Skip to main content

Se Ubisoft vuole tenersi stretto Tom Clancy è il momento di parlare di opinioni politiche - editoriale

Da manuale.

Come schivi una domanda sulle idee politiche di un gioco che propone una milizia formata da cittadini contro un governo corrotto all'interno della Washington DC dei nostri giorni? Beh si potrebbe iniziare parlando del meteo. "Amavo il clima freddo del primo gioco ed essere in grado di andare a Washington e avere effettivamente la possibilità di sentire l'estate calda e umida tipica di quel clima", ha rimarcato il creative director di The Division 2, Terry Spiers, quando è stato messo alle strette su cosa significasse ambientare una rivolta armata nella capitale della propria nazione. "Quello (il meteo) è ciò per cui sono più eccitato".

Questo tipo di banalità informale e non compromettente è diventata tanto naturale quanto il respirare per Ubisoft, anche se varie IP legate a Tom Clancy hanno ficcato il proprio ampiamente accessoriato naso in questioni come il traffico di droga nel Sud America o l'etica della tortura. È tutto piuttosto strano quando si considera l'orgoglio, per non dire l'autocompiacimento con cui Tom Clancy stesso si poneva di fronte ai collegamenti tra le proprie storie e l'oscuro regno formato da relazioni tra superpotenze e sicurezza nazionale. Eccolo, per esempio, in TV nel 1998 discutere per un cambiamento della legge che permettesse l'assassinio dei capi di stato facendo riferimento al suo romanzo del 1996, Potere Esecutivo. Eccolo poi in una memorabilmente quanto sgradevole sezione del Washington Post in cui si vanta del mezzo milione di chiamate ricevute da reporter che lo ammiravano dopo i risultati dell'Operazione Desert Storm.

Con i loro cast di arroganti alpha nerd e agenti speciali, visioni di un America che è allo stesso tempo un colosso della guerra e un underdog e resoconti di lanci di missili e manovre di flotte, i libri di Clancy furono accolti calorosamente dall'establishment militare. Colin Powell (ex segretario di stato e una delle menti dietro alla questione contraffatta delle armi di distruzione di massa di Saddam) una volta dichiarò che "molto di ciò che ho imparato dell'arte bellica l'ho imparato da Tom". Ronald Reagan era anche un fan di Clancy: mentre negoziava con l'URSS a Reykjavik, raccomandò Uragano Rosso a Margaret Thatcher per la sua "eccellente rappresentazione delle intenzioni e della strategia dell'Unione Sovietica". Clancy, il quale non aveva mai servito nelle forze armate a causa di una acuta miopia, ci sguazzava in tutto questo, sputando nomi di contatti d'alto rango e scagliandosi contro pacifisti e politici imbroglioni in discorsi ad accademie e basi. Vi chiederete che avrebbe fatto della determinazione con cui Ubisoft evita di vedere i giochi di Tom Clancy in qualsiasi tipo di contesto, scegliendo di mostrare filmati di democrazie in fiamme mentre si parla allegramente di cieli azzurri e di "esplorare una nuova città".

Clancy morì nel 2013 ma, proprio come H.P. Lovecraft, è ancora decisamente con noi: una scontrosa e da tempo incontrollata IA del complesso di intrattenimento militare. Vengono ancora scritti libri con il suo nome, cesellati con la magnificenza del passato in cima a ogni volume mentre il nome dell'autore surrogato giace al di sotto del titolo. C'è uno show Amazon ormai pronto che ha per protagonista Jack Ryan, lo sgobbone della CIA trasformato presidente che è la creazione più famosa di Clancy. Sopra ogni altra cosa lo spettro di Clancy continua a perseguitare i videogiochi, dalle simulazioni tattiche come Splinter Cell e Ghost Recon ai molti shooter che traggono ispirazione dal suo amore per il gergo da operazioni speciali ed equipaggiamento di alta qualità.

Clancy non sembrava di certo un giocatore o quanto meno un videogiocatore, ma avendo cofondato la software house californiana Red Storm insieme all'ex militare Doug Littlejohns nel 1996 fu tra le prime grandi figure dei vecchi media a vedere i benefici di una virata verso i videogiochi. I critici cinematografici spesso si dilungano su come i libri di Clancy stimolassero una rielaborazione dell'eroe degli action di Hollywood con la misoginia di Bond e i muscoli di Schwarzenegger che lasciavano spazio all'uomo della CIA munito di equipaggiamento da guerra e con la testa piena di abilità da combattimento ravvicinato. Un elemento su cui si insiste di meno è il fatto che l'adorazione di Clancy nei confronti dei soldati e dei loro giocattoli, insieme al Medal of Honor di Spielberg e all'emergere degli shooter sulla seconda guerra mondiale, abbia aiutato a trasformare i giochi action in 3D da una questione sovversiva e giocosa di spazi impossibili ed eccessi cartooneschi in qualcosa di maggiormente diretto, "credibile", cinematografico e freddo.

