Mafia II
Una famiglia con tanto stile ma poche libertà.
Come avete avuto modo di leggere nella nostra anteprima, erano diversi anni che auspicavo un seguito per uno dei miei giochi preferiti di sempre: l'atmosfera, il pathos e la partecipazione con cui seguii le vicende di Tommy sono rimasti infatti impressi indelebilmente nella mia memoria, al fianco di capolavori immortali come Monkey Island o il primo Deus Ex.
Il problema di queste aspettative esasperate è che con il passare dei mesi il fattore attesa cresce in maniera esponenziale, impedendo spesso di riuscire a concentrare le proprie energie mentali su altri obiettivi che non siano il mettere le mani sulla bramata versione di prova. Si sprecano quindi altarini, candele e sacrifici umani, il tutto per poter tornare a vestire i panni del perfetto mafioso americano anni ’40.
Tralasciando però il pizzo che ho dovuto corrispondere per ottenere l’onore e l’onere di ricevere la fatidica copia di Mafia 2, confesso che è con una punta di delusione che mi accingo a scrivere la recensione per un titolo che già immaginavo nell’olimpo videoludico.
La sensazione generale, alla fine di intense sparatorie e missioni al fulmicotone, è infatti quella di trovarsi di fronte a un gioco di assoluto livello, minato però dalla mancanza di un’anima che sappia colpire aldilà della perfezione tecnica.
Tutto è al suo posto, tutto è esattamente come mi sarei aspettato, ma manca un reale coinvolgimento emotivo, quasi che al di là di un’Empire City costruita a regola d’arte si riesca a cogliere perfettamente la sua reale essenza binaria, incapace di proiettarci aldilà del monitor. Il perché e il per come di una sensazione simile proverò a illustrarveli nel proseguo del pezzo, sperando che nel frattempo i fan più accaniti non mi puntino contro la loro lupara…
Cominciamo come si conviene dal principio: come molti di voi sapranno, in Mafia 2 è assente qualsiasi esperienza multi giocatore. Il team ceco infatti, forte del successo del primo episodio, si è concentrato unicamente sulla modalità single player, con l’obiettivo dichiarato di costruire un canovaccio narrativo coinvolgente e di proporre allo stesso tempo un contesto quanto più credibile possibile.
Similmente al primo episodio vi ritroverete quindi a seguire le peripezie di un rampollo desideroso di entrare nella Famiglia, in questo caso il siculo Vito Scaletta. Nel farlo attraverserete un periodo storico che parte dalla fine degli anni ’40 per arrivare ai decisamente più “cromatici” anni’50, sicuramente epoche aventi un fascino particolare per noi figli del duemila.
La linea narrativa, proseguendo nel solco della tradizione, propone così quindici diversi “capitoli”, per un totale di circa una ventina scarsa di ore di gioco, a cui vanno poi aggiunti tutti gli extra, fra cui poster e giornali osé collezionabili da trovare sparsi per la città.
Se un tale quantitativo di ore può sembrare all’apparenza abbastanza esiguo, soprattutto in virtù della scelta di concentrarsi unicamente sull’esperienza solitaria, credo che troverete rassicurante il fatto che, a differenza del primo Mafia, sia finalmente possibile impostare un livello di difficoltà scegliendo tra tre opzioni.
Nello specifico, escludendo il primo che risulta davvero troppo semplice per offrire una sfida degna di un vero picciotto, già a livello normale è possibile gustarsi il gioco in maniera ottimale, pur non rischiando mai di sconfinare nel frustrante.