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Limbo

Dove c'è molta luce, l'ombra è più nera.

Ci sono videogame che semplicemente non si accontentano di intrattenere il fruitore con un gameplay a prova di bomba e/o roboanti cutscene degne dei più chiassosi blockbuster hollywoodiani. Esistono sperimentali eccezioni (purtroppo ad oggi ancora piuttosto rare) che ambiscono ad altro, a qualcosa di più ardito e decisamente più complicato da raggiungere: coinvolgere l'utente a livello personale, stimolandolo con sollecitazioni profonde e intime per una sorta di dimensione “emotiva” del giocare.

Basti pensare a titoli come flOwer o The Path, vere e proprie esperienze in cui il sentire diviene parte preponderante dell'attività ludica, prescindendo dalle regole che solitamente governano il medium.

Limbo è certamente un altro dei coraggiosi esponenti di questo gaming “esperienziale”: immaginatevi una fiaba interattiva dall'anima cromosomicamente dark, un viaggio di sola andata all'interno di un universo tanto sinistro quanto affascinante, ben oltre il solito puzzle-platformer di fine fattura (genere al quale comunque Limbo appartiene).

La foresta con cui si apre Limbo è indubbiamente la parte più suggestiva e riuscita del gioco.

Come del resto si evince dal game design rigorosamente minimalista ed essenziale, il titolo di debutto dei danesi di Playdead non vuole enfatizzare in alcun modo la sua sostanza prettamente ludica: nelle 4 ore abbondanti necessarie a portare a termine lo straniante pellegrinaggio in un mondo di ombre e inchiostro, non troverete infatti nemmeno una riga di testo inserita per connotare o per aiutarvi, né vi verranno fornite esplicite indicazioni visive riguardo agli elementi con cui potrete interagire.

Non aspettatevi quindi le incredibili dimostrazioni di perversa genialità o di platforming esasperato che contraddistinguevano Braid: Limbo è fondato su una logica di trial and error abbastanza blando più che sulla costante e impietosa brasatura delle vostre povere meningi, e come tale gli enigmi (seppur occasionalmente assai sfiziosi!) raramente vi impegneranno per più di qualche minuto.

Ma va benissimo così: ciò che importa davvero è nello specifico l'esplorazione ininterrotta di una dimensione fatta di evanescenti luci e di spaventose tenebre, un'ambientazione ammaliante in cui i puzzle diventano credibili ostacoli da oltrepassare per raggiungere la tanto attesa meta finale, più che vere e proprie sfide nel senso videogiocosamente classico del termine.

Il trailer di Limbo.