Spesso i libri di Clancy si propongono più che come romanzi come manuali, o al peggio come pubblicità. Raramente scade in momenti di palesi orpelli senza puntare a proporre delle analisi in dettaglio, che si tratti del rapido sguardo a una pistola automatica Browning le cui "finiture nere opache" suggeriscono una progettazione per uso militare o ancora il "martellare" del plasma contro i composti di litio all'interno di una bomba nucleare che sta per detonare. Una delle qualità che questi meccanismi condividono, al di là delle allusioni incredibilmente freudiane, è che raramente falliscono o sbagliano. In Uragano Rosso i computer delle navi da guerra correggono la propria mira di minuto in minuto tenendo conto della velocità del vento prima ancora che il primo colpo di una raffica abbia raggiunto il bersaglio. Gli eroi maschili di Clancy (al di là di alcune eccezioni nei suoi libri le donne esistono per essere messe da parte o umiliate) non sono meno precisi quando si arriva al dunque, occasionalmente in maniera un po' scompigliata nello stile dell'Harrison Ford dell'era di Guerre Stellari. Non evitano situazioni di emotività puramente virile come una birra con un collega o una partita di golf con un superiore, ma in azione sono competenti in maniera robotica, superando con solenne eleganza diversi scontri mentre la narrazione tiene traccia di ogni minuto di osservazione o decisione.

"Techno thriller" è l'etichetta utilizzata per tutto questo, ma mi domando se una etichetta migliore non sarebbe "military procedural". Come accade nei resoconti delle scene del crimine nelle storie di detective, i libri di Clancy si concentrano essenzialmente nel far crescere l'ordine dal caos ma dove le storie di detective celebrano il disordine e le folgorazioni dell'intuizione umana, le abilmente coreografate infiltrazioni, assalti aerei e sparatorie di Clancy sono un omaggio a qualcosa di vasto e poco lodato: le risorse e le capacità della macchina della guerra degli Stati Uniti, la sua costruzione e mobilitazione nel tempo e nello spazio. Ogni fugace secondo nelle scene di azione di Clancy è indicizzato e misurato facendo ricorso a un corposo manuale di acronimi e segnali, protocolli e dati di intelligence, gadget e ordini. È un potente mezzo per interrogare una realtà che è rappresentata come incomprensibile senza l'intervento della macchina della guerra, ed essere sfamati attraverso queste complessità era, per molti lettori di Clancy, un irresistibile sedativo di fronte a catastrofi in atto ma nebulose come la Guerra Fredda. Il divario tra il "dare senso" all'esistenza e darle una forma è cancello in questo genere e il risultato è un mondo che in definitiva è semplicemente un prodotto secondario della tecnologia dispiegata contro di esso.

Si potrebbe riassumere tutto questo affermando che i libri di Clancy trasformano la vita in un videogioco, ma questo sarebbe un tradimento a quanto le rappresentazioni idealizzate di combattimento e strategie moderne di Clancy abbiano plasmato l'idea stessa di videogioco. Come potreste aspettarvi titoli effettivamente legati a Clancy si legano alle caratteristiche del genere in maniera più diretta e fedele. Il Rainbow Six uscito nel 1998 (chiamato in questo modo ispirandosi alla dicitura di rainbow nation, nazione arcobaleno, con cui l'arcivescovo Desmond Tutu descriveva il Sud Africa post-apartheid) trasforma il salvataggio degli ostaggi in un diorama meccanico in cui non si personalizzano semplicemente le truppe a disposizione ma si pianificano i loro movimenti in ogni momento, da copertura a copertura. Gli headshot sincronizzati di Ghost Recon "standardizzano" il senso di tempo di ogni livello con gli operatori che in angoli lontani della mappa si coordinano nell'atto di uccidere. Celebrano l'abilità della macchina della guerra di unificare le proprie parti attraverso grandi distanze al fine di imporre una relazione in scala 1:1 tra ordine ed esecuzione. I giochi di Clancy sono avanzati (o quanto meno così ci viene spesso detto dai suoi creatori) di pari passo con l'avanzare della tecnologia usata in guerra, con rivelatori di battito cardiaco e sonar 2D che lasciano spazio a rappresentazioni olografiche che rendono l'HUD qualcosa che fa parte del paesaggio. È come se la simulazione stesse fagocitando gli eventi rappresentati. In Splinter Cell: Conviction il pantano e gli intrecci delle disavventure occidentali in Iraq si trasformano in una singola autostrada, un decorosamente fumante corridoio in cui le auto saltate in aria ricoprono il ruolo di tele che ospitano informazioni e coordinate.

È possibile vedere lampi delle opere alla Clancy in molti altri giochi e nel linguaggio del game design. È presente nella preoccupazione di sviluppatori e consumatori per elementi come lo scripting dei livelli "senza soluzione di continuità" o il tanto acclamato concetto di "flow", in cui la sensazione di capacità e difficoltà dei giocatori è così perfettamente bilanciata che, proprio come il buffo sicario di Clancy, John Clark agiscono e reagiscono senza il "disagio" del pensiero. Ancora più apertamente è visibile nel modo in cui i filmati provenienti dai satelliti, le telecamere dei droni e lo spettacolo dei briefing dell'intelligence diventano parti integranti dello storytelling multi-prospettico dei Call of Duty e dei Battlefield di inizio millennio. Ed è possibile vederli nell'assoluto eccesso di maniacale accuratezza nei sistemi di personalizzazione delle armi di oggi, molti dei quali servono come pubblicità implicita per i produttori di armi.

