The Witcher 3 Wild Hunt: così nasce un capolavoro - intervista
Ce lo racconta Jakub Szamalek, il lead writer di CD Projekt Red.
Varsavia - Un viaggio a Varsavia non può che concludersi con una veloce visita presso gli uffici di CD Projekt RED, il talentuoso team di sviluppo che ha dato i natali alla serie di The Witcher. Uno studio piuttosto giovane, con meno di una decina di anni sulle spalle, dato che il loro primo vero gioco è stato pubblicato nel 2007. Ma quando debutti con un prodotto come The Witcher la tua strada non può essere che in discesa. E così è stato, al punto che il rapporto coi fan è una lunga luna di miele.
Il continuo supporto ai propri giochi, la creazione di GOG, l'abbandono dei DRM e i primi DLC gratuiti di Wild Hunt, hanno generato nell'opinione pubblica amore e rispetto per questa realtà. Durante la nostra visita abbiamo parlato con Jakub Szamalek, senior Story Writer di The Witcher 3 Wild Hunt. Gli argomenti? Il loro ultimo progetto, ovviamente, ma anche come nasce un capolavoro, il rapporto con Andrej Sapkowski e quello che riserverà Blood and Wine, l'ultima espansione di The Witcher 3. Ecco un sunto di quello che ci siamo detti.
"La tecnologia a disposizione di CDPR e dell'industria in generale si è evoluta molto negli ultimi anni e questo ha dato agli scrittori più strumenti coi quali esprimersi e la libertà provare a soddisfare le loro ambizioni, di osare con alcune storie e creare opere sempre più vaste e complesse. Basti pensare che per Wild Hunt eravamo ben 5 scrittori a lavorare in parallelo, il che fa capire quanto sia aumenta la complessità dei progetti sui quali ci siamo concentrati in questi anni.
In The Witcher 3 Wild Hunt ci sono stati due grossi cambiamenti che hanno influenzato il nostro lavoro: il primo è l'avere a che fare con una struttura open world nella quale si può andare dove si vuole e affrontare le missioni nell'ordine che si preferisce. Quando vuoi creare una storia complessa come la nostra, il fatto di non sapere quando un giocatore vedrà alcune cose o incontrerà determinati personaggi, ti costringe a ripensare ad ogni dialogo o a creare diverse varianti dello stesso per poter coprire tutte le eventualità e non lasciare buchi nella trama.
Il secondo grosso cambiamento, invece, ha migliorato il nostro lavoro. Con The Witcher 3 Wild Hunt abbiamo introdotto un nuovo sistema per esprimere le emozioni attraverso i volti e i corpi dei protagonisti. In TW2 avevamo un limitato set di animazioni e dunque molte emozioni dovevano essere espresse attraverso i dialoghi. Ma quando hai un personaggio come Geralt, taciturno e burbero, questo non ti aiuta. Sfortunatamente, però, non potevamo fare in altro modo e lo strigo è stato molto più loquace del solito.
In The Witcher 3 Wild Hunt è stato più semplice rendere il protagonista più simile alla sua versione cartacea, dato che abbiamo potuto trasmettere le sue emozioni attraverso le espressioni del viso o i movimenti del corpo e non con le parole. Questo però non vuol dire però che avremmo preferito avere a che fare con un personaggio diverso da quelli creati da Sapkowski: è solo che nei videogiochi devi sempre scontrarti con il budget, i tempi ristretti e le limitazioni tecniche.
Partire con un nuovo universo faciliterebbe enormemente questo lavoro in due campi: innanzitutto sei completamente libero di creare tutto quello che vuoi, sempre budget permettendo. In questo modo puoi modificare i personaggi o le ambientazioni in modo che non si creino intoppi nello sviluppo o non si sia costretti a scendere a compromessi. Il secondo vantaggio è che tutti i tuoi giocatori partono dallo stesso punto, il che rende più semplice raccontare una storia, dato che tutti hanno un unico background in comune dal quale cominciare a costruire il tuo gioco.
