Remedy tornerà a vivere con la fine dell'esclusività su Xbox - intervista
La libertà da studio indipendente ha inizio.
Non sono molti gli studi famosi per la loro stranezza. Quanti sviluppatori riescono a trasformare la storia delle soundtrack dei loro giochi in un vero e proprio lento? Quanti direttori creativi fanno un mini-striptease sul palco per poi vestirsi come uno dei protagonisti dei loro giochi? Può permetterselo solo Remedy, lo studio finlandese che ha lavorato a Max Payne, Alan Wake e Quantum Break.
Per scendere ancora di più nello specifico: quanti studi indipendenti che creano dei blockbuster esistono ancora? Sarete perdonati se finora avete pensato che Remedy non fosse indipendente. Negli ultimi dieci anni gli sviluppatori sono stati sotto l'ala protettrice di Microsoft e hanno realizzato giochi in esclusiva per Xbox. Ma ora non più. Adesso Remedy si è scrollata di dosso l'esclusività su console e ha deciso di realizzare giochi per altre piattaforme, inclusa PlayStation 4. Durante la conferenza polacca Digital Dragons abbiamo intervistato il direttore creativo Sam Lake per scoprirne di più su questa nuova era per lo studio.
Fuori il vecchio
Quantum Break è stata l'ultima ambiziosa opera realizzata da Remedy, all'interno della quale sono stati inseriti, tra i vari capitoli di gioco, alcuni episodi in live action con uno stile da serie TV. Ora è facile guardare indietro e prendere in giro l'ambizione dello studio di mettere insieme media differenti ma ai tempi in cui Microsoft stava presentando Xbox One come un pezzo forte del salotto, sembrava davvero una grande idea.
"Nel progetto iniziale di Alan Wake 2, che abbiamo presentato a Microsoft, c'era l'idea di realizzarlo ad episodi, inframezzati però da scene in live action”, ha detto Sam Lake. “A loro piaceva quell'idea nello specifico. Mi hanno fatto capire che si trattava di un'innovazione da non lasciarsi sfuggire, ma che purtroppo erano alla ricerca di una nuova IP. Volevano che appartenesse a loro. Alan Wake però è nostro, perciò era fuori discussione, doveva essere qualcos'altro”.
"Se ci pensiamo bene in quel periodo Microsoft, che si trovava solo all'inizio dei lavori su Xbox One, vedeva la console più come un dispositivo orientato all'intrattenimento. Se vi ricordate, si parlava molto di TV e di live action".
Nel bel mezzo della ventata di entusiasmo di Microsoft per l'aspetto televisivo della console, è nato Quantum Break. In seguito Microsoft è stata costretta a cambiare idea per quanto riguarda il progetto e, per questo motivo, ha deciso di chiudere gli Xbox Entertainment Studios a Los Angeles, compiendo un decisivo passo indietro. Il percorso di Remedy era però già stato avviato. Per fortuna lo studio finlandese aveva affidato le riprese ad una società esterna e, grazie a questo, in qualche modo Quantum Break “è sopravvissuto a tutti i cambiamenti voluti da Microsoft”. Ma la lotta non era finita qui.
"È stato molto impegnativo e complicato”, ha dichiarato Lake. “In realtà all'inizio il progetto era meno ambizioso. Ma poi abbiamo intuito il volere di Microsoft: voleva che realizzassimo una serie TV con una storia e dei personaggi diversi, che venissero mostrati contemporaneamente al gioco. Per tutto il tempo mi sono ripetuto che era fatta, che se volevamo fare qualcosa di nuovo dovevamo solo mettere insieme tutte queste cose e avremmo ottenuto dei crossover”.
A poco a poco la sua ostinazione è stata ripagata e il progetto si è trasformato. Ma mentre i giochi possono cambiare durante lo sviluppo, le serie TV, che invece hanno una produzione già prestabilita, non possono farlo. “Non ho mai preso parte ad una produzione televisiva e molte cose le ho apprese durante il percorso”, ha detto. “La nostra soluzione era quella di rimandare il più possibile, così da avere tutto pronto dal punto di vista del gioco e quando ormai si era agli sgoccioli… si poteva cominciare a mettere tutto insieme”.
"Anche allora ci sono state cose divertenti”, ha aggiunto. Remedy avrebbe ovviamente fornito degli asset non finiti, come un faro da cantiere provvisorio in un certo luogo. “Lo hanno costruito davvero così com'era!”, dice. “Lo potete trovare nella serie in alcuni posti!”.
