Roberto Dillon: il C64, un amore mai dimenticato - intervista
Intervista all'autore del libro "Ready: Il Mondo del Commodore 64".
Dopo una gavetta in Italia come programmatore in un'azienda del gruppo Finmeccanica, Roberto Dillon, genovese, è entrato nel settore videoludico lavorando come sviluppatore di serious game. Oltre ai videogame la sua grande passione è sempre stata l'insegnamento e l'opportunità è arrivata da Singapore.
Roberto ha collaborato con diversi istituti della città tra i quali Nanyang Polytechnic, Digipen e infine James Cook University, dove attualmente ricopre i ruoli di game designer e docente. Nel curriculum ci sono anche diverse pubblicazioni tra le quali "Ready", un libro dedicato al mitico Commodore 64, quest'anno anche in lingua italiana.
Eurogamer.it: Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a proporre sul mercato un libro sul Commodore 64? Hai avuto difficoltà a trovare un editore che credesse in questo progetto?
Roberto Dillon: Si dice che il "primo amore non si scorda mai" e questo secondo me vale anche per l'informatica. Per un appassionato di videogiochi e tecnologia come il sottoscritto, è sempre stato immediato vedere nei prodotti di oggi riferimenti del passato, spesso risalenti proprio ai pionieristici anni '80 in generale e al C64 in particolare. Un libro che discutesse l'eredità del più famoso 8 bit di casa Commodore e di come questo abbia influenzato il mondo in cui viviamo oggi era quindi un progetto che cullavo da tempo.
Una volta trovato il tempo per lavorarci non è stato poi difficile trovare un editore, ossia Springer per l'edizione Inglese e UniversItalia per la traduzione Italiana. Quest'ultima ha inserito il volume nella collana "Conscious Gaming" curata dal Vigamus, il cui staff si è subito mostrato entusiasta del progetto. La versione italiana è stata leggermente ampliata aggiungendo maggiori riferimenti al nostro Paese.
Eurogamer.it: Quando ho saputo dell'esistenza di questo libro dedicato al glorioso C64 mi sono chiesto come saresti riuscito a coinvolgere i giovanissimi riguardo l'importanza e l'influenza che questa macchina ha avuto sulle generazioni precedenti. Mi vengono in mente quei video in rete che mostrano le reazioni dei ragazzi alle prese con computer o software del passato.
Roberto Dillon: È proprio questo l'obiettivo del libro e per centrarlo ho cercato di offrire una panoramica a 360 gradi del computer, partendo dagli aspetti tecnici, sia hardware che software, e mettendo in evidenza pregi e difetti del C64 spiegando, nel caso di questi ultimi, perché non fu possibile correggerli.
Una parte significativa del volume tratta l'argomento videogame, con più di 100 titoli analizzati per genere. Vengono esplorati anche aspetti più tecnici come gli esordi dei game engine o i modem per connettersi online prima dell'avvento di Internet, e la nascita della stampa specializzata. Sarebbe interessante fare un video che riprendesse giovani utenti alle prese con il C64 prima e dopo aver letto il libro!
Eurogamer.it: Quanto tempo hai impiegato a reperire le fonti? Quali sono state le parti più impegnative durante la stesura del libro? Hai riadattato in un secondo tempo alcune parti del libro?
Roberto Dillon: La parte di ricerca ha richiesto alcuni mesi, tempo speso a rintracciare testi dei primi anni '80 senza dimenticare le storiche riviste tra le quali Zzap! e Compute! Gazette. Fortunatamente esistono archivi online che hanno reso più agevole la ricerca: solo pochi anni fa preparare adeguatamente un libro come questo sarebbe stata un'impresa ardua.
La sezione più impegnativa? Le parti relativa alla programmazione, la scrittura del codice. Scrivere ogni pagina è stato in realtà fonte di grande divertimento e soddisfazione. Per l'edizione Italiana ho rivisto ed ampliato leggermente alcune parti, come il capitolo sulla stampa specializzata, dando più risalto alle testate nazionali.
Eurogamer.it: Negli anni di gloria di Commodore risiedevi in Italia. Secondo le testimonianze raccolte dai colleghi stranieri hai notato differenze di approccio agli home computer tra l'Italia e i Paesi stranieri? Da ragazzo ricordo una certa diffidenza dell'opinione pubblica nei confronti dell'informatica.
Roberto Dillon: Chiaramente gli home computer ebbero un maggiore impatto negli USA e in Inghilterra, forse grazie a una cultura più imprenditoriale che riuscì a vedere le possibilità insite in queste nuove tecnologie, soprattutto nelle mani dei giovani desiderosi di sperimentare nuove idee. In Italia questo fu più difficile e le cause furono probabilmente di matrice culturale, come osservi giustamente tu: gli home computer venivano visti dal pubblico adulto come un semplice passatempo e non come una porta verso una possibile nuova industria.
Probabilmente quest'ottica miope fu responsabile della mancanza del sostegno, morale oltre che finanziario, necessario a far emergere anche in Italia giovani talenti. In Inghilterra, invece, i fratelli Darling fondarono giovanissimi una certa Codemasters.
