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Quantic Dream e gli androidi paranoici di Detroit - intervista

Secondo Guillaume de Fondaumière, gameplay e conseguenze logiche possono essere strumenti utili a coinvolgere i giocatori.

"In un certo senso, ha a che fare con gli uomini che giocano a fare Dio. A creare qualcosa a nostra immagine", dice Guillaume de Fondaumière, COO di Quantic Dream.

Potrebbe trattarsi di un discorso sullo sviluppo di videogiochi, ma in realtà stiamo parlando del fascino che l'uomo prova nei confronti di androidi, intelligenze artificiali e macchine in grado di sviluppare emozioni. Sono questi i temi portanti di Detroit: Become Human, titolo su cui lo studio sta lavorando.

"Credo che l'uomo abbia un forte impulso di dare la vita, è nel nostro istinto. Sappiamo come procreare, ma credo che siamo a quel punto del processo evolutivo in cui sappiamo di poter creare macchine che vivano più dei nostri bambini. Anche la possibilità di avere delle macchine che ci obbediscano è molto interessante".

In un certo senso, Detroit ha già sviluppato una propria vita oltre il suo scopo originale. Il gioco è nato come una demo tecnica intitolata Kara, in cui un androide "difettoso" palesava emozioni umane. La premessa era troppo allettante per uno studio noto per affrontare complesse trame emotive: il thriller techno-noir è stato poi annunciato lo scorso ottobre.

La scena della negoziazione nel trailer dell'E3 di quest'anno di Detroit: Become Human è senza dubbio emozionante.

Forse, l'elemento caratteristico dei giochi di Quantic Dream è proprio l'emozione. Heavy Rain e Beyond: Due Anime non richiedono solo abilità ai controlli o pensiero logico, ma vogliono anche un pezzettino della nostra anima. Ho chiesto in che modo lo sviluppatore riesce a ispirare un coinvolgimento emotivo del giocatore.

"Prima di tutto, tentiamo di creare giochi sensati ed emozionanti, quindi vogliamo che i giocatori si calino nel mondo che creiamo e capiscano i personaggi", spiega de Fondaumière, facendomi venire in mente la preparazione della tavola in Heavy Rain o la festa a cui si partecipa in Beyond.

"Tentiamo di immergere il più possibile i giocatori nei pensieri intimi del personaggio. È per questo che abbiamo delle scene con meccaniche di gioco molto mondane, dove vedete il personaggio nel suo ambiente e capite le sue motivazioni che, speriamo, facciate vostre. Se ciò accade, farete tutto il possibile per i personaggi che controllate".

"Credo che le emozioni si formino così. Si crea un mondo, poi un contesto forte, poi si danno ai giocatori abbastanza informazioni per legarlo emotivamente al personaggio. Credo che, con le condizioni giuste, i giocatori si sentano coinvolti".

Il trailer di Detroit: Become Human mostrato all'E3 2016.Guarda su YouTube

Ma come accade con ogni medium, di certo ci sono dei giocatori che non sviluppano questo legame. Giocano per il gameplay, non per le emozioni. Hanno solo bisogno di qualcosa che funzioni meccanicamente. Come si fa a fargli piacere il gioco?

"È difficile, ma è quella la sfida. Quel che tentiamo di fare è assicurarci che qualsiasi partita completa abbia delle conseguenze logiche, senza scelte solo giuste o sbagliate. Bisogna accettare e sopportare le conseguenze delle decisioni prese", dice de Fondaumière.

La demo che abbiamo visto all'E3 mostrava una combinazione d'investigazioni (una sorta di CSI:2070) e una drammatica negoziazione per un ostaggio. Era carica di tensione, scelte difficili e influenze di Blade Runner.

"Stiamo tentando di rendere la storia di Detroit molto, molto flessibile, per dare ai giocatori il maggior numero di scelte possibili: sappiamo che ci sono molti tipi di giocatore. Tu adotterai un certo approccio, io ne adotterò un altro. Tenteremo di offrire un'esperienza più diversificata possibile, composta di molte storie diverse".

"Se lo faremo nel modo giusto, a prescindere dalle singole scelte il gioco sarà molto appagante, perché si tratterà di una serie di collegamenti logici, passo dopo passo".