Just Cause 2
Rico Rodriguez e il dittatore nano.
Coloro i quali avessero avuto l'ardire di giocare e finire Just Cause ricorderanno probabilmente che, a fronte di idee sicuramente originali, il gioco si rivelò essere un coacervo di bug e problemi assortiti. La sua struttura aperta e l'implementazione di dinamiche action votate all'estrema spettacolarizzazione erano ambizioni certamente oltre la portata degli stanchi hardware old gen (non che su 360 abbia fatto faville, comunque). Per il resto, il concept rimane tutt'ora intrigante e ricco trovate ludiche degne di interesse. Questo sequel si propone pertanto di ampliare quanto visto nel capitolo precedente e mantenere finalmente le promesse fatte a suo tempo.
Just Cause 2 vuole così arricchire la sua formula di base, utilizzando pressappoco i medesimi ingredienti e aggiungendone di nuovi, per poi rimestare il calderone con fuoriose mescolate fino all'inevitabile esplosione finale. I numeri, almeno teoricamente, dovrebbero già fare impressione. Parliamo infatti di 1000 Km quadrati di territorio esplorabile, oltre un centinaio di veicoli da guidare e ben 261 centri abitati da mettere a ferro e fuoco. E poi c'è lui, Rico Rodriguez, che per l'occasione ha scelto di dare una sforbiciata ai capelli, giusto per guadagnare qualcosa in termini di aereodinamica (non temete: l'appeal da tamarro di periferia con tanto di crocefisso al collo è rimasto invariato).
Lo scenario sarà ancora una volta una rigogliosa isola. Si tratta in questo caso di Panau, piccolo paradiso situato nel sud-est asiatico e decisamente eterogeneo in fatto di location. Presente anche il dittatore di turno, ma stavolta si scade decisamente nella più genuina demenzialità. Il nome del tirannico antagonista è Baby Panay. No davvero, non oseremo mai utilizzare un'anteprima per uno stupido pesce d'aprile ad effetto retroattivo. Lo chiamano Baby Panay, perché ad onta del suo illimitato potere sull'isola è alto quanto un bimbo di 5 anni. Non fatichiamo ad ipotizzare una lontana parentela con il nano di Austin Powers...
Detto questo, capite bene quanto sia scanzonato l'approccio narrativo di JC 2, ma è bene sottolineare che è proprio così che lo hanno inteso i ragazzi di Avalanche. Il gioco vuole essere un inno all'azione esagerata, senza respiro, ove è bandita qualsiasi velleità di realismo e si sfida senza pudore la forza gravitazionale, armati "semplicemente" di un paracadute e un rampino. I tempi morti che affliggevano il primo episodio della serie dovrebbero, nelle intezioni del team, essere solo un ricordo del passato. Ogni angolo del lussureggiante mondo di gioco vi offrirà qualcosa da fare (da distruggere, più che altro) e gran parte delle vostre azioni andrà ad incidere sulle vicende future.
A grandi linee, lo scopo di Rico sarà quello di destabilizzare il potere dittatoriale del cattivo di turno elargendo fuochi d'artificio in lungo e in largo. A scanso di equivoci, non possiamo tacere della barra del Caos, che sarà alimentata da ogni vostra funambolica impresa. Mandare in fiamme un deposito di carburante o deputato alle provvigioni delle milizie andrà ad incrementare lo stato di allerta delle forze dell'ordine, ma al contempo vi farà guadagnare la simpatia delle tre fazioni ribelli contemplate nel gioco. Benché uniti dal desiderio di spodestare Baby Panay (sorrido anche solo a doverlo scrivere) i tre gruppi anarchici avranno modus operandi e obiettivi differenti. Potrete così decidere di assecondarli tutti o di legarvi in modo particolare ad uno di essi, traendone giovamento tanto nell'arsenale quanto nella disponibilità di munizioni e veicoli. Chiaramente, gran parte delle missioni secondarie sarà proprio relativa agli incarichi assunti presso le fazioni rivoluzionarie.