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Online a pagamento?

Il mercato ci dice che potrebbe accadere...

Insomma, se una volta il ciclo vitale di un prodotto era racchiuso essenzialmente nelle sue prime settimane di vita, salvo poi imboccare rapidamente il viale del tramonto non appena uscito dallo scaffale, ora la vita di buona parte dei tripla A è stata prolungata a dismisura grazie all'introduzione di contenuti scaricabili, spesso a pagamento, raramente gratuiti.

A cosa si deve questo cambiamento? Da un lato alla lungimiranza dei publisher, che hanno capito che il limone (ossia il videogiocatore) è spremibile ben più di quanto non si credesse una volta, arrivando in alcuni casi a fargli spendere anche più di 100 euro per un singolo titolo, a patto di dilazionare l'esborso nell'arco di un anno.

Dall'altro, però, ciò non sarebbe possibile se non fossero cambiate radicalmente le attitudini dei giocatori. Là dove una volta il multiplayer era un orpello dell'esperienza single player, ora è sempre più frequentemente il piatto forte, con la campagna in singolo che diventa un tutorial allungato per prepararci all'online.

Una conferma di questo mutamento ci deriva dai dati divulgati da Microsoft in occasione della recente presentazione milanese di Halo: Reach. Da quando esiste il Live, infatti, sono state più di 2 miliardi le ore giocate complessivamente dagli appassionati in multiplayer. Un dato mostruoso se si pensa che si tratta di un valore relativo a una sola piattaforma e non della sommatoria di Xbox 360, PS3 e PC, come invece lo sono le statistiche di buona parte degli shooter in circolazione.

Volendo comunque uscire dai dati dei singoli titoli e allargando l'analisi a un contesto più generico, possiamo consultare il recente studio di Nielsen sulle abitudini dei giocatori statunitensi. Questi spendono ormai il 10% del tempo trascorso online giocando ai videogame, per un totale di 407 milioni di ore al mese.

Perché questo lungo preambolo, mi domanderete? E soprattutto, cos'ha a che vedere tutto ciò col titolo dell'articolo? La risposta è presto detta, ed è paradossalmente una domanda: siamo sicuri che i publisher non stiano pensando a un modo per fare fruttare questi 407 milioni di ore spese online ogni mese e solo negli USA (mancano purtroppo statistiche a livello mondiale)?

La situazione infatti parrebbe al momento cristallizzata: l'utente compra il gioco base, aggiunge al tutto un paio di DLC e il publisher, soddisfatto e satollo, gli offre gratuitamente il multiplayer. A gettarci però nel dubbio è giunto più volte l'analista Michael Pachter, una cui intervista abbiamo anche pubblicato recentemente sulle pagine di Eurogamer.

L'analista di Wedbush Morgan si è infatti sbilanciato, per ben due volte nelle ultime settimane, sostenendo che a breve potremmo assistere alla comparsa dell'online a pagamento, forse già anche con l'imminente Call of Duty: Black Ops.

Va detto che a queste supposizioni è seguita una ferma smentita da parte di Activision, ma il noto analista non ha indietreggiato e ha rincarato la dose offrendo un'analisi anche più dettagliata. Sebbene non abbia indicato direttamente come saranno strutturati i pagamenti, ha ipotizzato una distinzione tra gli utenti "premium" e gli altri che invece si accontenteranno del multiplayer gratis ma limitato.

Avatar di Stefano Silvestri
Stefano Silvestri: Il suo passato è costellato di tutto ciò che è stato giocabile negli ultimi 40 anni. Dal ’95 a oggi riesce a fare della sua passione un mestiere, non senza una grande ostinazione e un pizzico di incoscienza.
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