Prison Break: The Conspiracy
Il gioco sbagliato al momento sbagliato.
Come ampiamente dimostrato da altri “celebri” prodotti, tra cui l’inguardabile LOST Via Domus, la dura legge del tie-in è solita colpire anche i titoli basati sulle serie televisive. Sebbene in molti si augurassero il contrario, Prison Break: The Conspiracy è infatti solo l’ultimo di una lunga serie di fallimenti videoludici tratti da celebri controparti cinematografiche, letterarie e televisive, e in quanto tale ci costringe a porci, ancora una volta, la fatidica domanda che riecheggia nell’aria in queste occasioni: “Perché?”.
Perché è così difficile trasporre la magia e l’intensità che contraddistingue un film, un libro o una serie TV in un videogioco? Perché, considerando i fondi a disposizione delle software house per la realizzazione di questi prodotti, è quasi impossibile ritrovarsi poi a giocare qualcosa di “accettabile”? La risposta, cari Eurogamers, è tutt’oggi un mistero e noi, dal canto nostro, non possiamo far altro che pregare, sperando che un domani il più insospettabile dei tie-in videoludici sia in grado di stupirci, dimostrandosi all’altezza delle più rosee e improbabili aspettative. Un desiderio utopistico? Forse, ma la speranza, si sa, è l’ultima a morire.
Proponendo una struttura narrativa parallela a quella offerta dalla prima stagione della serie, Prison Break: The Conspiracy ci proietta nel cuore del penitenziario di Fox River, mettendoci nei panni dell’agente Tom Paxton, il cui obiettivo, in qualità di infiltrato, è di assicurarsi che Lincoln Burrows “raggiunga”, come da programma, la sedia elettrica.
Un’ottima premessa, non c’è che dire… peccato però che non sia accompagnata da un gameplay all’altezza delle aspettative. Le meccaniche di gioco, suddivise a tutti gli effetti in due “tronconi”, ovvero esplorazione e stealth, sono infatti minate non solo da una linearità d’altri tempi, ma anche da una ripetitività di fondo che metterà a dura prova la pazienza di qualsiasi giocatore (sì, anche degli appassionati) per tutta la durate dell’avventura.
Per prima cosa dovrete infatti stringere rapporti con altri detenuti del penitenziario e successivamente portare a termine le banalissime missioni che questi vi assegneranno (basate per lo più sul recupero di specifici oggetti in ambientazioni tremendamente lineari oltre che di dimensioni molto contenute). Spesso e volentieri vi capiterà inoltre di prendere parte a violenti combattimenti corpo a corpo ma, anche in questo caso, non andrete incontro a grandi soddisfazioni.
Le meccaniche di combattimento ruotano intorno a poche, semplici azioni, ovvero pugni, schivate, blocchi e contrattacchi, ma solo quest’ultimi si rivelano davvero utili a fini del successo finale; indipendentemente da quanto un combattimento possa mettersi male, vi basterà infatti assestare un potente contrattacco per ribaltare l’esito della sfida.
La difficoltà media di questi scontri è tutt’altro che sostenuta e, come se non bastasse, la possibilità di allenare il proprio alterego, incrementando così la sua potenza distruttiva, non fa altro che renderli ancor più semplici di quanto già non siano.
In aggiunta a tutto questo, come accennato in precedenza, gli sviluppatori si sono concentrati molto anche sull’infiltrazione.