Eurogamer.it: Nel panorama IT attuale quale potrebbe essere il nuovo c64, inteso non proprio come hardware ma come mezzo/idea innovativa in grado di rivoluzionare o almeno entrare nella vita quotidiana delle famiglie?
Roberto Dillon: Quello che più si avvicina allo spirito dei vecchi computer 8 bit è sicuramente il Raspberry Pi, microcomputer estremamente economico che si presta a molte applicazioni innovative e che può catalizzare la curiosità di tutta la famiglia. Ma l'immediatezza che caratterizzò il VIC-20, il C64 o lo ZX Spectrum, rimane un unicum nella storia dell'informatica.
Eurogamer.it: Spostiamoci sull'argomento game design. Quali sono le metodologie che usi per insegnare ai tuoi studenti, questa "disciplina" così complessa? Da quali argomenti parti? Cos'hai imparato in questi anni di esperienza di docente?
Roberto Dillon: Data la sua interdisciplinarietà, il game design è una materia estremamente vasta e di difficile classificazione. Può essere insegnata in molti modi diversi, a seconda anche delle particolari esperienze e conoscenze dell'insegnante. Essendomi formato come docente al DigiPen Institute of Technology, tendo a seguire lo stesso approccio sperimentato con successo in tale università.
Questo parte da uno studio accurato dalle meccaniche di gioco su semplici board game, che diventano man mano più complessi. Su questa base aggiungo poi uno studio basato su elementi di psicologia cognitiva per aiutare gli studenti a comprendere come si possa creare un'esperienza di gioco coerente ed in grado di coinvolgere emotivamente i giocatori.
Un altro aspetto che tendo ad enfatizzare nelle mie classi è lo studio dei "classici", ovvero dei retro game a 8 e 16 bit. Questi offrono infatti una miniera di informazioni, esempi ed idee che sono ancora attuali per capire come creare delle esperienze di gioco semplici ma di successo, specialmente nell'ambito dei giochi indie e mobile. Ogni moderno game designer dovrebbe studiarli così come un aspirante pittore studia i lavori dei grandi del passato. La tecnologia e gli strumenti con cui lavoriamo cambiano con i tempi ma le regole di base, così come gli obiettivi che ci prefissiamo, rimangono le stesse.
Dagli studenti s'impara sempre qualcosa: da quelli bravi a rimanere curiosi e motivati. In questo mondo in continua evoluzione, infatti, non ci si può mai fermare ma bisogna continuare a studiare e a scoprire cose nuove. Da quelli meno bravi si impara l'arte della pazienza e a non dare mai nulla per scontato.
Eurogamer.it: Quali sono i punti a favore di Singapore, dal punto di vista della tecnologia e dei servizi offerti?
Roberto Dillon: Singapore è un paese in continua evoluzione. Le infrastrutture continuano a essere migliorate con l'obiettivo di creare in un prossimo futuro una "smart city" sempre più automatizzata e funzionale. C'è ancora molto da lavorare, ovviamente, ma è evidente come il governo cerchi di facilitare ogni opportunità nel campo delle tecnologie digitali, intrattenimento compreso. Gli studenti hanno molte opportunità per trovare la loro strada con una varietà di corsi pre e post universitari davvero unica.
Direi che il punto principale a favore di Singapore è proprio l'abilità di mettersi continuamente in discussione, guardando costantemente al futuro per capire come si possa effettivamente migliorare lo stile di vita dei propri cittadini. Ci sono titoli che mostro come case studies su particolari temi, da arcade quali Pac-Man ad avventure testuali come Planetfall.
In genere però lascio agli studenti ampi margini di ricerca per poi analizzare e discutere insieme quello che hanno scelto. Nota che i miei studenti non sono esperti di retrogaming, quindi per loro è un territorio completamente nuovo. Uno dei compiti principali del corso è discutere l'evoluzione di un particolare genere a scelta, da RPG a FPS, da Action/Adventure a giochi di calcio ecc.
Gli studenti devono quindi scegliere i titoli che sembrano loro più rappresentativi dagli albori dell'informatica ad oggi ed analizzarli in maniera approfondita evidenziando somiglianze e differenze. Ad esempio, per discutere l'evoluzione del genere stealth, hanno preso come riferimento Castle Wolfenstein (1981), Metal Gear (1987), Metal Gear Solid (1998) e Dishonored (2007). I vari titoli devono essere confrontati in termini di gameplay e meccaniche di gioco per comprendere come il genere scelto si sia evoluto di generazione in generazione.
Lo scopo del corso è di insegnare a sviluppare un concetto di gioco coerente dove le meccaniche funzionino perfettamente tra loro e siano finalizzate alla realizzazione di una certa esperienza capace di coinvolgere emotivamente i giocatori. Per raggiungere lo scopo il primo passo è quindi educare i giovani ad apprezzare i giochi come "sistemi", non concentrandosi sull'aspetto grafico.