Julia: Innocent Eyes ep. 1
Un giallo troppo caro?
È notizia proprio di questi giorni che Del Toro, uno nei numerosi registi che si stanno impegnando in campo videoludico, abbia affermato che è giunto finalmente il momento che ai videogiochi venga riconosciuta dignità artistica. Un'affermazione forte e probabilmente alquanto interessata ma che, basata su un parallelismo col mondo dei fumetti, può comunque dare adito a numerosi riflessioni sociologiche e non.
Per vostra gioia tuttavia non è questo lo scopo della recensione che state per leggere e quindi demanderò ad altra sede un eventuale approfondimento della questione; quello che è certo invece è che sebbene gli italiani, popolo di sognatori e amanti delle nuvole parlanti, possano trovare questa affermazione simile a una piccola eresia, è altrettanto vero che è giunto il tempo di prendere atto che tale linea di pensiero stia sempre più andando per la maggiore.
Quasi a rendere più dolce questo passaggio, Artematica e Sergio Bonelli Editore hanno nel frattempo dato vita all'ennesimo team up fra le due arti, portando sui nostri monitor le avventure della bella Julia Kendall, ultimo parto della poliedrica mente di tal Berardi.
Non starò qui a raccontarvi la sua carriera, ma vi basti sapere che stiamo parlando di uno dei maggiori artisti a livello nazionale e pertanto le attese per un ottimo gioco sono perlomeno legittime.
Purtroppo però, dopo aver provato e terminato il primo dei tre atti previsti, l'impressione generale è che la scelta di pubblicare questa nuova avventura grafica della software house ligure su una struttura episodica sia stata perlomeno infelice, visto e considerato che la carne al fuoco a questo giro difficilmente può giustificare l'esborso previsto.
Complessivamente infatti, a fronte di un prezzo poco inferiore ai 18 euro, ci troviamo davanti a un titolo che vi accompagnerà per al massimo quattro ore della vostra carriera videoludica, decisamente un quantitativo troppo basso per la media di un genere solitamente abituato a ben altra longevità.
Se tuttavia l'esperienza di gioco fosse di quelle in grado di avvolgere il giocatore e di imprimersi indimenticabilmente nella sua memoria, potrei forse comprendere una tale impostazione, ma purtroppo a fronte di una trama interessante, l'impressione è di trovarsi di fronte a un tutorial evoluto di quello che sarà il gioco "finito" e non a un'opera che possa vivere di vita propria.
Ad esempio a livello di enigmi, fatte salve un paio di occasioni, non verrà mai richiesto di spremere le meningi: se la cosa da un certo punto di vista può essere anche positiva, soprattutto se odiate la caccia agli hot point, di contro rischia di non accendere la voglia di sfida dell'avventuriero incallito, che si troverà ben presto a dover unicamente girovagare per gli ambienti osservando i pochi punti selezionabili.
In mezzo a questo scenario non esattamente ammaliante, bisogna tuttavia constatare che la truppa di Cangini mostra come da tradizione alcune idee che, se opportunamente utilizzate, potrebbero avere risvolti interessanti in un'avventura a più ampio respiro: ad esempio giusto all'inizio dell'avventura vi verrà richiesto di ricostruire la scena di un delitto e per farlo dovrete unire deduzioni e attente osservazioni dell'ambiente.