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The Path

La favola che diventa incubo, l'arte e i videogiochi.

Il dibattito relativo al videogioco, considerato o meno una forma d'arte, tiene banco da alcuni anni in quasi tutti i salotti di discussione che è possibile incontrare per la rete e non. I più accaniti sostenitori difendono a spada tratta il loro media preferito, andando a citare diversi esempi (Ico, Metal Gear Solid 4, Syberia), ognuno dei quali per un motivo o per un altro assume quei caratteri di oggettività e catarsi tali da poter essere considerato senza timor di smentita al pari di opere come il David di Michelangelo e la Gioconda di Leonardo.

Di contro chi vede nel videogioco nient'altro che un passatempo o un prodotto commerciale, porta a favore delle proprie teorie giochi come Tetris (cosa lascia in mano alla fine di una partita?) o il fatto che alla fine ci si trova sempre di fronte a un oggetto di mercato. Dimenticando ad esempio che anche la Cappella Sistina è stata commissionata e non frutto di libero estro, ma è un discorso che affronteremo in un'altra occasione.

Atmosfera inquietante, stile accattivante, grossi limiti tecnici.

Certo è che, tra le infinite possibilità che il nostro amato passatempo presenta, il circuito indipendente, forte di una libertà produttiva non vincolata strettamente dalle ferree leggi del mercato, è probabilmente il laboratorio dove le possibilità espressive e artistiche del videogioco possono essere esplorate al loro massimo grado ed è a questo particolare settore che The Path appartiene.

Vista la particolare natura di questa (prima) opera dei Tale of Tales, una disamina approfondita deve forzatamente essere suddivisa in due parti distinte: la prima dedicata al suo “non essere” videogioco a 360 gradi e all'importanza, culturale e concettuale, che serba in potenza, nascosta fra i gli alberi e il polveroso sentiero che vi porterà a destinazione. La seconda all'analisi tecnica e del gameplay al fine di ricondurre dove possibile il gioco negli abituali canoni di paragone del suo genere di appartenza, ovvero le avventure grafiche.

Le sorelle sono le protagoniste del gioco. A voi la responsabilità delle scelte.

Invero bisogna anche premettere che non è la prima volta che il mondo delle favole e il mondo dei videogiochi si incontrano: i più attenti si ricorderanno del quasi altrettanto straniante Alice di American McGee, dove panorami psichedelici facevano da contorno alla discesa nel regno della Regina di Cuori oppure le atmosfere de Mille e una Notte trasportate con poesia nei vari episodi del Principe di Persia. E' però forse la prima volta che il mondo onirico e il mondo giocato si fondono insieme con una tale grazia.

La trama è quanto di più semplice si possa immaginare: sei sorelle che, partendo dall'archetipo della favola di Cappuccetto Rosso, devono attraversare un bosco al limitare di una città per giungere dalla propria nonna. Ognuna di esse vivrà una sua avventura peculiare, lasciando al giocatore la libertà di scegliere dove recarsi e quale percorso prendere: camminare lungo il sentiero “sicuro e affidabile”, seguendo le indicazioni ricevute, oppure lasciarsi vincere dalla curiosità e lasciare la “retta via”.

Avatar di Roberto Bertoni
Roberto Bertoni: Proveniente dalla ridente Brianza, è cresciuto a pane e Amiga. Ama inoltre in maniera viscerale il retro, ma solo videoludico. Piatto preferito: pollo con la carrucola in mezzo.

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