La persistente influenza di Clancy è dannosa per diverse ragioni. La più ovvia è che i videogiochi toccati da questa influenza rischino di servire come propaganda per armi e tattiche che raramente sono tanto affidabili quanto afferma Clancy. Nel 1989, l'ex ufficiale dell'intelligence navale, Scott Shuger, scrisse per il Washington Monthly una stroncante umiliazione all'universo di Clancy, indicando un disastroso attacco aereo contro il regime di Gheddafi avvenuto nel 1986 come la prova che cose come le munizioni laser guidate non sono assolutamente gli strumenti di rappresaglia a prova di effetti collaterali che si diceva.

"L'ammiraglio al comando di uno dei raid della marina ha dichiarato che solo il 10% delle sue armi hanno centrato l'obiettivo", scriveva Shuger. "E per quanto le nostre bombe abbiano una marea di problemi a trovare gli obiettivi non hanno avuto alcun problema a trovare degli innocenti. Il raid ha ucciso 43 civili, inclusi diversi bambini". Shuger cita anche la morte di un membro dell'equipaggio avvenuta nel 1989 a causa del sonar difettoso di un sottomarino, un incidente che non accadde in combattimento ma, piuttosto assurdamente, durante le riprese dell'adattamento cinematografico di Caccia a Ottobre Rosso proprio di Clancy. Sarebbe bello poter affermare che i sistemi automatizzati e il fuoco indiretto delle armi di oggi siano molto più affidabili. L'impressionante quantità di morti civili derivanti da attacchi aerei dello scorso anno suggeriscono altrimenti, con 2878 siriani non combattenti che hanno perso la vita nel solo bombardamento di Raqqa. Nell'accettare i miti di incredibile precisione tessuti intorno a dispositivi come i droni Predator i videogiochi diventano, proprio come Clancy, parte di una ideologia di intervento la cui correttezza ed efficacia sono, quanto meno, oggetto di discusione.

Ma forse il più grande problema con Clancy è che ci è rimasto solamente il suo guscio. Decenni dopo l'acquisizione dei diritti da parte di Ubisoft il publisher e i suoi imitatori lo hanno comodamente sommerso così in profondità che la visione che animava i suoi lavori ora passa completamente in sordina. Mentre Clancy l'uomo era esplicito riguardo le dimensioni politiche delle sue opere, Clancy come marchio è terrorizzato dall'idea di prendere una posizione su qualsiasi cosa, anche se i giochi stessi trattano liberamente la politica di stati canaglia e il calpestare dei processi dovuti nel nome di un bene superiore. Il franchise di The Division è un esempio particolarmente accanito da questo punto di vista. Crea una America salvata dai propri cittadini, "persone ordinarie" che si ribellano per dare battaglia a federali tirannici e poveri sociopatici. Questo è un dispiegarsi di tematiche caro al cuore devotamente reazionario di Clancy: i suoi libri sono pieni di "veri" americani come vigili del fuoco, poliziotti e dottori, le classiche persone che rispettano la bandiera, si rimboccano le maniche e si danno da fare. Potere Esecutivo termina con Ryan che forma un governo con questi archetipi dopo che la classe politica venne decimata da un attacco terroristico. In ogni caso Ubisoft preferirebbe non parlare dei pilastri ideologici di The Division e con buone ragioni: proporsi di parlare per persone "reali" mentre si demonizza il resto è uno stratagemma elementare del fascismo.

I giochi di Tom Clancy potranno attingere dalle testimonianze di architetti, esperti di armi da fuoco e team delle forze speciali ma sono sempre rappresentati come fermamente neutrali, come mero intrattenimento, e il risultato non è un'esperienza apolitica ma una sorta di politica stealth, silenziosa. Sono giochi che silenziosamente sostengono atteggiamenti e filosofie interventiste mentre cercano di far perdere il giocatore nel proprio meccanismo, nel fluido incastro di componenti e strutture di comando. La pretesa di non avere conseguenze potrebbe essere la qualità più detestabile di Ubisoft come publisher e tristemente svaluta le capacità artistiche e la rilevanza dei mondi che hanno proliferato sotto la sua egida. Vado ben poco d'accordo con le convinzioni di Clancy ma per tutto il suo concentrarsi su barre di combustibile e su missili a ricerca di calore, su parate di bravi ragazzi sorridenti e contagiose fantasie di una America in crisi, quanto meno non prova a fingere che il suo lavoro non abbia nulla a che fare con la società da cui è nato. Clancy almeno abbraccia il ruolo di creatore di opere di fantasia come interprete dei tempi, come banderuola politica piuttosto che puro utopista.