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Rime e la fossilizzazione dei giochi indie - editoriale

Un'etichetta divenuta ormai sinonimo di un genere.

Sviluppato da Tequila Works, Rime ha subito una buona dose di cambiamenti, divenendo un open world con elementi platform e puzzle, ambientato in un'isola tropicale deserta. Inizialmente è stato presentato come esclusiva per Xbox One ma successivamente è stato considerato come uno dei principali titoli indie per PS4, per poi essere lasciato alla deriva un paio di anni dopo. Fatta eccezione per un frame rate non troppo stabile su Xbox One, il titolo in realtà sta venendo su piuttosto bene. All'inizio del gioco, il nostro personaggio, un capellone vestito di stracci, si sveglia su una spiaggia mite costellata di enormi rovine in marmo. Vagando lungo la costa, passando tra gabbiani poltroni e granchi scontrosi, scopriremo un ingresso che conduce ad una vallata boscosa. Al centro di essa troveremo una statua di una volpe che sembra viva.

Urlando alle statue più piccole, disseminate su tutta la spiaggia, potremo liberare lampi di energia che scintilleranno fuori dalla volpe, trasformandola alla fine in un animale in carne ed ossa, che ci aprirà la strada per l'entroterra dell'isola. L'atto di correre insieme a questi effimeri fuochi d'artificio che danzano verso la statua principale può rappresentare la sintesi di Rime: rilassante ed esuberante nello stesso tempo, un gioco che esprime la gioia di abitare un particolare corpo in un particolare luogo, così come il raggiungimento dello scopo o la scoperta.

Segreti arcani ci attendono più in profondità all'interno dell'isola, puzzle basati sulle diverse prospettive, un gigantesco predatore alato e un meccanismo che apparentemente ci consente di modificare l'ora del giorno. Nonostante sia impaziente di giocarci, la mia mente però continua a distrarsi dal titolo. Rime è un gioco stranamente frammentato, la cui qualità deriva dall'assemblaggio di tutte le sue parti, visibili in tutte le mutevoli curve segnate dalle intemperie dei templi sacri e delle colline. Sarebbe un po' troppo facile da catalogare se si decidesse di considerare separatamente i suoi diversi aspetti, suddividendoli in base alle analogie e alle influenze.

L'oceano è quello di Wind Waker, increspato da cavalloni bianchi e spumosi che vi supplicano di tuffarvici dentro. Il terreno dell'isola sembra ispirarsi all'acclamato The Witness, che a sua volta ricorda Myst, insieme alla struttura pulita dei suoi enigmi nascosti in mezzo a impressionistiche macchie di fogliame, caratterizzate da delicati ed irresistibili contrasti tra luce ed ombra. Le animazioni del protagonista ricordano Ico, con i movimenti di gomiti e ginocchia accentuati da uno sventolante mantello rosso, mentre il comparto orchestrale dinamico mi ha riportato alla mente Ori and the Blind Forest, la perla indie del 2015 di Microsoft, con accordi malinconici del pianoforte, archi in crescendo ed un assolo di donna privo di parole.

Sia chiaro, non sto cercando di dire che Tequila Works abbia copiato da ciascuno di questi giochi. L'estetica di Rime apparentemente deve tanto ai pittori Giorgio de Chirico e Joaquin Sorolla, quanto ai titoli simili a Journey e, in ogni caso, non c'è niente di sbagliato nel fare proprie tutte queste ispirazioni, traendone il meglio da tutte. Ritengo però che Rime racchiuda e renda visibile, in misura diversa, un problema che riguarda tutti i titoli citati prima: l'idea che "indie" non si riferisca né alle condizioni finanziarie dello sviluppatore né a delle particolari aspirazioni creative, ma ad un genere reale fatto di temi, meccaniche e riferimenti visivi specifici.

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Un gioco indie può essere qualsiasi cosa naturalmente, ma quando oggi parliamo di giochi "indie" credo che ci si riferisca in realtà a qualcosa di abbastanza specifico: una combinazione di pittoresca nostalgia, profondità psicologica o emotiva, e innovazioni delle meccaniche limitate. Il gioco sarà o un puzzle-platform che si svolge in qualche bucolico e scolorito mondo idilliaco o uno frenetico sparatutto arcade ricco di momenti splatter, ambientato negli anni '80 (o in un vicino futuro fatto per assomigliare agli anni '80). Cercherà di cogliere l'atmosfera e il ritmo di un classico amato in passato, ma con un tocco tipicamente "moderno" che comporta, ad esempio, una fisica in tempo reale e una generazione procedurale dei livelli.

Probabilmente ispirerà (o avrà la pretesa d'ispirare) una profonda analisi della condizione umana, una specie di viaggio interiore. Potrebbe anche trattarsi di un gioco in pixel art o che assomigli leggermente a Minecraft. Vanterà una carenza di rifiniture e una progettazione più incentrata su un'idea e sull'autenticità rispetto al crafting. La maggior parte delle volte però, quella scarsa rifinitura è stata realizzata con molta fatica, pensate ad esempio all'uso ostentato dei pixel o del lo-fi o alle superfici e agli oggetti "pittorici" senza texture. Ma prima di tutto, si prenderà molto sul serio. Questo è il brutto stereotipo che ci è stato imposto da decine di trailer mostrati all'E3, dagli artwork pittorici, dalle varie singole storie di successo e, bisogna ammetterlo, anche dalla stampa videoludica.

Non ho problemi con nessuna di queste qualità in sé. Passeggiare tra le onde in Rime sicuramente ci fa prendere una bella pausa da contenuti pesanti e pseudo-realistici come potrebbero essere quelli di Ghost Recon: Wildlands. Ho però un problema con l'idea che "indie" si riferisca ad una tipologia di gioco che può essere identificata a colpo d'occhio. Laddove una volta il termine poteva sottendere l'inaspettato, il provocatorio, oggigiorno la prima cosa che ci fa venire in mente è che si tratti di un divertimento retrò dotato di una sincerità eccessiva, che funga da rimprovero implicito alle critiche. Tutto ciò riflette il tentativo da parte dei creatori ai margini della scena di raggiungere il cosiddetto mainstream, una pressione volta ad ammorbidire un tipo di arte "underground" o "emarginata" per trasformarla in una forma che invece possa essere facilmente replicata, così da poter essere convertita in profitto.

Mi sono divertito con Rime e non vedo l'ora di scoprire cosa si nasconda all'interno dell'isola, ma nel momento in cui mi sono messo a scrivere questo articolo, esso è divenuto rappresentativo di questa situazione: dalla tipologia degli enigmi e dell'esplorazione in stile Zelda, attraverso la storia da romanzo di formazione, fino a malinconici panorami bucolici. Il gioco è stato etichettato come un prodotto "indie" per eccellenza, messo notevolmente in evidenza nei programmi di self-publishing di Microsoft e Sony. Si tratta di una produzione elegante e sbalorditiva per quello che si è visto finora, ma anche di un prodotto che assomiglia a cose già viste. Non è abbastanza per fare in modo che i giochi indipendenti ci ammalino con la loro onestà o fedeltà ai classici, dovremmo chiedere loro di colpirci e sfidarci, se vogliamo che la parola "indie" sia più di una semplice effigie scolpita nella pietra.