Resident Evil 5
Una saga giunta al capolinea?
A volte non ce la faccio proprio a condividere l'eccitazione selvaggia di alcuni colleghi per certi titoli. Tra i tripla A usciti dalla fine del 2008 a oggi (Gears of War 2 escluso) non sono proprio riuscito a trovare qualcosa di estremamente forte, sexy (videoludicamente parlando, ok?) e abbastanza convincente da farmi aumentare la salivazione.
Non c'è riuscito LittleBigPlanet, simpaticissimo e raffinato puzzle-platform che oltre all'editor dei livelli non mi offre molto di più, e meno che meno c'è riuscito il sopravvalutato Left 4 Dead che non è niente più di un mod per sparatutto. Far Cry 2? Come dicono gli anglofoni, "overrated". Skate It? Bello ma c'ho un'età e i sandbox, escluso GTA o Saints Row, mi asciugano in quaranta minuti. Alla fine, preferisco Castle Crashers che sarà pure basilare e ignorante, ma almeno fa ridere di gusto.
Poi mi arriva tra le mani Resident Evil 5 e allora mi altero di brutto. L'hype creato sul titolo è stato feroce, l' attenzione ai dettagli per il lancio enorme, ma i filmati promozionali (che non fanno vedere nulla o quasi del gioco) appaiono quasi sospetti e forse c'è un motivo. La demo, credo, l' avete giocata tutti quanti e immagino che vi siate fatti una serie di domandine anche voi. La prima è canonica: dove eravamo rimasti?
Con Resident Evil 4, Capcom era arrivata a un bivio. Doveva infatti decidere se proseguire, da un lato, sui binari classici della serie con la tensione a palla, atmosfere malate e disturbanti e una grafica caratterizzata da palette di colori spenti che ti calavano immediatamente in un mondo nel quale niente era come avrebbe dovrebbe dovuto essere, oppure virare in modo deciso verso l' azione più pura e adrenalinica. Restare fedeli alla "legacy", a quella reputazione corpulenta, mostruosa, piena di tentacoli e appendici letali, ma soprattutto costruita in oltre dieci anni di capolavori non era facile. Ribaltare il mondo della Umbrella come un calzino e gettarsi nell' imperante flusso del run&gun cercando il botto? Una tentazione irresistibile.
Con il debito rispetto per l' ultima cosa buona partorita da Valve, Resident Evil 5 mi ricorda concettualmente più Half Life 2 (e in più di un' occasione) che un Silent Hill qualunque. O forse no. Come nel più datato sparatutto su binari, viaggerete a bordo di diversi veicoli mitragliando infetti che, a centinaia, cercheranno di fermare la vostra corsa, assaltandovi magari a bordo di scalcagnate moto da cross o di camion probabilmente rubati a qualche ONG. Come in decine di altri giochi d' azione (vedi Onimusha nel passato remoto o Gears of War 2 nel presente) avrete un partner che vi sarà d'aiuto nelle situazioni d'emergenza e che sarà fondamentale per proseguire nel gioco, sbloccando enigmi o facendo scattare interruttori. Come in Metal Gear Solid avrete un inventario onscreen che vi permetterà di usare, in tempo reale, gli oggetti che vi portate addosso. Come nei precedenti RE potrete contare sul solito arsenale di armi e munizioni, ma senza le strette limitazioni che rendevano l'atmosfera degli scorsi capitoli carica di tensione e angoscia, di vero timore per la vostra vita.
Cos'è successo, dunque, alla formula magica di Resident Evil? Dove cavolo è andato il senso di precarietà e insicurezza che contraddistingueva ogni episodio? Cosa differenzia, ormai, RE5 da uno sparatutto qualsiasi? Forse il fatto che il protagonista è il famoso Chris Redfield, un eroe che finalmente ritroviamo dopo diverso tempo e che adesso sembra aver passato gli ultimi anni a bombarsi di steroidi invece di essere stato in giro per il mondo a caccia di misteri? Se nei bellissimi filmati promozionali girati con attori in carne e ossa, e che vedremo a breve in TV anche da noi, Chris ci appare come un uomo normale che cerca di ricostruirsi una vita dopo il suo viaggio a Kijuju (ma è preda di terribili allucinazioni), nel gioco è un figone che sfoggia bicipiti-powah e un'attitudine cafona che lo fa somigliare al tenente Marion Cobretti, dove le uniche differenze sono la mancanza dei Ray-Ban a specchio e una fidanzata tettona come la Nielsen ai bei tempi.
A Redfield, invece, tocca una socia come Sheva, tatuata e piena di bigiotteria etnica, utile compagna negli scontri a fuoco, oltre che preziosa fornitrice di piombo. La ragazza è una tipa tosta, una che sa badare sufficientemente a sé stessa e che non ha (troppo) bisogno di baby-sitting, tanto che spesso sarà lei a salvarvi le chiappe quando sarete in situazioni veramente difficili. In questo, Capcom e Kawata, sono stati abbastanza bravi riuscendo a generare un'interazione piuttosto equilibrata tra i due personaggi: anche se non sarà legata a voi come un cagnolino, infatti, Sheva risponderà alle vostre chiamate, vi fornirà copertura quando non ve lo aspettate e potrete anche scambiare con lei munizioni o erbette varie. Come dite? Questa cosa si è già vista in L4D? Cavolo, non me ne ero proprio accorto...
Ok. Archiviata la questione "influenze" (ricordate sempre che se copi da uno solo è plagio, ma se copi da molti diventa una "citazione"...), possiamo dedicarci alle questioni tecniche. Resident Evil 5 non soffre di particolari problemi: il framerate è stabile, e la sua grafica, per lo meno su Xbox 360, appare fresca, croccante, estremamente nitida e definita. Su PS3, stranamente, le cose cambiano in modo abbastanza deciso e anche se il titolo mantiene una sua assoluta dignità. Un bel test comparativo con due monitor HD affiancati dotati del medesimo settaggio e alla stessa illuminazione ambientale rivela infatti una minore definizione, per quanto si tratti di vere minuzie.
Gli ambienti, sia nelle sezioni in esterni sia negli interni, sono ricchi di oggetti, disordinati e squallidi come ci si può giustamente aspettare da gente infettata dal T-Virus (per il disordine somigliano un po' a casa mia, ma io sto benissimo, ve lo garantisco...). Eppure, data la potenza delle console sulle quali è stato realizzato il gioco, mi aspettavo una maggiore interattività. Sparare a un lenzuolo steso ad asciugare ha infatti lo stesso effetto che sparare nel vuoto, mentre, se lo si fa contro un muro, misteriosamente, rimane il segno del proiettile. Negli esterni, l'interazione con l' ambiente segue parametri da decifrare. Riuscirete a far saltare in aria alcune cose, mentre altre, comprese le baracche di lamiera, parranno costruite con la pietra. Per facilitare l'approvigionamento di munizioni, queste ultime sono evidenziate in modo inequivocabile, una scelta stilistica che non ho molto apprezzato e che se è perfettamente accettabile in un qualsiasi sparatutto arcade, a mio parere stride come le unghie sulla lavagna nel mondo di Resident Evil.