Intervista ad Andrzej Sapkowski
Il padre di The Witcher ci parla del suo rapporto con Geralt di Rivia.
Essere polacchi è stata probabilmente la più grande fortuna dei CD Projekt: come avrebbero altrimenti potuto trasformare in un videogioco di successo le storie di Andrzej Sapkowski, uno scrittore che fino a qualche hanno fa godeva di una certa fama solo in patria e tra i veri esperti del settore?
A dire il vero, è stata una fortuna anche per noi, perché le avventure di Geralt di Rivia sono tra i pochi racconti fantasy che mi sentirei di raccomandare anche a chi non ami questo genere. Vuoi per le atmosfere particolari che si respirano, vuoi per la non convenzionalità del personaggio, dell'universo in cui si muove e delle sue storie, i racconti di Sapkowski hanno quel qualcosa in più che li fanno apprezzare anche a coloro che le storie di maghi, elfi e dragoni non le possono sopportare.
Dunque, in attesa che The Witcher 2 conquisti anche il popolo Xbox con l'appassionante intreccio della sua narrazione, e in occasione dell'uscita in Italia del terzo romanzo della saga, Il sangue degli elfi, edito nel nostro paese da Editrice Nord, vi proponiamo un'intervista proprio con Andrzej Sapkowski, in cui racconterà ai lettori di Eurogamer.it com'è nato il suo personaggio, a chi si ispira, e cosa c'è nel suo futuro.
Non penso di aver creato questo mondo, non esageriamo. Io ho creato l'eroe. La mia prima storia, "Wiedzmin" (ovver "Il Witcher", o "Strigo", come viene tradotto da noi), è stata pensata e scritta durante l'inverno del 1985 per un concorso letterario annunciato su Fantastyka, che era ed è tuttora la più famosa rivista polacca di fantascienza.
Sapendo che il fantasy stava accrescendo la sua popolarità, ho deciso di scrivere un racconto per questo concorso, puntando però a qualcosa di più originale rispetto alle storie tipo "Conan uccide dei mostri e dopo uccide altri mostri".
Dopo lunghe considerazioni scelsi di raccontare le fiabe classiche in maniera diversa. In esse di solito c'è un drago che viene ucciso e una principessa che viene salvata dal classico poveraccio diventato eroe o dall'ancora più classico cavaliere in armatura scintillante, e per entrambi la ricompensa è la principessa. Nel mio universo fantasy il lavoro di uccidere i mostri ha bisogno di un professionista adeguato, un tizio che offra i propri servizi per soldi, non per la principessa, ed è così che è nato Geralt il Witcher, l'eliminatore professionista di mostri.
"Sono legato al personaggio di Geralt in quanto prodotto della mia immaginazione - Andrzej Sapkowski"
È al cento per cento un personaggio inventato, considerando anche quanto ho detto finora, e ovviamente sono legato a lui in quanto prodotto della mia immaginazione.
No. Questa interpretazione è un po' troppo esagerata. Non ho mai aspirato a simboleggiare questo spirito, ma se a qualcuno piace vederla in quel modo, beh, non c'è problema.
Il mio coinvolgimento nel videogioco è stato molto poco importante, non vale forse neppure la pena di menzionarlo. Gli sviluppatori mi hanno chiesto aiuto per alcuni dettagli e io li ho aiutati volentieri. Questo è tutto.
Sono un fiero possessore dell'edizione deluxe ma, devo confessarlo, non l'ho mai provata. I videogame portano via molto tempo e non sono il mio tipo di intrattenimento preferito. Tuttavia conosco il titolo abbastanza bene da dire che rende piuttosto bene lo "spirito" dei miei libri. In definitiva credo che abbiano fatto un bel lavoro, anche se non penso di dover qualcosa ai videogame. Anche se alla fine, chi lo sa, forse giocandoci qualcuno ha deciso di comprarsi i miei libri e magari ci ho guadagnato qualche nuovo fan.
"Mi piace immaginare il Witcher come una sorta di incarnazione di Philip Marlowe - Andrzej Sapkowski"
Sì, hai colpito nel segno. Da giovane ho amato i romanzi noir, soprattutto Raymond Chandler. Credo che nei miei libri si veda quanto ne sono rimasto affascinato. Mi piace immaginare il Witcher come una sorta di incarnazione di Philip Marlowe, o di un qualunque altro investigatore privato che vive in una grande e tetra giungla urbana, cercando di combattere contro il male e che alla fine non può vincere.
Accetterei molto volentieri un'offerta da Hollywood. La porta è aperta, entrate pure!
I creatori del videogioco mi hanno chiesto il permesso per questa "resurrezione" (anche se tecnicamente nei romanzi non sappiamo che fine faccia Geralt, ndR), e io l'ho concessa. Perché non avei dovuto? Nel gioco possono fare ciò che vogliono ed esso non è, né mai sarà, un seguito ufficiale ai miei libri. Nell'ultima pagina del mio ultimo romanzo dedicato a Geralt il lettore non troverà mai scritto "Continua nel videogame". Se i lettori vogliono scoprire veramente ciò che succede dopo, devono aspettare che scriva un nuovo libro.
Il gioco non ha niente in comune con la mia scrittura, con la storia che sto raccontando, quindi, lo ripeto, non può essere considerato un seguito del libro. È un adattamento, niente di più. Il videogame e il libro sono due media completamente diversi, entità diverse. Mescolarli tra di loro non è raccomandato, anzi non è concesso!
"Il gioco non ha niente in comune con la mia scrittura e non può essere considerato un seguito del libro - Andrzej Sapkowski"
Assolutamente sì.
No, non ci ho mai pensato. Non penso di essere eccessivamente modesto, ma neppure così immodesto.
Al momento sto lavorando a un nuovo romanzo sul Witcher. Non so cosa succederà dopo: non resta che aspettare e vedere...