Tomb Raider: Underworld
La signora Croft, suppongo.
Non vi dovrete nemmeno preoccupare di trovare armi sparpagliate per i livelli come nei precedenti capitoli. Underworld vi concede di scegliere la vostra arma all'inizio di ogni livello da un arsenale piuttosto vasto e variegato che include mitragliette in stile Uzi, fucili a canne mozze e arpioni (oggi come oggi non si sa mai chi si può incontrare in giro...). Qualunque sia la vostra scelta sappiate che resterete legati ad essa per l'intero livello, ma in fondo non fa molta differenza perchè i nemici sono così deboli che Lara potrebbe sbarazzarsi di loro con uno spazzolino da denti e un'elastico, insomma: ce la farebbe anche con una fionda. Senza rovinarvi la sorpresa, ci tengo a informarvi che verso la fine del gioco vi troverete usare un'arma assolutamente formidabile che sembra arrivare dall'arsenale di Ratchet & Clank e che vi regalerà un divertimento immenso. Logicamente renderà i combattimenti ancor meno significativi.
Considerando il fatto che la serie di Tomb Raider ha ormai dieci anni di vita, è fastidioso notare come un certo numero di problemi che l'hanno sempre caratterizzata non siano ancora stati risolti. In Underworld si ha la sensazione che la maggior parte del tempo di realizzazione sia stato speso per raffinare grafica e animazioni, che non aggiungono nulla al gameplay e talvolta hanno comunque problemi, piuttosto che per aggiornare la tecnologia. A chi interessa realmente se Lara ora allontana le frasche con le mani? Ci interessa davvero vederla sporca di fango (dettaglio che tra l'altro si nota quasi solo da vicino) o poterle cambiare i vestiti? Si tratta di aggiunte gradevoli, certo, ma le scambierei tutte con nemici che si nascondono, cercano riparo e provano a farmi fuori con un po' di intelligenza.
Tuttavia il combattimento rappresenta solo una piccola porzione del gioco che, invece, enfatizza gli elementi classici del brand: la risoluzione di puzzle e l'esplorazione degli ambienti. I primi variano piacevolmente in termini di scala e livello di difficoltà, anche se seguono il medesimo pattern: segui due strade diverse per ottenere due item diversi che andranno posizionati i due buchi per aprire la porta. Più avanti nel gioco le cose si complicano un po', ma non troppo. Aumenta solo il numero delle strade da seguire degli item e dei buchi per aprire porte più grosse.
Questo non significa che risolvere i puzzle non sia divertente, anzi. Si tratta di enigmi che contengono un tasso di sfida sufficiente, sono pieni dei più classici "momenti Aha!", quando notate quel piccolo dettaglio che vi mancava per chiudere la faccenda, ma sono tutti piuttosto simili e verso la fine del gioco vi ritroverete abbastanza affaticati. Invece di essere eccitati dalla visione panoramica della nuova zona che avrete sbloccato, vi ritroverete a esaminare la situazione pensando "benissimo: una torre impossibile da scalare, completa di sezioni rotanti, precipizi profondissimi, aste posizionate convenientemente in modo che mi ci possa aggrappare e una moltitudine di cornicioni da percorrere. Incredibile, chi l'avrebbe mai detto...". Insomma, i livelli mancano di sorprese e variazioni per quanto alcuni, davvero pochi in verità, potranno farvi valutare positivamente il level design o la vostra intelligenza una volta scoperta una strada alternatva ma, lo ripeto, saranno eventi sporadici specialmente se confrontati con i primi Tomb Raider.
Il che ci porta al problema principale. Da un lato Tomb Raider: Underworld rappresenta tutto quello che un videogioco non dovrebbe essere: clichéd, prevedibile, frustrante, inconsistente, ripetitivo e derivativo. Legend doveva essere il titolo che sanciva il ritorno della serie a uno stato di forma decente e ha centrato il bersaglio. Underworld è meglio di Legend; ha più sostanza, è più coinvolgente, è dotato di maggiore atmosfera e un minor numero di stupidi nonsensi, ma si supponeva che il titolo fosse il promo passo del brand Tomb Raider nella next-gen. E non lo è.
Dall'altro, però, Tomb Raider: Underworld rappresenta anche tutto quello che un videogioco dovrebbe essere. E' bello da vedere, eccitante, impegnativo, ricco di sfide, appagante e coinvolgente. Molte location sono favolose e così è anche Lara. Ci sono molti momenti ricchi di adrenalina, alcuni spaventosi e alcuni addirittura sorprendenti. In alcuni livelli del gioco vi sentirete davvero soli e liberi di esplorare i giganteschi ambienti nei quali vi ritroverete. Talvolta vi sentirete come James Bond, in altri momenti Bruce Lee oppure come la ginnasta Lilia Podkopaveva, oro alle Olimpiadi del 1996. Tuttavia, per quanto possa essere bello e divertente, non si tratta ancora del Tomb Raider next-gen che ci aspettavamo.