Il Padrino II
La pistola lasciala. Prendimi i cannoli.
Nel periodo in cui ogni publisher tentava freneticamente di saltare sul carro del vincitore sfornando a manetta titoli openworld, ci siamo imbattuti ne Il Padrino, un gioco che, tutto sommato, aveva i suoi bei momentii. Si poteva estorcere denaro in malo modo a onesti commercianti, far volare qualche "fetuso"' dal tetto di un edificio e divertirsi un mondo a spiaccicare le facce contro superfici a piacere. Immaginatevi The Punisher con un'ambientazione mafiosa e una meccanica di copertura alla kill.switch. Insomma: aveva un certo potenziale.
Ma questa serie di ingredienti potenzialmente ottimi era inevitabilmente rovinata da alcuni dei peggiori eccessi di copia/incolla che potevano essere fatti durante la progettazione di un sandbox: l'ossessiva ripetizione di azioni pallose e le inutili sessioni di guida, piazzate lì solo per far vedere quanto dannatamente ampia fosse la mappa. A rendere ancora più amaro il sapore della grande opportunità gettata alle ortiche, EA commise anche il peccato capitale di sprecare completamente il contributo di leggende hollywoodiane del calibro di Marlon Brando e Robert Duvall. Per quanto alcuni elementi del gioco potessero essere divertenti, il 6/10 che il gioco si beccò dai nostri cuginetti inglesi rappresentava una valutazione fin troppo generosa, considerando cosa avrebbe potuto diventare se le cose fossero state gestite diversamente.
Con queste premesse, realizzare un sequel che fosse migliore non avrebbe dovuto essere poi troppo difficile, considerando le risorse a disposizione e l'esperienza di uno studio come Redwood Shores. Quello di cui c'era realmente bisogno era solo una struttura più solida sulla quale si sarebbero dovute innestare missioni complesse e memorabili. Ma mentre in questo seguito la struttura appare innegabilmente migliorata, persiste purtroppo la sensazione che si stia giocando con un'illogica serie di side quest più che con una "campagna" vera e propria. Si tratta di un gioco cui manca stranamente l'anima, che fallisce alla grande nell'obiettivo di comunicare empatia coi personaggi da un lato, mancando nel contempo anche il bersaglio grosso: mentre giochi ti frega qualcosa di quello che stai facendo? Hai delle motivazioni che siano reali e credibili? Decisamente no. Dall'inizio alla fine giocherete con il pilota automatico, sparando a qualsiasi cosa, animale, vegetale, minerale o nome di città che si pari dinanzi a voi fottendovene grandemente del perchè, tanto che, concettualmente, Duke Nukem sembra un trattato di astrofisica.
Per lo meno, EA sembra aver fatto un tentativo per rendere leggermente meno noioso il genocidio dei mafiosi rispetto all'ultima volta. Dove prima si palesava un'inesauribile macchina da guerra con una propensione particolare all'estorsione e alla tortura, il sequel si fonda sul concetto che potrete finalmente avere un certo numero di scagnozzi che vi accompagnano nel corso delle vostre imprese criminali. Per la vostra "famigghia" potrete infatti reclutare fino a sette membri che mostreranno la loro brutta faccia ogni volta che accetterete una nuova missione. Ognuno di loro avrà una specializzazione che mette insieme un po' di tutto, dalla medicina alla rapina, dall'ingegneria all'abilità di scassinare cassaforti e così via. Dopo una breve intervista con il "candidato", profonda quanto quelle che fanno alcune società di lavoro temporaneo, potrete decidere se aggiungerlo alla vostra batteria oppure (come nel mio caso) scartarlo sulla base della sua improbabile acconciatura.
Gironzolando per New York potrete quindi portarvi dietro i vostri uomini come protezione, oppure potrete assegnargli compiti (in massima parte azioni contro i rivali) da portare a termine al vostro posto. Se sceglierete questa opzione vi troverete a giocare periodicamente tramite la nuova mappa, navigando attraverso una serie di menù e comandando le vostre truppe attraverso una serie di semplici selezioni. Clickando su un'attività commerciale potrete decidere se farla saltare in aria rendendola inutilizzabile, oppure se entrare in... società con il proprietario, fatto che vi consentirà di guadagnare denaro.