In The Witcher alcuni giocatori hanno letto i libri, altri giocato i videogame, altri ancora non hanno mai avvicinato la serie prima di Wild Hunt e dunque potrebbero essere travolti dalle informazioni nel caso in cui dessimo troppe cose o troppi personaggi per scontati. Evitare che si accentuino queste differenze e cercare di porre tutti sullo stesso livello è uno degli obiettivi più difficili da conseguire per uno scrittore di videogiochi e per questo abbiamo investito molte risorse in tale aspetto. Anche perché TW è nato come un'esclusiva PC, poi è arrivata su di una generazione di console e alla fine è terminato su di altre piattaforme ancora. È chiaro quindi come la platea alla quale il terzo capitolo si è rivolto sia davvero molto variegata e quanto sia stato complesso soddisfare tutti.
Lavorare su di un universo conosciuto, che qualcun altro ha creato e sviluppato al posto tuo, consente però di avere del materiale incredibilmente profondo e dettagliato su cui lavorare. Sapkowski ha impiegato 20 anni per plasmare l'universo e i personaggi di The Witcher, un periodo assolutamente incompatibile con i tempi di sviluppo di un moderno videogioco. Quindi in nessun modo noi avremmo potuto creare un lore come quello di The Witcher e per questo motivo siamo molto contenti di aver potuto lavorare sull'opera di Sapkowski. È bastato un po' di lavoro extra per adattarla ai nostri scopi ma abbiamo avuto del materiale dal valore inestimabile da utilizzare.
Durante i primi anni di creazione del primo The Witcher abbiamo provato a coinvolgere Sapkowski nel progetto, ma entrambe le parti hanno capito molto velocemente che i libri e i videogiochi sono due media molto differenti. Lui scrive storie meravigliose ma non gioca e non conosce i videogiochi. Creare la storia per un videogame richiede di rispettare un certo numero di regole, di tenere conto di determinati aspetti, di scontrarsi con alcune difficoltà tecniche. La carta, invece, è completa libertà e uno scrittore è del tutto padrone di ciò che si può o non si può fare nelle sue pagine.
In un videogioco devi invece considerare l'interazione dei giocatori o la non linearità della narrazione. Lo stesso Sapkowski si è presto reso conto di non possedere le conoscenze adatte per poter dare in maniera confortevole un valido apporto a questo progetto. Per questo motivo ci ha dato il pieno controllo del marchio e si è defilato. Noi, da parte nostra, abbiamo voluto rimanere fedeli alla storia originale, quindi non abbiamo cambiato nulla di testa nostra, a meno di esservi costretti.
In questi anni non abbiamo mai ricevuto feedback del feedback da parte sua sulla storia, ma ha commentato positivamente il lato estetico e artistico della produzione, ovvero quello che può vedere e giudicare una persona non avvezza ai videogiochi. Una volta ottenuto il benestare dell'autore, abbiamo però dovuto pensare a come sfruttare questa licenza. Innanzitutto abbiamo deciso di non di ripercorrere le vicende dei libri, principalmente perché non credevamo di poter fare meglio di quanto avesse già fatto Sapkowski. Inoltre i videogiocatori non amano rivivere storie che già conoscono, vogliono poter influenzare gli eventi. Così se cominciaste a giocare la storia dei libri sapreste già esattamente quello che sta per succedere e quello che dovreste fare in seguito. Per loro non sarebbe un'esperienza soddisfacente.
Una delle ipotesi è stata di non usare Geralt come protagonista. Nei piani iniziali era Berengar, lo strigo che vi accompagna durante le prime fasi di The Witcher, il personaggio principale. Ci abbiamo provato a farlo funzionare ma questa scelta, in fondo, non piaceva a nessuno. Ci sono tanti Witcher ma solo uno è LO strigo. Nelle nostre teste la saga di The Witcher è sempre stata quella di Geralt di Rivia, quindi siamo arrivati al punto nel quale ci siamo detti "ok, utilizzeremo Geralt".
