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Men of War

Lo strategico di 1C due anni dopo.

Ci sono giochi che, a prescindere dalle loro effettive qualità, rimangono stampati nella memoria degli appassionati e dell’industry. Spesso e volentieri si tratta di produzioni di buon livello che oltre alle loro effettive qualità vendono bene anche grazie a un ottimo supporto di marketing. Ce ne sono altri che, per il fatto di non poter contare su un adeguato battage pubblicitario, passano quasi sotto silenzio. Una descrizione del genere si adatta perfettamente alle caratteristiche di Men of War, misconosciuto RTS/tattico pubblicato a fine 2009 da 1C.

Come detto, lo scarso supporto iniziale aveva generato poco interesse al punto che le recensioni scarseggiavano: a questo contribuiva la presenza di alcuni problemi di programmazione che effettivamente rendevano poco giocabile MoW sia in single, sia in multiplayer. Considerato anche il fatto che all’epoca Eurogamer.it non l’aveva recensito, recuperiamo il tempo perduto confermandovi come sotto la scorza di produzione indipendente si nascondesse un piccolo capolavoro. Fortunatamente il passaparola e le qualità intrinseche di un gioco anacronistico dal punto di vista della difficoltà sono riusciti a mantenere alto l’interesse per questo titolo presso la comunità degli appassionati di strategia in tempo reale.

I pregi migliori di Men of War, che ricrea con dovizia di particolari i campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale di russi, americani e tedeschi, riguardano l’eccezionale flessibilità e profondità del gameplay che permette di gestire scontri tra pochi soldati (con persino l’inventario delle munizioni, armi, granate ed equipaggiamenti trasportati) con il controllo diretto della singola arma, fino a battaglie campali tra plotoni di carri che mescolano fanteria, corazzati, artiglieria e una spruzzatina di aviazione come nessun altro gioco è riuscito a fare finora.

Anche se le texture non sono eccezionali, il motore grafico di Men of War segna molti punti a suo favore, in particolare nella balistica e nella devastabilità delle strutture.
Il multi è impegnativo quanto il single: le occasioni per attacchi di sorpresa si moltiplicano a seconda dell’abilità dei giocatori e complessità dello scenario.

Una complessità strutturale mai vista che ne fa sembrare Company of Heroes la sua versione annacquata: il tutto al prezzo di un sistema di controllo intuitivo ma molto impegnativo visto che per dare il meglio occorre riuscire a gestire con rapidità ed efficacia decine e decine di unità, dal singolo soldato alla compagnia di carri.

Men of War non è tuttavia un gioco per tutti: chi è riuscito ad andare oltre le apparenze di titolo che concede poco all’estetica, ha potuto cogliere anche altri aspetti positivi quali un multiplayer che, al pari del single, riesce a dare innumerevoli spunti di riflessione sulla costante semplificazione degli RTS moderni.

Come detto all’inizio, la fase di lancio non è stata sicuramente esente da problemi che riguardavano la latenza dei giocatori coinvolti e parecchi bug di programmazione che hanno caratterizzato l’immediato postvendita. Dopo le segnalazioni dello zoccolo duro della community russa (che aveva inaugurato la beta molto prima della sua commercializzazione) la situazione è decisamente migliorata e nell’arco di circa sei mesi si può dire che l’infrastruttura di base del multiplayer è stata consolidata al punto giusto.

Vista la complessità delle battaglie, è sconsigliabile a tutt’oggi cimentarsi in partite da più di quattro giocatori, soprattutto se privi di connessioni performanti: tuttavia, quando tutto funziona a dovere il multi di Men of War è un vero spettacolo per gli occhi che non ha precedenti, in termini di complessità del gameplay.

Una bella aggiunta alle fazioni già presenti e utilizzabili in multiplayer (americani, russi, inglesi e tedeschi) è stata quella dell’esercito giapponese, ottimo per dare vita a feroci riedizioni degli scontri nel pacifico: questa feature è arrivata solo qualche tempo dopo la pubblicazione grazie a uno dei tanti aggiornamenti che hanno proposto anche nuovi contenuti.

Avatar di Matteo Lorenzetti
Matteo Lorenzetti: Dopo dieci anni di The Games Machine, approda finalmente alla redazione di Eurogamer.it. Onnivoro per quanto riguarda i generi, predilige sparatutto, giochi di guida ed RTS.
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