Shadow of the Tomb Raider: quattro chiacchiere con il Narrative Director e il Lead Designer - intervista
Tutti i segreti della nuova avventura di Lara in compagnia di Jason Dozois e Heath Smith.
Nella calda cornice dell'estate milanese, abbiamo avuto l'opportunità di sederci a un tavolo e vivere un fresco momento di relax insieme a Jason Dozois e Heath Smith, rispettivamente responsabile della narrativa e Lead Game Designer dell'imminente Shadow of the Tomb Raider. Si è trattato di una piacevole chiacchierata tra amici, e la coppia di developers ha accolto ogni genere di domanda, senza lesinare sui dettagli e chiarendo ogni dubbio da noi manifestato. Ecco tutto quello che hanno deciso di raccontarci.
Eurogamer: Benvenuti su Eurogamer.it! Allora? Avete avuto occasione di visitare qualcosa nel corso della vostra permanenza in Italia?
Heath Smith: Si! Abbiamo potuto esplorare Milano, e siamo riusciti a vedere il Duomo. A questo proposito, vi dobbiamo raccontare una cosa incredibile: abbiamo visto il museo di Leonardo Da Vinci, ed è stato pazzesco perché nel nostro team c'è Yann Reigner, che lavora con i designer alla creazione dei meccanismi delle tombe. Ha uno sketchbook praticamente uguale ai documenti di Leonardo, e la cosa ancora più impressionante è che prima di inserire i suoi progetti nel gioco crea dei modellini con il Lego Technic perfettamente funzionanti, completi di catene e ingranaggi.
Jason Dozois: Per ora abbiamo solo delle foto, ma dovremmo assolutamente fare un Behind the Scenes dedicato alla struttura delle tombe.
Heath Smith: Sì, dovremmo davvero. Spero che i suoi progetti finiscano in un artbook, perché merita veramente tanto supporto.
Eurogamer: Ci piacerebbe tantissimo vederlo all'opera. Parlando del tono generale del gioco, Shadow of the Tomb Raider sembra molto più dark rispetto al passato, e porta la violenza anche nel mondo degli innocenti. Cosa ha spinto in questa direzione e come vivremo l'evoluzione della trama?
Jason Dozois: Quello che volevamo comunicare, specialmente nell'incipit di Shadow of the Tomb Raider, è che Lara è diventata talmente proattiva da non essere più solamente un pericolo per sé stessa, ma da diventare addirittura un pericolo per gli altri. A differenza dei capitoli precedenti, Lara deve confrontarsi con un'organizzazione che ha un impatto globale, e ogni singolo errore da parte della ragazza ha ripercussioni sui civili. Lei è ossessionata dalla trinità e sta imboccando un cammino che si può riassumere nella frase: "il fine giustifica i mezzi". Il suo amico Jonah diventa la voce della ragione, perché la mette di fronte all'evidenza delle conseguenze delle sue azioni, ovvero il fatto che la gente stia morendo.
Se Lara continuasse su questo cammino le cose non andrebbero per il verso giusto, perché perderebbe molto dal lato umano. In questo nodo risiede l'evoluzione della giovane nel corso della trama: è proprio questo che significa Shadow of the Tomb Raider, è il lato oscuro che si cela dietro le azioni della dottoressa Croft. Proprio come nell'eclissi che si è vista nei trailer, c'è un forte momento di oscurità e la speranza è che il sole possa tornare a splendere.
Heath Smith: Anche dal punto di vista del design c'è una forte influenza dell'atmosfera: a questo punto avrete visto la preview della città di Paititi. L'evoluzione del tono dark dell'opera si alleggerisce proseguendo nella trama, e i vari luoghi riflettono lo stato d'animo della protagonista. La giungla è già di per sé un ambiente molto oscuro, mentre le vive città precolombiane sono molto aperte e spensierate. Lara deve imparare assolutamente a trovare un equilibrio tra cautela e proattività, fattore che si riflette fisicamente nel mondo di gioco.
