Tobias Stolz Zwilling: Kingdom Come Deliverance e la scommessa per creare un GDR storico - intervista
"Ho trascorso parte della vita a Palermo, imparando la filosofia dell'aspettare."
Nel corso della nostra prova di Kingdom Come Deliverance, abbiamo avuto l'occasione di scambiare quattro chiacchiere con il PR Manager di Warhorse Studios. Forse a causa delle dimensioni ridotte del team, Tobi si è dimostrato molto affezionato al progetto, parlandone quasi come se si trattasse di una sua creatura, ma precisando che, nonostante sia un gamer accanito, non ha esperienza a livello di programmazione. Prima di tutto ci ha parlato di un periodo della sua vita che ha trascorso a Palermo e di come, in quel periodo, i suoi amici italiani gli avessero trasmesso una filosofia di vita che lui riassume con la parola "Aspetta...". Un "aspetta" che intendiamo come la volontà di fare le cose con calma, e un "aspetta" che Tobi considera alla base dell'esperienza di Kingdom Come Deliverance. Ecco cosa ci ha raccontato.
Eurogamer.it: Senti Tobi, probabilmente mi odierai, ma devo farti subito questa domanda. Come è stato confrontarsi con il CryEngine?
Tobias Stolz Zwilling : (Sorride) All'inizio è stato un incubo. Sapevamo di doverci adeguare spesso alle limitazioni imposte dal CryEngine, ma non pensavamo assolutamente di doverlo fare fino a questo punto. Sai bene che il CryEngine nasce come supporto per progetti FPS e noi eravamo a conoscenza del fatto che sarebbe stata una grande sfida. Abbiamo avuto tantissimi problemi e spesso abbiamo dovuto fare lavori inutili per tutelarci in caso non ci fosse arrivato il via libera, com'è successo per il supporto al sonoro. In fin dei conti Crytek è stata molto disponibile, ha mantenuto un filo diretto con il nostro studio e siamo riusciti a superare qualsiasi scoglio, specialmente grazie a una comunicazione continuativa.
Eurogamer.it: In sostanza potremmo definirlo un motore "alto rischio - alta ricompensa"?
Tobias Stolz Zwilling: Insomma, il CryEngine era perfetto per l'aspetto che volevamo dare al gioco, ma non è così facile da far brillare. Era difficile soprattutto coordinarsi su cosa fosse o meno permesso da Crytek, ma siamo certi che avremmo affrontato problemi simili anche con altri engine; siamo soddisfatti del risultato al 100% perché visivamente il gioco è fantastico. In futuro, ciò che sceglieremo di fare, dipenderà principalmente da come sarà accolto Kingdom Come Deliverance.
Eurogamer.it: Esauriamo le questioni tecniche. Il vostro titolo esce in un momento particolare, trovandosi di fronte a ben due console mid-gen. Avete in programma qualcosa a riguardo?
Tobias Stolz Zwilling: Proprio perché usciamo in un momento critico, non abbiamo avuto il tempo materiale per portare dei miglioramenti dedicati. In ogni caso, l'esperienza sarà soddisfacente, perché fin dal primo giorno ci siamo orientati verso il mercato console. Penso che sia una caratteristica che si nota quando ci si confronta con i controlli, ad esempio. (NdR: Si nota eccome, visto che alcune sezioni risultano perfino migliori se affrontate con il controller). Per adesso, la cosa più importante è che siamo riusciti a realizzare un'offerta di gameplay soddisfacente a prescindere dalla periferica scelta, che sia un controller o un mouse. Personalmente io preferisco il controller, però devo dire che mi sono trovato benissimo anche a usare il mouse; forse il modo migliore di giocare è proprio adottando una soluzione ibrida, con il pad per i combattimenti e il mouse per prendere la mira, anche se logisticamente è un po' scomodo (ride). Tornando alla domanda, non è da escludere che nei contenuti che rilasceremo in futuro possano essere pubblicate delle patch di ottimizzazione per le console mid-gen.
Eurogamer.it: Stai per caso suggerendo che ci sarà un supporto post lancio per il titolo?
Tobias Stolz Zwilling: Vogliamo tenere vivo il gioco. Abbiamo promesso molte cose durante lo sviluppo su Kickstarter e non tutte saranno presenti nell'opera finita. Sicuramente le inseriremo passo dopo passo in una serie di DLC gratuiti, ma ci piacerebbe anche andare oltre, magari con dei contenuti aggiuntivi veri e propri. Una cosa che ci interessa molto, e che sarà una vera sfida con il CryEngine, è quella di offrire supporto alla community dei modders. Non sappiamo quando sarà possibile, ma è un obiettivo che siamo determinati a raggiungere.
