistica virtuale con annessa una trama nel ruolo di collante, il rischio di un'eventuale prodotto senza arte né parte sia da lampeggiante rosso.

Il mega orologio che vedete sarà causa di non pochi problemi.

E difatti, dove essermi perso per ore e ore all'interno della Londra del futuro, mi ritrovo purtroppo a fare i conti con un retrogusto amaro dietro alla dolcezza di un gameplay rassicurante, di quelli di chi si aspettava la classica ciliegina sulla torta ma invece scopre che qualcun altro se l'è ingurgitata a nostra insaputa.

Non abbiatene a male, non sto dicendo che il nuovo Layton non sia un buon titolo, sarei quasi eretico nel farlo, ma la formula di gioco ormai rodata mostra la corda in diversi punti e questo nonostante il team giapponese riesca a mascherare i vari segnali con molto mestiere e qualche strizzatina d'occhio.

Se è chiaro infatti il tentativo di donare una maggiore organicità a quella che è la struttura degli enigmi, verosimilmente molto più contestuali all'ambientazione dove Luke e Layton si trovano a muoversi rispetto agli episodi precedenti, non si può non accorgersi che le idee per gli stessi siano a volte ripetitive e giocate attorno a pochi, abusati concetti.

Vi capiterà così, soprattutto se siete fedeli seguaci delle gesta del celebre enigmista, di trovare quasi scontati alcuni enigmi o di converso spiacevolmente complicati altri, quasi che gli sviluppatori vogliano giustificare a tutti i costi il tempo passato a cercare di venire a capo di questa nuova avventura.

Peraltro anche il livello generale di difficoltà sembra essere calato, forse proprio per colpa dell'appena citata abitudine a un certo tipo di enigmistica a causa della quale si è perso quel magnetismo che tanto mi aveva affascinato a suo tempo e che ora, pur trovandosi di fronte a un titolo (molto) piacevole, non riesce più ad emergere in tutta la sua potenza.

Ciononostante non mancano di certo i punti di vero gaudio: la trama ad esempio è una delle note più positive di questa terza avventura enigmistica, essendo capace di raccontare l'ennesima variante dei viaggi nel tempo con un tocco di quell'originalità che non guasta mai.