Jason Dozois: Si tratta di un'evoluzione che impatta inevitabilmente anche il gameplay: ogni hub di gioco, ad esempio, offre inequivocabilmente una sfaccettatura di cosa significhi essere una Tomb Raider. All'inizio, vi sarà mostrata l'archeologia come il recupero di manufatti, anche eseguito in modo predatorio; poi scoprirete una parte decisamente più antropologica. Nella fase finale, che vogliamo rimanga un segreto da scoprire, sarà il puro e semplice piacere esplorativo a caratterizzare l'intero mondo di gioco.
Eurogamer: A proposito dell'ambientazione, avete fatto una scelta molto difficile: non solo avete ambientato l'esperienza in Sud America, ma avete anche mescolato diverse culture tradizionali; raccontateci di questa sfida: vi siete recati sul posto?
Jason Dozois: A noi piace sempre cominciare con una leggenda, una credenza locale che esiste anche nel mondo reale. Per noi questa era Paititi, una città perduta realmente presente sui taccuini degli archeologi. A quel punto ci serviva un enigma, ed è per questo che siamo partiti dai Maya: la loro cultura è ricca di riferimenti all'astronomia e al tempo, quindi si può giocare molto su questo punto, come avete visto dal primo indovinello del gioco. Abbiamo scelto di dire a Lara: ecco, questo è il sentiero per Paititi.
Heath Smith: Come hai fatto a sapere che Paititi era proprio in Perù?
Jason Dozois: L'ho visto su Google Earth, ovviamente. Scherzi a parte, un flusso migratorio era storicamente plausibile. Come sarebbe andata se da Cuzumel in Messico alcuni Maya fossero fuggiti verso sud? Sarebbe interessante se fosse stata la loro civiltà a influenzare la cultura Inca. Così abbiamo potuto mescolare e riprendere tantissimi miti della creazione, leggende legate all'astronomia e ovviamente molte ispirazioni tecniche e architettoniche.
Heath Smith: Aggiungo che in Tomb Raider ci piace nascondere diversi livelli di storia uno sopra l'altro. In Rise of the Tomb Raider, ad esempio, nelle rovine si trovavano frammenti della cultura sovietica, mongola e bizantina. Lo stesso accade in questo titolo: entri in una tomba e trovi l'Influenza Inca, poi può capitare che scavando ti imbatta nella cultura Maya o ancora nei documenti degli antichi esploratori inglesi e spagnoli; questo tipo di design ci aiuta molto a rendere interessante ogni oggetto collezionabile e ogni documento.
Jason Dozois: In ogni caso, io stavo lavorando su Deus Ex: Mankind DIvided, ma molti artisti del nostro team sono fisicamente andati in Sud America per fare il 3D Scanning della vegetazione e di alcune strutture. Fortunatamente non hanno incontrato giaguari, altrimenti non credo che sarebbero tornati.
Eurogamer: Com'è stato lavorare su questo gioco? Crystal Dynamics e Eidos Montreal sono due team pieni di talenti individuali: è stato difficile trovare un equilibrio tra i vari compiti?
Jason Dozois: Ci troviamo molto bene, alla fine è il terzo titolo che realizziamo insieme. Nei capitoli passati, gran parte dei contenuti venivano divisi tra i due team. Ricordate la nave congelata di Rise of the Tomb Raider? Doveva essere un contenuto opzionale, ma era talmente bella che l'abbiamo inserita nel cammino principale. Inoltre, la collaborazione fa molto bene alla tecnologia, perché si possono condividere le competenze; abbiamo comunicato tantissimo: pur essendo distanti era come trovarsi su due piani diversi dello stesso edificio.