Poi ha continuato: “Sono davvero orgoglioso di ciò che abbiamo realizzato e del risultato finale. Farei le cose ancora esattamente allo stesso modo? No. Adesso però avrei un sacco di insegnamenti e di idee in più da inserire nel progetto”.
Dentro il nuovo
La possibilità di liberarsi dal legame con un determinato produttore, incluso il fatto di essere trascinati dalle decisioni prese sul momento da chi possiede la piattaforma, sembra una cosa positiva. Si tratta di qualcosa che ha a che fare con la libertà di prendere le proprie decisioni, per non parlare della possibilità di raggiungere finalmente tutto il pubblico di PlayStation.
"Abbiamo lavorato con Microsoft Studios per dieci anni, realizzando due grandi giochi. Era una partnership logica e positiva. Per Microsoft la cosa importante era ovviamente la piattaforma, ma noi siamo sviluppatori indipendenti e in fine dei conti uscendo da questa collaborazione vogliamo soltanto che i nostri giochi possano raggiungere più persone possibili e passare al multi-piattaforma è per noi la decisione più logica”.
Questo non significa che in futuro la porta resterà chiusa per dei contratti in esclusiva.
“È difficile parlare di tutto questo in termini assoluti. Ci sono così tante cose da prendere in considerazione quando si realizzano dei giochi: il lato creativo, le ambizioni ma anche il fatto che si tratti di un contratto d'affari che deve avere senso. Perciò mai dire mai. In questo momento, però, vogliamo andare in un'altra direzione”.
Questa direzione di cui parla, incude un'IPO (offerta pubblica iniziale), sospesa sul mercato azionario finlandese. Si tratta di qualcosa che già altri studi indipendenti, come Starbreeze e CD Projekt, hanno fatto prima, qualcosa che può significare del denaro in entrata svincolato dagli editori, che a sua volta significa libertà e potere nel negoziare con loro.
"Sta cominciando ad accadere nell'industria”, ha detto Lake. “Ci sono gli esempi di Starbreeze o CD Projekt, che hanno compiuto questo passo con successo. Pensando alle opzioni possibili e a come erano un tempo gli studi indie, ho notato che ce ne sono sempre meno in giro, bisogna trovare una soluzione per rendere possibile questa realtà”.
"Questo deriva anche dal fatto che vogliamo trovare i mezzi per finanziare, in parte, i nostri giochi e con essi mantenere la proprietà del marchio. Ci darebbe sicuramente la possibilità di fare dei progetti a lungo termine, non soltanto sul titolo in sviluppo, ma anche di lavorare a più cose per avere più giochi in uscita. Ci darebbe maggiore flessibilità e la sicurezza, una volta seduti al tavolo dei negoziati, di poter dire cosa vogliamo, quali sono i nostri progetti e come possiamo far funzionare il tutto”.
I nuovi giochi di Remedy
Remedy ha attualmente un organico di 140 persone e sta lavorando a due giochi: CrossFire 2 e P7. La maggior parte dello studio sta lavorando a CrossFire 2, che è in piena produzione, mentre P7 è ancora in pre-produzione.
CrossFire 2 è il sequel dell'enorme gioco free-to-play CrossFire, creato dalla società coreana SmileGate. Remedy non sta lavorando all'intero sequel, ma soltanto alla modalità storia del titolo.
"Stiamo applicando il tipico metodo Remedy”, ha detto Lake. “Ci hanno cercati per la nostra abilità nello storytelling, per la nostra capacità di costruire i personaggi e per la nostra bravura nella creazione del mondo di gioco. Stiamo realizzando una modalità storia per il loro grande titolo CrossFire 2”.
Non è ancora stata annunciata una data d'uscita, e non spetta a Remedy farlo.
Project 7 (P7) è il tipico grande progetto di Remedy, a cui tutti siamo abituati. Ha un publisher, 505 Games, e sarà un gioco d'azione in terza persona con alcune intriganti meccaniche che ne garantiranno la longevità.
"Stiamo pensando di mantenere una trama, dei personaggi e un mondo di gioco importanti, così come abbiamo fatto in passato, ma vogliamo percorrere anche altre strade, in modo che i giocatori possano trascorrere più tempo con il titolo”, ha affermato Lake, “che non si fermino a giocarci soltanto una volta per poi finirlo in un paio di giorni. Stiamo esplorando nuovi modi per ampliare questo ambito senza perdere quello che sentiamo di saper fare davvero bene.
