StarCraft II
Capolavoro in arrivo.
La sala di un cinema è un luogo carico di significato, non so esattamente come funzioni la magia, sarà l’audio, il buio, il megaschermo, ma tutto è più bello visto al cinema. Di solito funziona anche con le pellicole più orribili, potete quindi solo immaginare la sensazione che da vedersi una partita di StarCraft II tra due giocatori professionisti, con tanto di commento in diretta.
Osservando le risorse che crescono velocemente e le unità che aumentano sullo schermo si capisce subito che SC II ha ereditato in pieno i ritmi vertiginosi del suo predecessore. In una mappa con due giocatori esperti messi l’uno di fronte all’altro, tutto si riduce ad una questione di tempismo e lungimiranza strategica.
Entrambi testano le difese dell’altro con esperienza alla ricerca di un punto debole. Una balletto di finte e controfinte su una lama di rasoio, dove un rischio calcolato può tramutarsi in una disfatta nel giro di pochi minuti. Un match fatto di dettagli quasi invisibili, che sfuggirebbero all’occhio inesperto se non fosse per il commentatore che sottolinea ogni scelta tattica con grande enfasi. E non è solo una questione di mente, anche l’abilità fisica dei due giocatori e qualcosa di sovrumano, le statistiche mostrano che entrambi compiono circa 100 azioni al minuto.
E’ uno spettacolo impressionante, ed in un certo senso anche inquietante. Giocare in questo modo è aldilà delle possibilità e della comprensione di noi poveri mortali, è come guardare le olimpiadi o una gara della MotoGP. Va anche detta una cosa però: io adoro la finale dei cento metri alle olimpiadi, ma piuttosto che fare un passo di corsa mi sparerei. Lo stesso principio vale per SC II, oppure no?
StarCraft II è divertente da giocare anche per chi non è nato in Corea sognando una carriera da progamer? Lo scopriremo subito: già dal 2003, quando è iniziato lo sviluppo di StarCraft II, era ovvio che questo gioco appartesse a due mondi distanti. Da una parte milioni di giocatori che lo hanno comprato ed amato, che hanno apprezzato il perfetto bilanciamento tra le tre razze, che si sono appassionati alle vicende narrate e che si sono dati battaglia nelle arene online di tutto il mondo.
Dall’altra parte, nel mondo dei cosiddetti eSports, StarCraft è l’equivalente del calcio. Strapagati e sponsorizzati giocatori professionisti hanno inventato trucchi e strategie che hanno spinto le loro abilità fisiche a livelli che neppure la Blizzard riteneva possibili. In Corea e in altre nazioni del sud est asiatico non è raro accendere la TV e trovarsi davanti ad un match di StarCraft giocato in un ampio studio televisivo, con tanto di ragazzine adoranti che urlano i nomi dei loro giocatori preferiti.
La sfida di StarCraft II è riuscire a soddisfare entrambe le platee. Blizzard vuole che i progamer lo adorino, ma vogliono che la gente comune come voi e come noi sia in grado di apprezzarlo. E’ un obiettivo ambizioso ma Blizzard, che non è proprio uno studio di scemetti alle prime armi, ha avuto alcune pensate che, crediamo, renderanno tutti felici.
La prima, e probabilmente la più importante, di queste idee appare chiara dopo i primi minuti di gioco. StarCraft II ha evitato ha evitato il clichè in cui cadono tutti gli RTS dai tempi di Dune 2: il seguito dev’essere più complesso del primo capitolo. Tradizione vuole che lo schema da seguire quando si affronta il seguito di qualunque sia questo: si prende tutto quello che era nel primo e si guarnisce con qualche extra. Una nuova razza, nuove unità, nuovi edifici, non importa, basta che ci sia tutto quello che c’era prima e qualcosa di più. StarCraft II resiste a questa tentazione e ricrea da zero le tre razze, ma senza aumentare la complessità, e senza infilare nel calderone un quarto contendente.