Eurogamer.it: La prima domanda che mi sono posto vedendo Kingdom Come Deliverance è stata: come mai, in un momento di grande successo per le opere fantasy, Warhorse ha deciso di focalizzarsi sul realismo medioevale? Sembra una scelta rischiosa.
Tobias Stolz Zwilling: La risposta più semplice che posso darti è: proprio perché nessuno l'ha mai fatto prima. La verità è che Daniel Vavra viene dal background di Mafia, che iniziava a stargli stretto. Era sicuro di voler realizzare un'esperienza estremamente realistica e così andò a studiarsi varie timeline per individuare una storia che fosse abbastanza compatta e interessante da poterci costruire un'opera completa con un team di sole quindici persone. Solo per caso siamo arrivati ad ambientarla in Repubblica Ceca, all'inizio si guardava principalmente verso l'Italia e la Francia. L'idea di fondo era quella di creare un'esperienza di gioco realistica, con il giusto livello di profondità.
La storia di William Wallace, ad esempio, è interessante in sé e per sé oltre ad essere parte dei libri di storia, ma senza Braveheart in pochissimi la conoscerebbero; l'obiettivo finale era quello di trovare un setting di per sé interessante e profondo, che al tempo stesso riflettesse eventi storici realmente accaduti che chiunque potesse andare a verificare sui libri. Ci piacerebbe molto vedere altri studi dedicare la stessa attenzione alla componente storica ed è un trend che sembra stare prendendo piede, ma ovviamente non vediamo l'ora di scoprire cosa pensano i giocatori di questo connubio tra realismo e libertà.
Eurogamer.it: Devo ammettere che sono molto curioso. A proposito della libertà appunto, ci avete fornito un personaggio abbastanza bilanciato per testare il gioco, ma cosa sarebbe successo se avessimo avuto a disposizione un protagonista, che so, basato sull'eloquenza?
Tobias Stolz Zwilling: Ovviamente, avresti avuto accesso a molti più skill test di quelli che hai visto giocando col tuo personaggio. Ma la cosa più importante è che puoi finire completamente il gioco facendo affidamento su una build del personaggio interamente focalizzata sulla diplomazia. Ci sono forse uno o due combattimenti obbligatori, ma l'intera esperienza è costruita per permettere una pacifist run; in generale l'intero titolo è realizzato intorno all'idea che ogni giocatore possa raccontare la propria storia e scoprire di aver agito in maniera completamente differente rispetto a un amico.
Credo non ci sia bisogno di precisare che Kingdom Come Deliverance non è il classico RPG basato sul loot; ovviamente ci saranno armi più forti di altre o ancora dotate di un nome unico, ma quello che conta è l'efficacia: le mazze sono efficaci contro le corazze, le spade contro le vesti; quello che voglio dire è che se per esempio dovessi costruire il mio personaggio unicamente sulla diplomazia, non mi troverei mai di fronte a un muro costituito da un combattimento troppo difficile. Se si pianifica la strada che si vuole percorrere, si avranno a disposizione tutti gli strumenti per finire il gioco, e non è importante se siamo assassini, politici o cavalieri. Tutti arriveremo allo stesso finale, seguendo una strada completamente diversa.
Eurogamer.it: Mi sembra di aver capito chiaramente quali sono gli obiettivi a cui state puntando. Realismo, una bella storia ed estrema libertà di azione per il giocatore. Mi sbaglio?
Tobias Stolz Zwilling: Assolutamente no, è il nostro obiettivo. Potremmo dire che il focus principale è quello di coniare una sorta di nuovo genere, che si potrebbe inquadrare come gioco di ruolo storico. Molti sviluppatori stanno strizzando l'occhio all'idea, su tutti mi viene in mente Assassin's Creed, ma ci sono tantissimi scenari ancora inesplorati, come l'antica Grecia. Personalmente spero che vi sia piaciuto, so che è un'esperienza diversa da tutto il resto, sia dal punto di vista del giornalista sia e soprattutto da quello del giocatore: in un certo senso bisogna "accettare" questo tipo di design.
Sai, senza una mini-mappa, senza molti elementi classici degli RPG, è un'esperienza che richiede un certo investimento di tempo: non hai i sensi da Witcher, hai solamente i tuoi occhi e la tua mente e devi usarli al meglio. Credo che creare qualcosa di diverso sia sempre una buona cosa, anche quando sei cosciente del fatto che sarà più difficile farsi accettare. E in ogni caso, non è detto che diverso voglia automaticamente significare peggiore. Siamo convinti che chi abbraccerà la nostra filosofia e riuscirà a immergersi nell'esperienza, vivrà qualcosa fuori dall'ordinario.
Eurogamer.it: Siamo d'accordo con te, Tobi.