Heath Smith: A me piace definirla come una sana competizione tra amici. Quando lavoravamo su Rise of the Tomb Raider, noi di Eidos creammo l'enigma del planetario perché eravamo i responsabili delle tombe sfida. I miei amici in Crystal Dynamics l'hanno molto apprezzata, e ora che tocca a loro fare lo stesso su Shadow of the Tomb Raider mi hanno detto: "Preparati, perché ti batteremo su quella tomba!". Quindi hanno realizzato un progetto che punta ancora più in alto; insomma, ci si aiuta a vicenda ma diventa anche uno sfoggio di skill da parte degli esponenti degli studi.
Eurogamer: Shadow of the Tomb Raider offre una buona varietà nel gameplay. Quale pensate sia l'approccio migliore? Quello stealth, o quello a muso duro?
Jason Dozois: Il sistema è interamente studiato per promuovere il movimento, e non per barricarsi dietro una copertura: questa è la base dell'intero combat system. Da lì in avanti, ogni combattimento presenta un approccio diverso. Se devo dirti la mia, la cosa migliore da fare è diventare come un giaguaro: giocare in modo stealth e affondare al tempo stesso i denti nel corpo preda.
Heath Smith: Lara si comporta proprio come un predatore in questo titolo: la cosa migliore da fare è diventare un tutt'uno con la giungla, riposizionandosi e nascondendosi continuamente, coprendosi di fango e colpendo i nemici ignari. Tutti hanno uno stile di gioco personale e saranno premiati allo stesso modo, ma noi abbiamo immaginato il combat system secondo un approccio mordi e fuggi, o meglio colpisci e nasconditi. Un po' come Schwarznegger alla fine del film Predator, quando si copre di fango e combatte con un arco artigianale nascondendosi ogni volta che ne ha l'occasione.
Eurogamer: Il crafting e le risorse hanno un'importanza fondamentale. Arriverà un momento in cui dovremo fermarci per esplorare e farmare materiali?
Jason Dozois: Arriva un momento verso la fine in cui capirete che le cose si stanno facendo seriamente pericolose. Per il resto c'è un incremento graduale del livello di difficoltà: se sei un giocatore molto forte riuscirai ad arrivare fino alla fine, ma le cose si faranno via via più complesse. Heath ad esempio è un "completista" al 100%, quindi non si trova mai a corto di materiali. Io invece ho toccato con mano quanto possa diventare difficile l'esperienza di gioco per coloro che si fanno prendere dalla trama.
Heath Smith: Questo è molto interessante, perché l'economia che abbiamo inserito crea una situazione di "tira e molla" che va ad influenzare pesantemente il gameplay. Mi spiego meglio: troverete molte risorse e a quel punto potrete investirle per rendervi la vita facile creando frecce, molotov e borse più grandi. D'altra parte, chi sceglierà di conservare i materiali potrà craftare oggetti di impatto maggiore come ad esempio i costumi, che offrono perk estremamente potenti e utili in qualsiasi fase del gioco.
Jason Dozois: Un'altra cosa molto importante è il fatto che alcune abilità e alcuni costumi sono diventati ricompense esclusive delle tombe e delle cripte, quindi gli esploratori saranno premiati molto di più rispetto al passato.
Heath Smith: Ecco: proprio per questo motivo abbiamo cambiato il design delle mappe rendendole interconnesse e facilmente navigabili, per permettere ai giocatori un backtracking piacevole e poco invasivo.
Eurogamer: Domanda di rito: Shadow of the Tomb Raider segna la fine di una trilogia, cosa possiamo aspettarci dal futuro?
Jason Dozois: Diciamo che questa è la fine di un capitolo, ma non segna assolutamente la fine dell'epopea di Lara.
Heath Smith: La cosa più importante è che non si tratta di un'opera ciclica: noi non vogliamo assolutamente che la Lara che abbiamo incontrato in questa trilogia torni indietro fino a diventare quella del 1996. Non è un "period drama", è proprio una versione attuale e moderna della Tomb Raider, un punto di partenza per eventuali progetti futuri.
Eurogamer: Grazie di tutto, è stato un vero piacere chiacchierare con voi!