A quel punto il dubbio era se ambientare il tutto prima dell'inizio dei libri o al loro termine. Un prequel, però, non ci avrebbe dato la possibilità di sfruttare molti dei personaggi che Geralt incontra per la prima volta nei libri come Ciri, Tennefer o Triss. La soluzione, dunque, è stata quella di creare una sorta di seguito. Per chi l'ha letta, la fine dei libri sembra piuttosto definitiva, anche se non è del tutto chiaro quello che è accaduto (non approfondiamo per evitare spoiler, anche se tutti coloro che hanno giocato con un po' di attenzione ai tre videogiochi già sanno quello che è successo).
Abbiamo utilizzato questa poca chiarezza a nostro vantaggio e celando tutto sotto il velo dell'amnesia siamo partiti con la nostra trilogia, prendendoci un po' di tempo per definire nei dettagli l'accaduto. In The Witcher 3, infine, Geralt riacquista completamente la memoria e crediamo che il trucchetto abbia funzionato piuttosto bene e la storia sia piuttosto credibile.
Tanto che, credo, il successo dei videogiochi di The Witcher è servito a promuovere i libri al di fuori della Polonia. L'esempio più eclatante è stato l'ingresso di The Last Wish nella classifica dei libri più venduti del New York Times dopo l'uscita del primo gioco.
Noi abbiamo fatto crescere le vendite del libro ma il rapporto coi romanzi è stato simbiotico: il gioco non avrebbe potuto vendere così bene se non fosse stato basato su una storia così valida. La serie è talmente popolare in Polonia che la generazione nata tra gli anni '70 e gli anni '80 è cresciuta con essi e quando CDPR ha deciso di sviluppare un videogioco, la scelta è stata inevitabile. Per noi quello di The Witcher è l'universo fantasy per eccellenza. Non l'abbiamo scelto perché convinti del suo potenziale da bestseller internazionale, ma perché amiamo con il cuore questa storia e i suoi personaggi.
Con Blood and Wine cercheremo di chiudere, perlomeno per un po' di tempo, con l'universo di The Witcher. Sarà l'ultima avventura di Geralt come personaggio principale. Ma oltre a questo non c'è ancora nulla di scritto nella pietra. Blood and Wine sarà la nostra conclusione della storia di Geralt, dopodiché sarà il momento di concentrarsi con tutte le energie su Cyberpunk 2077.
Blood and Wine è una storia indipendente, non legata in maniera particolarmente stretta con la trama principale di Wild Hunt. Grazie all'esperienza maturata e ai feedback ricevuti da quando il gioco è in vendita, crediamo di essere riusciti a realizzare qualcosa ancora migliore del gioco principale.
Per esempio crediamo di non essere riusciti in Wild Hunt a creare un nemico carismatico col quale batterci e quindi abbiamo lavorato per rendere unico e memorabile l'avversario di questa espansione. Inoltre abbiamo creato una storia piuttosto complessa che crediamo i giocatori sapranno apprezzare. Siamo piuttosto soddisfatti del lavoro svolto ma sappiamo che si può fare ancora meglio.
Il medium dei videogiochi ha davvero tanto potenziale inespresso, è ancora piuttosto giovane e non tutte le strade sono state sperimentate. Inoltre ogni anno s'giungono nuove tecnologie in grado di migliorare sensibilmente la nostra capacità di raccontare le storie. Mi piace pensare che The Witcher 3: Wild Hunt sia un gioco importante nella storia e nell'evoluzione dei videogiochi narrativi, di come si crea una storia in un open world, mantenendo il livello di complessità e di qualità tipiche delle produzioni più lineari in un ambiente che prevede molte interazioni.
Ma in questo periodo ci sono tantissimi prodotti dalla qualità elevatissima. In CDPR siamo tutti videogiocatori incalliti e abbiamo passato giorni a completare Fallout 4, ma credo che ognuno di questi prodotti approcci il genere in maniera sensibilmente differente. I giochi di Bethesda, per esempio, danno sempre al giocatore un'estrema libertà nel definire quello che un personaggio è e quello che può fare, mentre il nostro approccio racconta la storia di un personaggio ben definito. Credo che siano due modi molto differenti di fare videogiochi, ma altrettanto validi".
Non vediamo dunque l'ora di scoprire tutte le sorprese celate in Blood & Wine, che ricordiamo uscirà nel 2016, nonostante non si abbia ancora una data ufficiale.