Per quanto riguarda P7 invece? Durante la presentazione del gioco al Digital Dragons, Lake ha spiegato che Remedy è riuscita ad ottenere una buona reputazione riguardo la realizzazione degli attuali giochi action. Ho chiesto quindi allo studio se si allontanerà mai da questo genere.
"Mai dire mai!”, ha risposto. “Ogni volta che abbiamo una nuova opportunità, un nuovo progetto, un'idea, ci mettiamo in discussione. È essenziale? C'è per caso un motivo per cui questa nuova idea lo renderebbe migliore? Bisogna essere sempre severi sui propri principi e metterli in discussione quando necessario. Questo atteggiamento non lo definirei come una nostra debolezza, ma anzi, lo sento più come un punto di forza del nostro studio. Ci sono un sacco di persone che si aspettano da noi quel tipo di esperienze”.
Sarà interessante vedere fin dove si spingerà Remedy nel mescolare i diversi media. Max Payne utilizzava delle vignette a fumetti per raccontare le storia, Alan Wake era un romanzo nel romanzo e Quantum Break utilizzava degli episodi in stile serie TV live action. Cosa potrebbe fare P7?
In ogni caso, Remedy è attenta a non dire troppe cose in modo affrettato. P7 potrebbe già avere una sua definizione, ma al momento è ancora in pre-produzione e a Remedy piace l'idea di poter liberamente modificare ed evolvere in modo creativo le proprie idee durante il percorso.
"Non vogliamo parlare del gioco troppo presto, abbiamo già fatto questo errore con i titoli precedenti”, ha detto Thomas Puha, l'addetto stampa di Remedy, “ne abbiamo parlato troppo presto e poi l'attesa è stata lunghissima. Non vogliamo che accada più”.
"È sempre un viaggio di scoperta”, ha aggiunto Lake. “Crediamo che si tratti davvero di un processo iterativo. Se ci capita di finire in un vicolo cieco o se, durante l'esplorazione e la prototipazione, accade qualcosa d'inaspettato, ne siamo felici. Non avevamo programmato quella determinata cosa, ma è comunque saltata fuori una possibilità che dobbiamo prendere in considerazione. Riteniamo che, per realizzare dei buoni giochi, sia necessario avere una certa flessibilità”.
"Il problema è che, se si parla troppo presto o si presenta subito il proprio progetto, nel caso in cui si avessero nuove idee o si scoprisse qualcosa di nuovo e lo si volesse cambiare, le persone finirebbero per rimanere deluse. Questo è il nostro modo di realizzare bei giochi, dobbiamo essere abbastanza coraggiosi da cambiarli per renderli migliori”.
Che cosa ci potete dire invece di Alan Wake 2?
"Possiamo confermarvi, ed è meglio che tutti lo sappiano, che P7 non è un Alan Wake 2”, ha categoricamente ribadito Lake. Questo non significa che l'idea di Alan Wake 2 sia morta.
"Mi piacerebbe molto farlo!”, ha detto Lake. “Non stiamo lavorando ad Alan Wake 2 al momento. Alan Wake è nostro, sento che ha ancora il suo valore e mi piacerebbe realizzare un altro Alan Wake, ma queste cose, si sa, sono molto più che semplici idee creative, dietro c'è anche un aspetto prettamente economico da prendere in considerazione. Ci sono diverse questioni da sistemare prima di renderlo possibile”.
Nel 2015, Remedy ha condiviso dei concept video di Alan Wake 2, che risalgono al 2010. Filmati che è stato un bene mostrare perché, come ha detto Lake: “Il progetto si è evoluto così tanto fino ad oggi, che mostrare questi filmati non si può minimamente considerare uno spoiler”.
Ha inoltre aggiunto: “Ogni volta che avevamo un progetto pronto e che lo portavamo agli editori per parlarne, sembrava che non fosse né il momento né il luogo adatto per concretizzare quel determinato concept. E questo per tanti motivi, l'ho sempre sentito come un compromesso, come se non stessimo realizzando il sequel di Alan Wake che volevamo”.
"Per noi Alan Wake è prezioso e, se e quando lo faremo, vogliamo realizzarlo alle nostre condizioni, per creare il vero sequel che si merita, non soltanto un compromesso. E purtroppo non siamo ancora riusciti ad arrivare a quel punto”.